Intermediari finanziari ed esclusione dall’agevolazione fiscale sulle operazioni di finanziamento: Sezioni Unite rimettono questione alla Corte Costituzionale

Le Sezioni Unite con l’ordinanza del 3 giugno 2015, n. 11373 hanno rimesso al Giudice delle leggi la questione di legittimità costituzionale del d.P.R. n. 601 del 1973, art. 15, nella parte in cui esclude l’applicabilità dell’agevolazione fiscale prevista per i finanziamenti a medio o lungo termine effettuati dalle banche ai medesimi finanziamenti posti in essere da intermediari finanziari.

La Cassazione tributaria con l’ordinanza interlocutoria n. 10066/14 aveva rimesso al vaglio delle Sezioni unite la questione del se, per effetto dell’inclusione degli intermediari finanziari nel novero dei soggetti abilitati all’attività di “concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma” operata dall’art. 106, comma 1 del T.u.l.b., potessero anche tali soggetti usufruire del beneficio fiscale previsto dal d.P.R. n. 601 del 1973, artt. 15 e 17 per le operazioni di finanziamento a medio e lungo termine effettuate dalle banche.

L’art. 15 del d.P.R. n. 601 cit. sancisce, infatti, che sono esenti dall’imposta di registro, dall’imposta di bollo, dalle imposte ipotecarie e catastali nonché dalle tasse sulle concessioni governative le operazioni relative ai finanziamenti a medio e lungo termine “effettuate da aziende e istituti di credito e da loro sezioni o gestioni“. Il successivo art. 17 dispone, complementarmente, che, nelle ipotesi di cui all’art. 15, “in luogo delle imposte di registro, di bollo, ipotecarie e catastali e delle tasse sulle concessioni governative”, si corrisponde “una imposta sostitutiva“.

Tale regime agevolato d’imposizione alternativo opera, dunque, sul presupposto della ricorrenza di due requisiti: a) il primo, di natura oggettiva, consistente nel compimento di operazioni di concessione di finanziamento a medio e lungo termine; b) il secondo, di natura soggettiva, consistente nella riferibilità di dette operazioni ad “aziende e istituti di credito” e “loro sezioni o gestioni”. Con il d.Lgs. n. 385 del 1993 (Testo unico sulle leggi in materia bancaria), poi, è definitivamente venuta meno ogni distinzione funzionale tra “aziende” ed “istituti di credito”: di conseguenza, destinatarie del regime fiscale agevolato in esame sono le “banche”.

La questione dell’applicabilità del beneficio agli intermediari finanziari è sorta dal momento che l’art. 106, comma 1 del T.u.l.b. ha incluso nel novero dei soggetti abilitati all’attività di “concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma” anche gli “intermediari finanziari” qualificati da adeguati requisiti professionali e patrimoniali nonché dall’assoggettamento ad incisivi controlli.

Sul tema, la Cassazione tributaria ha sviluppato due orientamenti del tutto contrapposti tra loro: parte della giurisprudenza (per tutte v. Cass. 5697/14) nega il riconoscimento dell’agevolazione agli intermediari finanziari in base al rilievo che la disposizione in questione, trattandosi di norma agevolativa, non è suscettibile di applicazione analogica.

Altra parte della giurisprudenza (Cass. 5845/11) ritiene, invece, che, l’agevolazione fiscale in oggetto deve esser riconosciuta anche agli intermediari finanziari, in base ad interpretazione evolutiva e costituzionalmente orientata. In tale prospettiva, pur restando gli intermediari finanziari soggetti ontologicamente diversi dalle banche, la piena equiparazione degli intermediari finanziari alle banche, attuata, limitatamente all’erogazione di finanziamenti agevolati, anche con riguardo ai relativi profili fiscali, renderebbe inevitabile riconoscere l’agevolazione de quo anche all’attività di finanziamento posta in essere dagli intermediari.

Le Sezioni Unite, non condividendo le argomentazioni e le conclusioni fatte proprie dal secondo orientamento giurisprudenziale, hanno considerato prevalente ed idoneo a risolvere la questio iuris in esame il principio del divieto di interpretazione estensiva ed applicazione analogica delle norme tributarie, posto a fondamento del primo orientamento.

Tuttavia, è stato ritenuto opportuno dalla stessa rimettere alla Corte Costituzionale la questione dell’inapplicabilità delle agevolazioni previste dall’art. 15, d.P.R. 601 cit. agli intermediari finanziari, ai fini di una necessaria riflessione sull’aderenza ai precetti di cui agli artt. 3 e 41 Cost. che riconoscono uguale possibilità a tutti i soggetti di attivarsi materialmente e giuridicamente nello stesso settore, sottoponendo al giudizio del mercato la valutazione ed il conseguente successo delle relative iniziative.

Gli intermediari finanziari, infatti, benché soggetti morfologicamente diversi dalla banche, nell’ambito dell’attività ad esse comune, operano sostanzialmente nei medesimi termini e incidono sullo stesso “mercato”. Pertanto, il diverso trattamento riconosciuto a banche ed intermediari finanziari in relazione all’agevolazione in questione, si rivelerebbe di non sicura conformità ai richiamati precetti costituzionali, specie ove si consideri il potenziale effetto distorsivo indotto sul regime di concorrenza nel mercato di settore dal vantaggio derivante alle banche dal minor costo del prodotto offerto, riferibile non a specifici meriti imprenditoriali delle banche, bensì alla scelta fiscale del legislatore.

(Corte di Cassazione Civile, Sez. Unite, ordinanza n. 11373 del 3 giugno 2015)

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