Videosorveglianza in esercizio commerciale: chiarimenti della Cassazione sugli obblighi di informativa ex art. 13 del Codice della Privacy

Corte di Cassazione, sez. II civile, sentenza n. 13663 del 5 luglio 2016

Con la sentenza n. 13663 del 5 luglio 2016, la seconda sezione civile della Corte di Cassazione ha chiarito, in materia di dati personali, le modalità in cui i clienti di un esercizio commerciale devono essere informati della presenza di un sistema di videosorveglianza.

Il caso in esame: omessa informazione del sistema di videosorveglianza

Nel caso di specie, il titolare di una farmacia era stato sanzionato dal Garante per la protezione dei dati personali per violazione dell’art. 13 del d. lgs. n. 196/2003: egli aveva infatti omesso di informare i clienti della presenza di una telecamera posizionata all’esterno dell’edificio con videosorveglianza dell’ingresso principale. In particolare, nonostante fosse predisposto un sistema di videosorveglianza dei locali con immagini riprese in diretta, visibili su un monitor e registrate su hard disk, era stata ravvisata la presenza di un solo cartello collocato su parete interna della farmacia (dunque non visibile all’esterno).

Il giudice di primo grado accoglieva l’opposizione della farmacia e annullava la sanzione, rilevando che all’epoca della contestazione fosse ancora in vigore il primo provvedimento adottato dal Garante nel 2004, il quale prescriveva: “gli interessati devono essere informati che stanno per accedere o che si trovano in zona videosorvegliata…”, mentre solo il provvedimento del 2010 avrebbe prescritto l’onere che l’interessato debba essere “previamente informato” che sta per accedere in una zona sorvegliata. Il Garante ricorreva pertanto in Cassazione.

L’informativa ex art. 13 del d.lgs. n. 196 del 2003

Sul punto, la Suprema Corte ha in primo luogo ribadito che l’immagine di una persona costituisce dato personale, rilevante ai sensi dell’art. 4, comma 1, lett. b), del codice della privacy: si tratta infatti di un dato immediatamente idoneo a identificare una persona a prescindere dalla sua notorietà.

Ne consegue che anche l’installazione di un impianto di videosorveglianza all’interno di un esercizio commerciale, allo scopo di controllare l’accesso degli avventori, costituisce trattamento di dati personali e “deve formare oggetto dell’informativa di cui all’art. 13 del d.lgs. n. 196 del 2003, rivolta ai soggetti che facciano ingresso nel locale” (v. Cass. n. 17440/2015).

Com’è noto, la citata disposizione del Codice della privacy dispone che l’interessato o la persona presso la quale sono raccolti i dati personali devono essere “previamente informati oralmente o per iscritto” del trattamento. A tal riguardo, la Corte ha evidenziato che per il dettato dell’art. 13 citato, l’informativa ai soggetti che facessero ingresso in un locale chiuso (quale un locale commerciale) deve intendersi necessaria prima che gli interessati accedano nella zona videosorvegliata, potendosi spiegare la diversa previsione di cui al primo provvedimento del Garante del 29 aprile 2004 – secondo cui l’informativa va rivolta a coloro che già “si trovano in una zona videosorvegliata” – con esclusivo riguardo agli spazi aperti.

La tempestività dell’informativa è infatti necessariamente strumentale alla validità del consenso espresso dell’interessato al trattamento dei dati, salvi i casi in cui da esso possa prescindersi (v. art. 24 del Codice della privacy), “non potendo tale consenso non essere preventivo rispetto all’inizio del trattamento stesso, nella specie consistente nella raccolta delle immagini delle persone che accedono nel locale e vengono riprese dalla videocamera“.

Il principio di diritto

Sulla scorta di quanto affermato, la Corte di legittimità, accolto il ricorso e cassato la sentenza impugnata, ha pertanto affermato il seguente principio di diritto:

“L’installazione di un impianto di video sorveglianza all’interno di un esercizio commerciale, costituendo trattamento di dati personali, deve formare oggetto di previa informativa, ex art. 13 del d.lgs. n. 196 dei 2003, resa ai soggetti interessati prima che facciano accesso nell’area video sorvegliata, mediante supporto da collocare perciò fuori del raggio d’azione delle telecamere che consentono la raccolta delle immagini delle persone e danno così inizio al trattamento stesso”

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