Il contratto di rete è disciplinato dall’art. 3, comma 4 ter, del D.L. n. 5 del 2009, il quale afferma che “con il contratto di rete più imprenditori perseguono lo scopo di accrescere, individualmente e collettivamente, la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato e a tal fine si obbligano, sulla base di un programma comune di rete, a collaborare in forme e in ambiti predeterminati attinenti all’esercizio delle proprie imprese ovvero a scambiarsi informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica ovvero ancora ad esercitare in comune una o più attività rientranti nell’oggetto della propria impresa”.
Sempre ai sensi dell’art. 3 comma 4 ter, dello stesso Decreto, il contratto di rete può prevedere l’istituzione di un fondo patrimoniale e la nomina di un organo “comune” incaricato di gestire, in nome e per conto delle società partecipanti, l’esecuzione del contratto o determinato parti dell’accordo stesso. L’organo non ha soggettività giuridica ma può acquisirla se previsto nel contratto.
Il contratto di rete per essere genuino, deve essere redatto per atto pubblico o per scrittura privata autenticata, ovvero per atto firmato digitalmente a norma del d.lgs. n. 82 del 2005, da ciascun imprenditore o legale rappresentante delle imprese aderenti.
Da ciò si ricava che sotto il profilo soggettivo, nel contratto di rete non possono partecipare soggetti non qualificabili come imprenditori ai sensi dell’art. 2082 c.c.
Importante requisito formale, oltre alle caratteristiche presenti nell’art. 4 ter, è che il contratto di rete deve necessariamente essere soggetto a iscrizione nel registro delle imprese presso cui è iscritto ogni partecipante all’accordo (art. 4 quater del D.L. n. 5 del 2009).
Per quanto concerne, invece, l’oggetto del contratto è lo stesso Decreto a stabilire che può riguardare lo “scambiarsi informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica ovvero ancora ad esercitare in comune una o più attività rientranti nell’oggetto della propria impresa”.
Come utilizzare i lavoratori all’interno del contratto?
Dunque, può senz-altro affermarsi, che nel contratto di rete le aziende partecipanti possono regolamentare che la gestione di determinate attività rientranti nell’accordo stesso, ai fini di incrementare “la propria capacità innovativa e la propria competitività”, possa essere svolta dai lavoratori delle società partecipate.
Tale obiettivo può essere raggiunto attraverso le fattispecie della:
- Codatorialità;
- Distacco di personale dipendente
Ciò è confermato dall’art. 30 del D.lgs. n. 276 del 2003, cosi come modificato dalla legge n. 99 del 2013, il quale stabilisce che “qualora il distacco di personale avvenga tra aziende che abbiano sottoscritto un contratto di rete di impresa che abbia validità ai sensi del d.l. 10/02/2009 n. 5, l’interesse della parte distaccante sorge automaticamente in forza dell’operare della rete, fatte salve le norme in materia di mobilità dei lavoratori previste dall’art. 2103 del cc.” (Dello stesso avviso la giurisprudenza: in ultimo Cass. Civ. Sez. Lav. 22.01.2015 n. 1168; Cass. Civ. Sez. Lav. 21.04.2016 n. 8068).
L’art. 30 stabilisce, inoltre, che “per le stesse imprese è ammessa la codatorialità dei dipendenti ingaggiati con regole stabilite attraverso il contratto di rete stesso”.
Per quanto il ricorso alla codatorialità e al distacco di personale dipendente nel contratto di rete rappresenti sicuramente un’importante innovazione di portata radicale, va sottolineato come tale strumento possa comportare dei rischi alle aziende in caso di codatorialità o distacco non genuino e, comunque, non corrispondente alla legislazione sul lavoro subordinato.
Rischi per le aziende in caso di codatorialità o distacco non genuino
In assenza di specifiche pronunce giurisprudenziali, sul tema si è pronunciato, dapprima, il Ministero del Lavoro con la Circ. n. 35 del 2013 e in ultimo l’Ispettorato Nazionale del Lavoro con Circ. n. 7 del 2018.
Sebbene in una scarna pronuncia, il Ministero del Lavoro nella circolare sopra menzionata affermava che:
- La codatorialità dei dipendenti ingaggiati con regole stabilite attraverso il contratto di rete vuol significare che, in relazione a tale personale, il potere direttivo potrà essere esercitato da ciascun imprenditore che partecipa a tale contratto;
- Sul piano di eventuali responsabilità penali, civili e amministrative (ossia su quello della sanzionabilità di eventuali illeciti) occorre quindi rifarsi ai contenuti del contratto di rete senza configurare automaticamente una solidarietà tra tutti i partecipanti al contratto;
- Alla luce dell’art. 4 ter art. 30 del d.lgs. n. 276/2003, ai fini della verifica dei presupposti di legittimità del distacco, il personale ispettivo si limiterà a verificare l’esistenza di un contratto di rete tra distaccante e distaccatario.
Di tutt’altro avviso l’Ispettorato del Lavoro, che con una recente circolare del 29 marzo 2018, ha previsto “al fine di contrastare tali fenomeni” eventualmente non genuini, riepilogare le disposizioni vigenti in materia e a titolo esemplificativo le possibili cause di distacco o codatorialità illeciti:
- Perché si possa ipotizzare la codatorialità o il distacco nel contratto di rete, occorre che, cosi come già riportato, lo stesso accordo sia preventivamente iscritto nel registro delle imprese;
- Il personale distaccato o in regime di codatorialità non può subire un pregiudizio nel trattamento economico e normativo per effetto della stipula del contratto di rete;
- Se il contratto di rete prevede la codatorialità nei confronti di tutti o solo alcuni dei dipendenti di ciascuna impresa, tale circostanza deve risultare da tale patto, così come da esso deve risultare la “platea” dei lavoratori che vengono, in tal modo, messi “a fattor comune” per collaborare agli obiettivi comuni. Ma non basta: tali lavoratori devono essere formalmente assunti, assolvendo i relativi adempimenti di legge ( comunicazione obbligatoria di instaurazione del rapporto, consegna della dichiarazione di assunzione e registrazioni sul LUL) da una delle imprese partecipanti, anche ove si tratti di socio di cooperativa. Il datore di lavoro “originario” è tenuto anche al rispetto delle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro ai sensi dell’art. 3, co. 6, del D.Lgs. n. 81/2008.
- Sia la codatorialità che il distacco sono disciplinate, entrambe, dall’art. 30 del d.lgs. n. 276 del 2003;
- Gli inadempimenti retributivi o contributivi che emergono nel corso degli accertamenti sulle esternalizzazioni nell’ambito dei contratti di rete (compresi i distacchi o le ipotesi di codatorialità che possono conseguire alla stipulazione del contratto) determinano l’applicazione in via estensiva del principio generale di responsabilità solidale codificato dall’art. 29 della legge Biagi. Principio esteso, ad avviso dell’INL, dalla sentenza n. 254 del 6.12.2017 della Corte Costituzionale, anche a fattispecie diverse da quelle dell’appalto.
Alla luce di tali argomentazioni, può dunque concludersi nel senso che è possibile prevedere la codatorialità o il distacco di personale in un contratto di rete, purché ciò non comporti un uso illecito di tali strumenti che possono, senz’altro, esporre le società partecipanti a gravi rischi di carattere economico e normativo.