Contributi forensi e la responsabilità dell’Agenzia delle Entrate

L’ordinanza interlocutoria della Corte di Cassazione affronta la questione giuridica relativa alla gestione dei contributi forensi da parte dell’Agenzia delle Entrate – Riscossione, subentrata a Equitalia Sud. Il contenzioso verte sull’obbligo di riscossione di contributi per un importo di oltre 22 milioni di euro vantati dalla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense, contributi iscritti a ruolo tra il 1996 e il 2008. La Cassa contesta l’operato dell’esattore, accusato di non aver agito con la necessaria diligenza nel recupero dei crediti e di non aver fornito adeguata rendicontazione. Al centro della controversia vi è l’applicazione di diverse normative e la possibile violazione di principi costituzionali e di diritto europeo.

Corte di Cassazione- Sez. I. -ord. int. n. 24043 del 06-09-2024

 Il contesto normativo e le modifiche legislative

Fino al 1999, il sistema di riscossione prevedeva il principio del “non riscosso come riscosso”, secondo il quale l’esattore era tenuto a versare alla Cassa Forense le somme iscritte a ruolo anche se non effettivamente riscosse, con la possibilità di ottenere il discarico per inesigibilità solo a determinate condizioni. Questo regime, disciplinato dal D.P.R. 43/1988, è stato abrogato con l’entrata in vigore del D.Lgs. 112/1999, che ha introdotto un diverso sistema, basato sul principio secondo cui l’esattore doveva riversare alla Cassa solo le somme effettivamente incassate. Tuttavia, le modifiche legislative non si sono fermate qui: la L. 228/2012 ha disposto l’annullamento automatico dei crediti iscritti a ruolo fino al 31 dicembre 1999 per importi inferiori a € 2.000,00, nonché il discarico automatico per i crediti di importo superiore a tale cifra.

Per quanto riguarda i ruoli successivi al 1999, la legge di stabilità 2015 ha ulteriormente modificato il quadro normativo, prorogando i termini per la presentazione delle comunicazioni di inesigibilità e introducendo il cosiddetto meccanismo “scalare inverso” per la gestione delle partite creditorie affidate all’esattore. La norma ha avuto un impatto retroattivo, incidendo sui crediti iscritti a ruolo tra il 2000 e il 2008, e sollevando questioni di legittimità costituzionale e di rispetto dei diritti della Cassa.

Questioni di diritto e motivi del ricorso

La Cassa Forense ha presentato ricorso per cassazione contro la sentenza della Corte di Appello di Roma, sollevando sette motivi. Tra questi, spicca la contestazione dell’applicazione della L. 228/2012, nella parte in cui prevede l’annullamento automatico dei crediti antecedenti al 1999. La Cassa sostiene che l’esattore non abbia adempiuto ai propri obblighi di rendicontazione e informazione, omettendo di agire con la necessaria diligenza per il recupero dei crediti iscritti a ruolo. La Cassa contesta anche l’applicazione retroattiva delle modifiche introdotte dalla Legge di Stabilità 2015, che avrebbero inciso sui suoi diritti, sostenendo che tali norme non possono essere applicate ai crediti per cui erano già maturate le decadenze.

Un altro motivo di ricorso riguarda la legittimità costituzionale delle norme in questione. La Cassa ha infatti sollevato la questione di costituzionalità dell’art. 1, commi 527 e seguenti, della Legge 228/2012, in relazione agli articoli 3, 38, 41 e 42 della Costituzione, nonché agli articoli 6 e 1 del Prot. add. della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU).

Compatibilità con il diritto UE

Una parte rilevante del ricorso ha riguardato anche la presunta incompatibilità delle norme nazionali con il diritto UE. La Cassa Forense ha sostenuto che il regime di favore introdotto con la Legge di Stabilità 2015 costituisca un aiuto di Stato a favore degli esattori, in violazione degli articoli 107 e 108 del TFUE. Secondo la Cassa, l’esattore avrebbe beneficiato di un trattamento di favore, in quanto esonerato dall’obbligo di versare i crediti non riscossi senza adeguate garanzie per la parte creditrice. Per questo motivo, la Cassa ha chiesto il rinvio pregiudiziale alla CGUE per valutare la conformità della normativa interna con le disposizioni europee in materia di concorrenza e aiuti di Stato.

La rimessione alle Sezioni Unite

La I sezione civile, nel valutare il ricorso, ha rilevato la complessità delle questioni sollevate, in particolare per quanto riguarda i ruoli successivi al 1999. La giurisprudenza precedente si era già pronunciata sui crediti anteriori al 1999, stabilendo che l’annullamento dei ruoli non coincide con l’annullamento del credito sottostante, che può comunque essere recuperato tramite le vie ordinarie. Tuttavia, per quanto riguarda i ruoli successivi al 1999, non vi sono precedenti consolidati che trattino specificamente l’applicabilità delle modifiche introdotte dalla Legge di Stabilità 2015.

Le questioni di diritto sollevate dalla Cassa riguardano l’applicazione retroattiva delle norme e la loro compatibilità con i principi costituzionali e convenzionali. In particolare, la Cassa ha contestato che la proroga dei termini per la presentazione delle comunicazioni di inesigibilità, e l’eliminazione della responsabilità per mala gestio dell’esattore, avessero inciso indebitamente sui suoi diritti, alterando il corso del giudizio in favore dell’esattore.

Violazione del principio del giusto processo

Un altro punto centrale del ricorso ha riguardato la presunta violazione dell’art. 6 CEDU, che garantisce il diritto a un giusto processo. In particolare, si è contestato che le norme abbiano influenzato l’esito del giudizio, favorendo l’esattore e privando la Cassa del diritto di vedere rispettati i propri crediti. Questo intervento normativo sarebbe in contrasto con il principio della parità delle parti e con il diritto a un processo equo, in quanto avrebbe modificato le regole sostanziali che governavano il rapporto tra le parti.

Conclusioni

L’ordinanza interlocutoria pone in evidenza la necessità di un approfondimento delle questioni giuridiche sollevate, in particolare per quanto riguarda la legittimità costituzionale e la compatibilità delle norme nazionali con il diritto europeo. Le problematiche relative alla retroattività delle leggi e alla loro incidenza sui diritti dei creditori previdenziali sollevano interrogativi rilevanti sul bilanciamento tra l’esigenza di efficienza della riscossione dei contributi e la tutela dei diritti degli enti previdenziali.

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