Riconoscimento del figlio, obbligo di mantenimento e azione di risarcimento

in Giuricivile, 2019, 6 (ISSN 2532-201X)

L’indagine parte dallo studio di un caso reale che vede come protagonista un ragazzo non riconosciuto dal padre al momento della nascita, bensì all’età di diciannove anni.

Il figlio, a meno di un anno dal riconoscimento “spontaneo” cita il padre in giudizio chiedendo il mantenimento attuale e pregresso e il risarcimento del danno non patrimoniale subito, avendosi come ulteriore parte attrice la madre con altrettanta domanda risarcitoria e contestuale azione di regresso.

Si analizzino dunque le posizioni (intese come oneri, responsabilità e doveri) delle parti attrici e del convenuto.

Riconoscimento del figlio

Come ormai noto, la Legge n. 219/2012 ha profondamente modificato la disciplina sulla filiazione, eliminando la distinzione tra figli legittimi e figli naturali e sancendo di conseguenza l’unicità di status giuridico.

La cura dei figli spetta ad ambedue i genitori (sposati, conviventi o non più uniti da alcun vincolo affettivo), i quali devono adempiere agli obblighi di assistenza materiale morale e concorrere al mantenimento economico secondo le rispettive possibilità.

L’ordinamento giuridico prevede però dei meccanismi di tutela qualora il figlio non venga riconosciuto al momento della nascita e sia la madre a sostenere tutte le spese necessarie ai suoi bisogni.

Esistono due modalità per procedere al riconoscimento di un figlio: il riconoscimento spontaneo e l’accertamento giudiziale della maternità o paternità. Il primo caso si ha quando il genitore rivede la sua posizione e procede col riconoscimento mediante dichiarazione all’ufficiale di stato civile del Comune di nascita, o apposta sull’atto di nascita, o per mezzo di atto pubblico o testamento. Il secondo invece, si ha quando si richiede l’accertamento al Tribunale al fine di dichiarare il rapporto di filiazione, su domanda del figlio, del genitore che esercita la potestà o del tutore. Il tribunale può sentenziare sul riconoscimento previa valutazione di ogni mezzo probatorio, anche in assenza di un test del DNA. Esso, pur essendo la prova madre, non è l’accertamento esclusivo ai fini dell’instaurazione giudiziale del rapporto di filiazione.

Per cui, anche se uno dei genitori non abbia riconosciuto il figlio alla nascita o in un momento successivo, ciò non lo esonera o sgrava dai suoi obblighi, potendo essere citato in giudizio con domanda di mantenimento oltre che risarcitoria.

Obbligo di mantenimento: profili salienti e giurisprudenza

Recita l’art. 30 Cost. che “è dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli anche se nati fuori dal matrimonio”, principio pienamente riconosciuto nell’ordinamento giuridico (art. 147 c.c., art. 315 bis c.c.). Ciò implica che entrambi  debbano occuparsi della prole dal punto di vista morale e materiale, nel rispetto, e in proporzione, delle loro possibilità economiche.

Esaustivamente affermato è che il figlio avrà diritto ad essere mantenuto fino a che non abbia raggiunto l’autosufficienza economica (art. 337 septies c.c., in senso conforme: Cass. 27377/2013), il problema maggiore è capire l’effettiva decorrenza di tale obbligo in relazione al caso di specie (riconoscimento tardivo).

Si sono sviluppati diversi filoni giurisprudenziali in merito alla natura giuridica del riconoscimento e al dies a quo da cui scatta l’onere di mantenimento.

E’ ormai costante l’orientamento secondo cui “l’obbligo dei genitori di mantenere i figli sussiste per il fatto stesso di averli generati, prescinde da ogni domanda proposta, essendo sorto fin dalla nascita il loro diritto ad essere mantenuti, istruiti ed educati da entrambi i genitori. Quello dei due che ritarda il riconoscimento, come avviene nella specie ovvero obbliga l’altro, in rappresentanza del figlio a chiedere la dichiarazione giudiziale, non può allegare a proprio vantaggio il ritardo stesso” (vds Cass. n. 9059/2017). E’ chiaro dunque che l’obbligo di mantenimento decorra ex tunc dalla nascita, come da copiosa giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 6197/2005; Cass. n. 4203/2006; Cass. n. 15756/2006; Cass. n. 22506/2006; Cass. n. 14417/2016).

La normativa prevede una forma di riparazione per il pregiudizio subito non solo per il figlio non riconosciuto, ma anche per il genitore che si è sempre occupato della sua crescita. Lo stesso è difatti legittimato ad esperire l’azione di regresso al fine di richiedere il rimborso delle spese sostenute. In ottemperanza ad altrettanto e radicato orientamento “l’obbligo del genitore di concorrere nel mantenimento del figlio insorge con la nascita dello stesso, ancorchè la procreazione sia stata sia stata successivamente accertata con sentenza”. Gli obblighi giuridici previsti nascono con la procreazione, lo status di figlio si acquista dalla nascita, e non dal suo riconoscimento, per cui il concorso all’ onere di mantenimento avviene a prescindere da una pronuncia formale.  In conformità a tale tesi si può considerare una pronuncia in tema di prescrizione: la prescrizione (decennale) dell’azione di regresso decorre da ogni singola spesa effettuata (v. Trib. Roma sent. N. 7400/2014).

Sul punto è possibile richiamare altro indirizzo secondo il quale la prescrizione per il diritto al mantenimento del figlio (il quale ha sempre effetti retroattivi), e per l’azione di regresso, non opererà dalla nascita, ma dal momento del riconoscimento, o della dichiarazione giudiziale di accertamento della maternità o paternità (v. in tal senso Cass. n. 9059/2017; Cass. n. 5652/2012; Cass. n. 14417 del 2016).

Capo saldo è dunque che l’obbligo de quo sia retroattivo, rappresentando che tutt’oggi si attribuisce al riconoscimento (spontaneo/giudiziale) natura costitutiva con effetti dichiarativi, stante, i diritti del figlio affermarsi con la nascita, e i doveri dei genitori retroagire fin dalla stessa.

Gli obblighi di natura patrimoniale sono di natura solidale, entrambi i genitori devono concorrervi, avendo diritto chi ha pagato l’intero ammontare, ad agire in giudizio al fine di richiedere la ripetizione della quota spettante all’altro condebitore (in conformità all’art. 1299 c.c.).

La violazione degli obblighi di natura patrimoniale costituisce altresì fondamento oltre che di richiesta risarcitoria, di illecito penale ai sensi dell’art. 570 bis c.p.

La Suprema Corte di Cassazione ha recentemente ribadito che, secondo interpretazione sistematica e costituzionalmente orientata, la configurabilità di tale reato si estende anche per i figli nati al di fuori del matrimonio (v. Cass. n. 8297/2019).

Azione di risarcimento

L’azione di risarcimento è riconosciuta pienamente in dottrina e in giurisprudenza stante la configurabilità del c.d. “illecito endofamiliare” come conseguenza della violazione degli obblighi familiari, delle condotte lesive di diritti costituzionalmente garantiti, e in riferimento all’argomento di specie, per l’inadempimento dell’obbligo di mantenimento.

Se il figlio cresce senza una figura genitoriale di certo subirà un danno oltre che patrimoniale, morale, psicologico, e da perdita di chacens derivante ad esempio dal mancato conseguimento della posizione sociale confacente a quella del padre (Cass. n. 5652/2012).  Il diritto al risarcimento del danno nasce dunque da una condotta illecita, quale: il disinteresse per il figlio, la violazione degli obblighi di mantenimento, educazione e istruzione della prole. Si qualifica ormai come forma di responsabilità aquiliana ( ex art. 2043 c.c.).

Sul punto vi è consolidata giurisprudenza (Cass. n. 3079 del 2015; Cass. n. 26205/2013; Cass. n. 5652/2012), la quale ha altresì sancito l’automatismo tra procreazione e responsabilità genitoriale.

Sono legittimati ad esperire domanda risarcitoria il figlio e il genitore che lo ha cresciuto e l’onere probatorio ricade su questi ultimi; ai fini dell’an è necessario addurre in giudizio mezzi di prova a proprio favore ( ad es. prove testimoniali che possano dimostrare che il padre biologico era a conoscenza di avere un figlio). Il quantum invece sarà determinato dal giudice, che in via equitativa dovrà stabilire l’ammontare del risarcimento, in considerazione dell’effettiva vita svolta la figlio, delle eventuali e mancate possibilità, e delle risultanze istruttorie.

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