Procedure concorsuali e sovraindebitamento: le prospettive di riforma della Legge 155/2017

in Giuricivile, 2019, 7 (ISSN 2532-201X)

La L. 19 ottobre 2017, n. 155 ha delegato il Governo ad emanare, entro dodici mesi dalla sua entrata in vigore, uno o più decreti legislativi per riformare le procedure concorsuali e la disciplina sulla composizione della crisi da sovraindebitamento.

Si tratterà, e già in parte si tratta, di una riforma sostanziale del settore attraverso l’applicazione di misure funzionali ad una individuazione tempestiva del grado di dissesto delle imprese.

L’obiettivo da perseguire è lo svecchiamento di una normativa ormai datata; il legislatore, non c’è dubbio, è teso a conferire una nuova organicità all’impianto normativo, rivedendo in chiave unitaria l’intera gamma delle procedure concorsuali e modificando le dinamiche che precedono la crisi d’impresa.

1. Principi generali

Le tematiche principali in materia di insolvenza, le definizioni e i principi generali sono contenuti nel Titolo I. In virtù dell’intenzione del legislatore ad un’impostazione unitaria, in questo titolo vengono delineati oggetto e ambito di applicazione del nuovo Codice della crisi e dell’insolvenza; uno degli elementi che maggiormente incidono sul nuovo impianto normativo, è proprio quello che vede l’assoggettabilità di qualsiasi debitore alle disposizioni del nuovo Codice. Nell’alveo della disciplina saranno ricomprese, infatti, persone fisiche e giuridiche, enti collettivi, professionisti e imprenditori che esercitano attività commerciale, agricola, artigianale, e perfino i consumatori, eccetto gli enti pubblici. La stessa introduzione della nozione di “crisi”, che ricomprende in maniera generale tutte quelle situazioni di difficoltà economico-finanziaria, lascia spazio ad un’applicazione dai perimetri molto più ampi.

Senza dubbio un’operazione di ampliamento.

Uno degli aspetti comuni maggiormente interessati dalla Riforma, consiste nella regolamentazione della prededucibilità. A tal proposito, si evidenzia come al fine di contenere i costi e garantire riparti, tale istituto sia stato modificato prevalentemente per inibire l’assorbimento rilevante, totale in numerosi casi, dell’attivo delle procedure.

Occorre tuttavia considerare, che si tratta anche di un’operazione di semplificazione.

Ciò che caratterizza il quadro generale è una maggiore attenzione ai costi, nonché ai tempi, delle procedure: il legislatore ha incentivato in particolare l’utilizzo delle modalità telematiche da parte degli organi di gestione delle stesse, consentendo maggiore celerità alle comunicazioni relative al controllo e l’assistenza da parte dei suddetti organi. Anche se disposizioni incentrate sulla gestione telematica delle comunicazioni erano già state sancite con il D.L. 179/2012, conv. in L. 221/2012, la nuova disciplina prevede linee guida per tutte le tipologie di procedure, ivi comprese quelle di nuova costituzione o denominazione.

Oltre alla semplificazione, la Riforma agisce anche sulle competenze giurisdizionali. La Legge stabilisce, tra le altre priorità, che venga garantita la maggior specializzazione dei giudici addetti alle procedure concorsuali, e che ne venga ampliata la competenza. Dovrà inoltre essere istituito presso il Ministero della Giustizia un apposito albo dei soggetti a cui affidare incarichi di gestione e controllo, i quali dovranno essere in possesso di specifici requisiti di professionalità, indipendenza ed esperienza.

2. Procedure e strumenti di regolazione della crisi

La L. 19 ottobre 2017, n. 155 delega il Governo all’adozione di un unico modello processuale ai fini dell’accertamento dello stato di crisi o dello stato di insolvenza. Sostanzialmente, le previsioni in materia di giurisdizione e competenza sulla cessazione dell’attività del debitore, ricalcano il procedimento per la dichiarazione di fallimento ex art. 15 L.F. Nello specifico, è previsto che dopo un avvio processuale ordinario, saranno poi disciplinati distintamente i diversi esiti processuali, avendo riguardo all’apertura di procedure di regolazione concordata, conservativa o liquidatoria, tenendo conto delle peculiarità oggettive e soggettive.

Ancora una volta è stata rispettata l’esigenza di celerità, imposta da un sistema processuale assai gravoso e certamente lento.

Nell’ambito delle procedure di regolazione della crisi e dell’insolvenza, ciò che è stato interessato da un cambiamento sostanziale, è la legittimazione ad agire.

In particolare il legislatore ha previsto una legittimazione ad agire generale, esperibile dal debitore in tutte le procedure di regolazione della crisi e dell’insolvenza.

Viene estesa anche la legittimazione ad agire del pubblico ministero in tutti i casi in cui egli abbia notizia della sussistenza di uno stato di insolvenza, nonché agli organi con funzioni di controllo e vigilanza sull’impresa per quanto riguarda la liquidazione giudiziale.

Nel trattamento delle proposte, dovrà essere data priorità a quelle volte a superare la crisi, e pertanto, che assicurino la continuità aziendale, mentre si ricorrerà alla soluzione liquidatoria nel solo caso in cui venga a mancare la proposta di un’idonea soluzione alternativa.

Tra i principali strumenti introdotti dalla Legge in esame, la Riforma interessa in misura particolare la composizione della crisi da sovraindebitamento: vengono introdotte specifiche discipline per le procedure riferite a membri di una stessa famiglia, per i debiti del consumatore e viene incardinato il sistema del concordato minore. Tali nuovi istituti, ripercorrono la disciplina precedentemente stabilita per l’accordo del debitore e per il piano del consumatore. Ciò che si differenzia dalla regolamentazione vigente, è prevalentemente un potenziamento delle competenze attribuite agli organismi di composizione della crisi.

La L. 155/2017, è chiaro, trova i propri punti di forza nella razionalizzazione delle procedure, nell’abbreviazione dei tempi e nel contenimento dei costi.

3. La liquidazione giudiziale

I principi generali sui quali si fonda la Riforma prevedono, tra le modifiche più incisive, la sostituzione del termine “fallimento” con l’espressione “liquidazione giudiziale”; chiaramente, la modifica terminologica produrrà effetti anche in relazione alle disposizioni penali previste in materia di reati fallimentari, garantendo comunque la continuità delle fattispecie criminose.

Finalizzata alla liquidazione del patrimonio dell’imprenditore insolvente e al riparto dell’attivo tra i creditori, la “nuova” procedura è stata snellita e resa più efficiente, pur mantenendo le caratteristiche essenziali della normativa vigente.

Tra le misure inserite dal legislatore nella Legge in esame, rileva senz’altro la maggior centralità conferita al curatore quale organo di gestione della procedura: viene attribuita la facoltà di esperire azioni di responsabilità senza previa autorizzazione del giudice delegato e senza il parere del comitato dei creditori. La figura del curatore assume nuovi connotati di indipendenza, diversamente dal perimetro definito dal decreto correttivo (D.lgs 169/2007), il quale attribuiva al comitato dei creditori le principali potestà autorizzative. Nel modus operandi del legislatore dunque continua a palesarsi, preponderante, l’intenzione della semplificazione processuale. La soppressione del vaglio autorizzatorio del Comitato, implica sì la concentrazione di poteri operativi in capo al curatore, ma certamente consente uno svolgimento più fluido delle attività legate alla procedura.

Con la Riforma, l’organo collegiale ha visto notevolmente ridimensionato il proprio ruolo, soppresso nelle procedure minori e snellito per le altre, cui tuttavia il curatore è obbligato relativamente ai flussi informativi attraverso il nuovo registro informatico consultabile telematicamente.

Per ciò che concerne gli effetti che seguono l’apertura della liquidazione, un’importante novità è costituita dal termine di decorrenza per l’individuazione degli atti pregiudizievoli per i creditori, il quale verrà fatto decorrere dal deposito dell’istanza di apertura della liquidazione giudiziale. La stessa azione revocatoria subisce un’estensione del termine di proposizione, decorrendo non più dall’apertura ma dal deposito dell’istanza.

Con riferimento ai rapporti giuridici pendenti, in special modo per la prosecuzione dei contratti in essere al momento dell’apertura, è prevista la prededucibilità dei soli crediti maturati nel corso della procedura. Vengono inoltre introdotte nuove disposizioni sullo scioglimento del contratto preliminare di vendita immobiliare, sul pagamento da parte del curatore subentrato nei contratti ad esecuzione continuata o periodica delle sole prestazioni successive all’apertura e sulla disciplina del contratto di affitto di azienda, per il quale è previsto un diverso regime di gestione della procedura a seconda che il fallito sia identificabile nel cedente o nell’affittuario.

La disciplina del lavoro subordinato in situazioni di insolvenza, subisce un’armonizzazione con la regolamentazione vigente in materia di diritto del lavoro.

In un contesto normativo di abbreviazione e semplificazione, anche la disciplina afferente la fase dell’accertamento dello stato passivo viene rivista. Innanzitutto, vengono notevolmente ridotti i termini per la presentazione delle domande tardive (da 12 a 6 mesi); il taglio dei termini si rifletterà inevitabilmente sulla consistenza della massa dei creditori, poiché consentirà da un lato una minor partecipazione alla procedura concorsuale, dall’altro tuttavia, potrebbe determinare un maggior cumulo di domande in un tempo decisamente più breve a quello attuale, con successivo sovraccarico delle funzioni di gestione e amministrazione della procedura.

Diverso è il quadro della liquidazione dell’attivo. La disciplina normativa antecedente alla Riforma, prevede che il curatore rediga il programma di liquidazione e, entro 60 giorni dalla redazione dello stesso e non oltre 180 dalla sentenza dichiarativa di fallimento, che provveda all’inventario dei beni presi in consegna.

La versione originaria della riforma del 2006 ricalcava il ruolo del giudice delegato per l’approvazione del piano di liquidazione e del parere vincolante da parte del comitato dei creditori. Ad aumentare il già citato potere autorizzatorio del Comitato di creditori, era successivamente intervenuto il decreto correttivo il quale, capovolgendo la facoltà di approvazione del piano in capo al comitato, lasciava al giudice delegato la sola autorizzazione di singoli atti dello stesso.

Orbene, con la L. 19 ottobre 2017, n. 155, il comitato dei creditori viene spogliato di buona parte dei suoi poteri, lasciando spazio di autonomia non all’autorità giudicante, bensì alla figura, operativa in senso stretto, del curatore.

Indipendenza questa, che si ripercuote anche in materia di concordato giudiziale (non più fallimentare): in caso di liquidazione societaria infatti, la Riforma prevede un elenco specifico delle azioni di responsabilità esperibili dal curatore senza la previa autorizzazione del giudice delegato.

Da ultimo, occorre considerare brevemente le novità che riguardano l’istituto dell’esdebitazione.

A tal proposito, la riforma delle procedure concorsuali D.lgs 5/2006, aveva già introdotto l’esdebitazione.

Il decreto prevedeva la liberazione del fallito alla chiusura della procedura per quei debiti residui nei confronti dei creditori concorsuali non soddisfatti per intero; condizione, questa, non sufficiente all’accesso all’esdebitazione. Era richiesto infatti, che i creditori riconoscessero al debitore una certa “meritevolezza” per la collaborazione con gli organi della procedura e l’astensione da condotte ostative o fraudolente verso il ceto creditorio.

Con la L. 155/2017 vengono eliminate le disposizioni che precludono il beneficio dell’esdebitazione in caso di mancato soddisfacimento, anche parziale, dei creditori concorsuali. Inoltre, a differenza della precedente disciplina, è consentito l’accesso all’esdebitazione anche per il debitore che non riesca ad adempiere alle obbligazioni contratte o ad assicurare, neanche per il futuro, alcuna utilità ai creditori.

4. Conclusioni

Alla luce di quanto sopra esposto, è opportuno fare le seguenti considerazioni conclusive.

La L. 19 ottobre 2017, n. 155 non entrerà in vigore prima del 15 agosto 2020, salvo alcune disposizioni in vigore già dal 16 marzo 2019. A colmare la vacatio legis di circa un anno è l’attuale disciplina vigente. É noto come l’economia italiana, soprattutto negli ultimi anni, trovi le proprie fondamenta nell’attività economica di piccole e medie imprese, alle quali raramente è risparmiata l’insolvenza. La mancata immediata applicazione del nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza vedrà la preclusione dei vantaggi in esso contenuti, agli imprenditori che attualmente versano in stato di difficoltà economico-finanziaria.

Vero è che alcune disposizioni della Riforma sono già efficaci, tra cui, quelle che possono immediatamente agevolare l’attività istruttoria nelle procedure concorsuali, o anche, le disposizioni relative alla competenza nella gestione dell’Amministrazione Straordinaria delle grandi imprese.

Considerato che il periodo di vacatio legis costituisce di certo un limite rilevante alla fruizione dei benefici predisposti dalla Riforma, è pacifico che il nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza si sostanzi in un radicale cambiamento della disciplina in materia di procedure concorsuali, crisi d’impresa e sistema di privilegi e garanzie. Probabilmente, non vi è ancora piena consapevolezza della portata di tale cambiamento; l’unico modo per sondarne l’apprezzamento è attenderne l’entrata in vigore e la protratta applicazione.

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