Integrazione del contraddittorio in cause inscindibili ex art 331 cpc: il termine fissato dal giudice è perentorio

Il termine per l’integrazione del contraddittorio in cause inscindibili ex art. 331 c.p.c. è perentorio, non è prorogabile per accordo delle parti e neppure sanabile. Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 2298 del 30 gennaio 2017.

Art. 331 cpc: L’integrazione del contraddittorio in cause inscindibili in appello

L’art. 331 c.p.c. prevede che la sentenza pronunciata tra più parti in una causa inscindibile o in cause tra loro dipendenti debba essere impugnata nei confronti di tutte le parti.

In caso contrario, il giudice disporrà l’integrazione del contraddittorio, stabilendo il termine per notificare l’impugnazione a pena di inammissibilità e, se necessario, fissando l’udienza di comparizione.

Si ricorda che si ritengono cause inscindibili in appello, quelle in cui in primo grado:

  • c’è stato un litisconsorzio necessario, originario o successivo;
  • era presente il pubblico ministero, come attore (art. 69 c.p.c.) o come interveniente obbligatorio ex art. 70 c.p.c.;
  • con riguardo alla successione a titolo particolare nella res litigiosa, è intervenuto il successore senza l’estromissione del dante causa (art. 111, terzo comma, c.p.c.);
  • c’è stato un intervento adesivo dipendente ex art. 105, secondo comma, c.p.c.;
  • qualcuno è intervenuto per ordine del giudice ai sensi dell’art. 107 c.p.c.;
  • il terzo sia stato chiamato per comunanza di causa;
  • c’è stato un litisconsorzio quasi necessario o unitario (sussistente in caso di impugnative delle delibere assembleari disciplinate dagli artt. 2377, 2378 e 2379 c.c.)

Il termine fissato dal giudice ex art 331 cpc per notificare l’appello in cause inscindibili

Sul punto, la Suprema Corte ha ribadito che il termine per l’integrazione del contraddittorio in cause inscindibili è perentorio e non può essere prorogato con l’accordo delle parti.

Il termine inoltre non è sanabile, neppure in caso di tardiva costituzione della parte nei confronti della quale doveva essere integrato il contraddittorio.

Il principio sancito dall’art. 156 cpc di non rilevabilità della nullità di un atto per avvenuto raggiungimento dello scopo attiene infatti esclusivamente “alle ipotesi di inosservanza di forme in senso stretto e non di termini perentori, per i quali siano state dettati apposite e separate disposizioni“.

Non essendo stato rispettato il termine perentorio fissato dal giudice, la spontanea costituzione della parte intimata non è quindi idonea a sanare la violazione dell’ordine di integrazione del contraddittorio: il combinato disposto degli artt. 156, 157 e 160 cod. proc. civ. consente infatti la sanatoria degli atti nulli o la cui notificazione è nulla, ma non consente la sanatoria di atti o notificazioni inesistenti.

La Corte ha infine precisato che l’inosservanza del suddetto termine deve essere rilevata d’ufficio, anche nel caso di integrazione parziale dell’ordine di integrazione, sicché la sua violazione determina l’inammissibilità dell’impugnazione.

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