Linee generali su Mutuo e Interessi Usurari

in Giuricivile, 2019, 6 (ISSN 2532-201X)

Il mutuo è il contratto disciplinato all’art. 1813 c.c. con il quale una parte detta mutuante, consegna all’altra detta mutuatario, una determinata quantità di denaro o di altre cose fungibili e, l’altra si obbliga a restituire altrettante cose della stessa specie.[1]

Tra le caratteristiche utili a delineare l’istituto va anzitutto detto che, il mutuo è un contratto che si perfeziona con la consegna della somma di denaro o della cosa fungibile.

Tuttavia, la mera datio della somma oggetto del mutuo non è idonea singolarmente a far derivare una richiesta di restituzione, allorquando, ammessane la ricezione, l’accipiens non confermi il titolo posto alla base della pretesa restitutoria; ne consegue che, l’attore che intende chiedere la restituzione della stessa somma data in mutuo deve provare gli elementi costitutivi della domanda, comprendendo non solo l’avvenuta consegna, ma anche il titolo su cui si basa l’obbligo oggetto della restituzione.[2]

Ex art. 1815 c.c., salvo diversa volontà delle parti, il mutuatario deve corrispondere interessi al mutuante, che vengono determinati ai sensi dell’art. 1284 c.c.; precisando che, ove gli interessi fossero ritenuti usurari, gli stessi non sarebbero dovuti.[3]

Interessi legali ed usurari

Il Ministro del tesoro, al riguardo del saggio di interessi legali, con proprio decreto pubblicato nella Gazzetta Ufficiale non oltre il 15 dicembre dell’anno precedente a quello in cui il saggio si riferisce, può modificare annualmente la misura, sulla base del rendiconto medio annuo lordo dei titoli di Stato di durata non superiore a dodici mesi e tenuto conto del tasso di inflazione registrato nell’anno. Se il saggio di interessi entro la data del 15 dicembre non viene modificato, lo stesso rimarrà tale per l’anno a seguire. Gli interessi superiori alla misura legale devono essere determinati per iscritto, altrimenti sarebbero dovuti nella misura legale.[4]

La fattispecie usuraria può riflettere anche la sfera del penalmente rilevante, di fatto, il giudice ai fini della valutazione dell’eventuale reato di usura deve accertare motivandone la natura usuraria degli interessi facendo riferimento ai valori determinati dal decreto ministeriale vigente all’epoca della pattuizione.[5]

L’obiettivo del legislatore è quello di voler abbattere gli squilibri che vengono a nascere tra le parti a seguito della condotta sleale di una a discapito dell’altra.

A ben vedere, per determinare il tasso da considerare usurario è necessario tenere conto delle commissioni bancarie, delle remunerazioni richieste a qualsiasi titolo e spese ad esclusione di quelle per imposte e tasse all’erogazione del credito.[6]

Anche in sede penale, come abbiamo già detto, l’usura è stata meritevole di tutela, venendo collocata all’interno del libro secondo – dei delitti in particolare, al titolo VIII – dei delitti contro il patrimonio all’art. 644 c.p., in tal senso, si aveva il reato di usura allorché un soggetto si fa dare o promettere, sotto qualsiasi forma, per sé o per altri, in corrispettivo di una prestazione di denaro o altra utilità, interessi o altri vantaggi usurari, venendo così alla reclusione che andava da 2 a 10 anni e con la multa da € 5.000 ad € 30.000., tuttavia lo stesso articolo fa rinvio alla legge 7 marzo 1996 n. 108.

Gli interessi usurari nel contratto di mutuo

Emerge che, ai fini dell’applicazione del reato di usura e dell’articolo 1815 secondo comma del codice civile, si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento.[7]

Nel contratto di mutuo, allorquando non è superato il tasso soglia, la nullità prevista dall’art. 1815 c.2 c.c., richiede la prova del carattere usurario ex art 644 c. 3 c.p., non di meno anche la prova dalla quale emerge che vi è stata una ingenerata sproporzione degli interessi convenuti a causa dello squilibrio tra le parti e, ancora, dovrà emergere la condizione di difficoltà economica da parte di colui che promette gli interessi.[8]

La condizione di difficoltà economica della vittima è uno dei requisiti necessari ai fini della configurabilità del reato e deve essere determinata dalla mancanza, sebbene momentanea, di moneta liquida, a fronte di una condizione economica comunque sana. [9]

Ai fini dell’integrazione del delitto di usura, di rilievo è lo stato di bisogno che non va inteso come una condizione di necessità che escluda del tutto la libertà di scelta del soggetto passivo, bastando che sia tale da indurlo a sottostare ad un’esosa richiesta per non subire un danno maggiore,[10] così ragionando lo stato di bisogno andrebbe ad eliminare o comunque limitare la volontà del soggetto passivo.

Per quanto concerne l’elemento soggettivo, il delitto di usura è punibile a titolo di dolo diretto, che consiste nella cosciente volontà di conseguire il suddetto vantaggio usurario, avendone piena consapevolezza dello stato di bisogno del soggetto passivo, che in ragione della sua alterata libertà di autodeterminazione, non risulta essere capace di resistere a quanto avanzato dal soggetto agente.[11]

Qualora alla promessa ne consegue la dazione effettiva, questa fa parte a pieno titolo del fatto lesivo generante di conseguenze penali, tracciando pertanto il momento consumativo sostanziale del reato.[12]

Il reato di usura ex art. 644 c.p.

Parlando dell’usura in concreto ex art. 644 comma 3 seconda parte c.p., per la verifica della sproporzione degli interessi, dei vantaggi e dei compensi pattuiti, al fine di accertarne la condizione di difficoltà economica della parte lesa, deve aversi riguardo anche alla carenza solo momentanea della liquidità che come già detto in precedenza, e che vi debba essere una condizione di base sana;  invece, con riferimento alla condizione di difficoltà finanziaria, essa investe l’insieme delle attività patrimoniali del soggetto leso, concretizzandosi nella carenza di risorse e beni.[13]

Con la sentenza n. 24675/2017 la Suprema corte di Cass. nelle sue Sezioni Unite ha dato un’impronta all’usura sopravvenuta, ossia

allorché il tasso degli interessi concordato tra mutuante e mutuatario superi, nel corso dello svolgimento del rapporto, la soglia dell’usura come determinata in base alle disposizioni della legge n. 108 del 1996, non si verifica la nullità o l’inefficacia della clausola contrattuale di determinazione del tasso degli interessi stipulata anteriormente all’entrata in vigore della predetta legge, o della clausola stipulata successivamente per un tasso non eccedente tale soglia quale risultante al momento della stipula; né la pretesa del mutuante di riscuotere gli interessi secondo il tasso validamente concordato può essere qualificata, per il solo fatto del sopraggiunto superamento di tale soglia, contraria al dovere di buona fede nell’esecuzione del contratto”[14]

In conclusione, si tratta di un delitto che rientra nella competenza del Tribunale Collegiale, mentre, per quanto riguarda la sua procedibilità è d’ufficio.


[1] Art. 1813 c.c.

[2] Cass. N. 10/9541

[3] Art. 1815 c.c.

[4] Art 1284 c.c.

[5] Cass. Sez. V, 16 gennaio 2013 n. 8353.

[6] Cass. Sez. II, 23 novembre 2011 n. 46669.

[7] Decreto legge 29 dicembre 2000, convertito dalla L. 28 febbraio 2001, n. 24.

[8] Cass. N. 19282/14.

[9] Cass. Sez. II, 25 marzo 2014 n. 18778.

[10] Cass. Sez. II, 13 gennaio 1989 – 31 maggio 1990, n. 7605.

[11] Cass. Sez. II. 21 giugno 1983 – 1 marzo 1984, n. 1789.

[12] Cass. Sez. I. 19 ottobre 1998, n. 11055.

[13] Cass. Sez. II, 29 marzio 2017, 25 maggio 2017, n. 26214.

[14] Cass. Sez. Un. Sezioni Unite, con decisione n. 24675 del 2017.

Praticante Avvocato. Laureato in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi Guglielmo Marconi di Roma con tesi di laurea in diritto internazionale trattante la disciplina della normativa del fenomeno dell'immigrazione, ovvero i vari trattati in vigore posti in essere dai vari Paesi dell'Unione Europea in merito a tale fattispecie.

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