La nozione giuridica di riassunzione, nel settore processuale civilistico, ha subito, nel tempo, cambiamenti nei contenuti e, conseguentemente, nelle applicazioni concrete.
Parte della Giurisprudenza ritiene (Cass. Civ. 9890/98) che:
- l’atto di riassunzione non veicoli un nuovo processo assolvendo, esclusivamente, alla funzione di consentire la prosecuzione di quello già pendente;
- al Giudice di merito incombe l’onere di apprezzare l’intero contenuto dell’atto stesso, onde verificare la concreta idoneità a consentire la ripresa del processo (Cass. Civ. 13597/1998);
- compito del Giudice, nell’interpretare l’atto di riassunzione, sia quello di stabilire la corrispondenza delle domande riproposte con quelle originarie (Cass. Civ. 181701/2004 – Cass. Civ. 3640/1981).
Quanto appena riportato implica che, con l’atto di riassunzione, non è consentito proporre domande diverse, domande nuove, rispetto a quelle formulate in precedenza.
L’ammissibilità di domande nuove
È doveroso, tuttavia, segnalare diverso orientamento Giurisprudenziale che ritiene l’ammissibilità di domande nuove, non soltanto in senso riduttivo (Cass. Civ. 2162/04), ma anche tali da introdurre un giudizio ex novo (Cass. Civ. 9671/97).
In proposito (Cass. Civ. 15753/14) si è affermato che, l’atto di riassunzione del giudizio può contenere una domanda nuova, in aggiunta a quella originaria, in quanto la particolare funzione dell’istituto della riassunzione, rappresentata dalla conservazione degli effetti sostanziali della litispendenza, non è di ostacolo a che esso cumuli, in sé, quella introduttiva di un nuovo giudizio.
Questo però a condizione che sia rispettato il contraddittorio, tanto più che, ove la nuova domanda dovesse essere, dal Giudicante, ritenuta inammissibile, la necessità di introdurre, per quest’ultima, un nuovo giudizio, da riunire al precedente, si tradurrebbe in un inutile dispendio di attività processuale, in contrasto con il principio della ragionevole durata del processo.