Con la sentenza n. 18569 del 22 settembre 2016, le Sezioni Unite, a soluzione di contrasto, hanno chiarito se, ai fini della verifica della tempestività dell’impugnazione proposta nel termine lungo, vada considerato il giorno della pubblicazione della sentenza o il giorno del suo deposito in cancelleria.
La questione in esame e il relativo contrasto giurisprudenziale
La questione posta all’attenzione della Suprema Corte riguarda l’apposizione di una doppia data alle sentenze civili, l’una di pubblicazione, l’altra di deposito in cancelleria. Tale circostanza ha dato origine ad una copiosa e non univoca giurisprudenza di legittimità nonché a sospetti di illegittimità costituzionale.
L’orientamento maggioritario identifica il “deposito” come il momento di perfezionamento, efficacia, esistenza, irretrattabilità della sentenza e quindi il momento in cui cominciano a decorrere i termini per la proposizione di eventuali impugnazioni: si tratta infatti di un momento in cui è determinante l’intervento del giudice, posto che la procedura di deposito prende l’avvio proprio da un suo atto di volizione, con la conseguenza che la data in cui il cancelliere ne dà atto deve coincidere con quella dell’effettivo deposito e con l’ulteriore conseguenza che l’eventuale apposizione da parte del cancelliere di una data ulteriore e successiva non potrebbe giammai incidere su di un fatto (l’avvenuto deposito) già verificatosi.
Al contrario, v’è chi ritiene che tale tesi vada ad inficiare il profilo della garanzia di effettività del diritto di impugnazione: la separazione temporale dei due passaggi in cui si articola la procedura di pubblicazione della sentenza (deposito da parte del giudice e presa d’atto del cancelliere), comprovata dall’apposizione di date differenti, andrebbe ad incidere gravemente sulle situazioni giuridiche degli interessati.
Anche la Corte Costituzionale, chiamata a pronunciarsi sulla materia, pur non ritenendo fondata la questione, ha tuttavia affermato che, alla luce di un’interpretazione costituzionalmente orientata del diritto vivente, per costituire dies a quo del termine per l’impugnazione, deve essere garantita la conoscibilità della data apposta in calce alla sentenza dal cancelliere. Ne deriva che in presenza di una seconda data, tale effetto si realizzi “esclusivamente in corrispondenza di quest’ultima, con la conseguenza che il ritardato adempimento, attestato dalla diversa data di pubblicazione, rende inoperante la dichiarazione dell’intervenuto deposito, pur se formalmente rispondente alla prescrizione normativa“.
Il deposito della sentenza: in cosa consiste e quando si realizza
La Corte di legittimità ha in primo luogo chiarito cosa deve intendersi per deposito della sentenza ed a quali precise attività del giudice e del cancelliere esso deve corrispondere.
Con riferimento ai primi due commi dell’art. 133 c.p.c., la pubblicazione non è un’attività posteriore o diversa dal deposito, ma si identifica con esso, essendo il deposito l’atto per mezzo del quale la sentenza è resa pubblica, e non essendo logicamente ipotizzabile una pubblicazione come attività autonoma del cancelliere, diversa e successiva rispetto al deposito.
A tal riguardo, è precisamente con l’inserimento nell’elenco cronologico delle sentenze che si realizza ufficialmente il “deposito in cancelleria” della sentenza e, al contempo, la pubblicità necessaria alla conoscibilità della stessa, essendo questo peraltro l’unico modo per attribuire significato ad una norma che prevede un deposito che è “strumento” della pubblicazione e al contempo con essa coincide.
A partire dal deposito, sarebbe dunque assicurata (se non la conoscenza, di certo) la conoscibilità della sentenza, nel senso che il difensore, con la diligenza dovuta, recandosi periodicamente in cancelleria per informarsi sull’esito di una causa della quale conosce la data di deliberazione, potrebbe, a partire dal momento del deposito, stante l’annotazione nell’elenco cronologico, venirne a conoscenza ed estrarne copia.
Apposizione di doppia data (di deposito e di pubblicazione) in calce alla sentenza
Una volta identificate le attività nelle quali si sostanzia il “deposito” della sentenza, per individuare il momento in cui esso è avvenuto (quindi il momento dal quale decorre il termine per impugnare) sarà sufficiente accertare quando le suddette attività sono state poste in essere. In altre parole va individuato il momento in cui la sentenza è divenuta “conoscibile”.
Come già evidenziato, la Suprema Corte ha individuato tale momento nell’iscrizione della sentenza nell’elenco cronologico. Ne deriva che la prova del momento a partire dal quale la parte diligente, recandosi in cancelleria, avrebbe potuto venire a conoscenza dell’esistenza della sentenza e del suo deposito può consistere in un’attestazione della data di iscrizione della sentenza nell’elenco cronologico. La relativa produzione può avvenire sia ad opera dell’impugnante che ha interesse a dimostrare la tempestività della propria impugnazione sia, in ipotesi, ad opera della controparte che abbia interesse al rilievo di un eventuale giudicato.
In difetto di prova documentale sarà sempre possibile ricorrere ad altri mezzi di prova tra i quali non può annoverarsi la presunzione legale ma può certamente prendersi in considerazione “la praesumptio hominis di cui all’art. 2729 c.c., alla quale il giudice può ricorrere secondo il suo prudente apprezzamento in presenza di indizi gravi, precisi e concordanti, e può altresì in ultima analisi farsi ricorso alla regola di giudizio di cui all’art. 2697 c.c., spettando all’impugnante provare la tempestività della propria impugnazione“.
Peraltro, tale ricostruzione non lascia evidentemente spazio alcuno ad una rimessione in termini: se infatti l’inizio del decorso del termine lungo per impugnare coincide col momento di effettiva possibilità che la parte venga a conoscenza dell’avvenuto deposito non si ravvede alcuna “grave difficoltà” per l’esercizio del diritto di difesa.
Il principio di diritto
Alla luce di quanto rilevato, le Sezioni Unite hanno pertanto affermato il seguente principio di diritto:
“Il deposito e la pubblicazione della sentenza coincidono e si realizzano nel momento in cui il deposito ufficiale in cancelleria determina l’inserimento della sentenza nell’elenco cronologico con attribuzione del relativo numero identificativo e conseguente possibilità per gli interessati di venirne a conoscenza e richiederne copia autentica: da tale momento la sentenza “esiste” a tutti gli effetti e comincia a decorrere il cosiddetto termine lungo per la sua impugnazione.
Nel caso in cui risulti realizzata una impropria scissione tra i momenti di deposito e pubblicazione attraverso l’apposizione in calce alla sentenza di due diverse date, il giudice tenuto a verificare la tempestività dell’impugnazione proposta deve accertare – attraverso un’istruttoria documentale o, in mancanza, il ricorso, se del caso, alla presunzione semplice ovvero, in ultima analisi, alla regola di giudizio di cui all’art. 2697 c.c., alla stregua della quale spetta all’impugnante provare la tempestività della propria impugnazione – il momento di decorrenza del termine d’impugnazione, perciò il momento in cui la sentenza è divenuta conoscibile attraverso il deposito ufficiale in cancelleria comportante l’inserimento di essa nell’elenco cronologico delle sentenze e l’attribuzione del relativo numero identificativo”.