Con la sentenza n. 9255 del 7 maggio 2015, la sesta sezione civile della Corte di Cassazione, in tema di esecuzione forzata, ha chiarito cosa accade se non vengono rispettate tutte le istruzioni sulla pubblicità contenute nell’ordinanza di vendita.
Come noto, l’art. 490 c.p.c. disciplina le forme di pubblicità straordinaria che il giudice può stabilire con l’ordinanza che dispone l’incanto ex art. 576 c.p.c.: in particolare, la citata norma sancisce alcune forme di pubblicità immancabili ope legis ed altre affidate alla discrezionalità del giudice.
Sul punto, la Suprema Corte ha innanzitutto chiarito che anche tali forme di pubblicità complementari, una volta disposte, diventano a loro volta immancabili: se il giudice ha disposto strumenti ulteriori di pubblicità, evidentemente in rapporto alla peculiarità della fattispecie o anche solo per scelte gestionali complessive, la vendita ed ogni suo adempimento correlato non può che procedere secondo le specifiche modalità disposte con l’ordinanza. Pertanto, in caso di violazione delle specifiche istruzioni o disposizioni, anche integrative o ulteriori rispetto al dettato minimo normativo, contenute nel provvedimento del giudice che organizza e dispone la vendita, tutti gli atti esecutivi consistenti nell’aggiudicazione e nel conseguente decreto di trasferimento saranno invalidi.
Secondo la Corte di legittimità, l’esito positivo della vendita forzata non è infatti determinato dall'”effettiva vendita” del bene del debitore. Invero, devono sempre prevalere l’esigenza di trasparenza e legalità del procedimento esecutivo, giacchè “l’unica gara corretta non è quella che comunque raggiunge un esito, ma solo quella che si svolge secondo le regole fissate, perfino ed anche se quell’esito poi non raggiungesse“. Ogni scostamento dalle specifiche istruzioni sancite dal giudice nel caso concreto è dunque “idoneo in astratto ed ex ante ad influire sull’esito successivo della gara, come perturbazione del percorso di raggiungimento delle relative notizie alla platea indifferenziata di potenziali interessati all’acquisto“.
Ne deriva il principio di diritto, in base al quale “le condizioni del subprocedimento di vendita, come fissate dal giudice dell’esecuzione anche in relazione ad eventuali particolari modalità di pubblicità, pure ulteriori o diverse rispetto a quelle minime stabilite dall’art. 490 c.p.c., devono essere scrupolosamente rispettate, a garanzia del mantenimento – per tutto lo sviluppo della vendita forzata – dell’uguaglianza e della parità di condizioni iniziali tra tutti i potenziali partecipanti alla gara, nonché dell’affidamento di ognuno di loro sull’una e sull’altra e, di conseguenza, sulla trasparenza assicurata dalla coerenza ed immutabilità delle condizioni tutte e sulla complessiva legalità della procedura“.
Chiarisce infine la Suprema Corte che al rispetto di tali istruzioni hanno interesse tutti i soggetti del processo esecutivo, compreso il debitore, ed esse vanno applicate rigorosamente, salvo revoca o modifica o di impugnazione fruttuosamente esperita prima dell’espletamento della vendita. Pertanto, in presenza di qualsiasi inottemperanza in materia, dovrà concludersi per “l’illegittimità dell’aggiudicazione che ugualmente ne segua, per vizi dello stesso subprocedimento di vendita”.
(Corte di Cassazione, Sesta sezione Civile, sentenza n. 9255 del 7 maggio 2015)