Divorzio e scioglimento della comunione: criteri per la formazione e l’attribuzione delle porzioni

La Seconda Sezione Civile della Cassazione, con la sentenza n. 25244 del 15 settembre 2025, si è pronunciata sulla distinzione tra i criteri da applicare nella formazione delle porzioni e quelli rilevanti per la loro successiva attribuzione nel procedimento di scioglimento della comunione tra coniugi divorziati. Il Formulario commentato della famiglia e delle persone, acquistabile cliccando su Shop Maggioli o su Amazon, si configura come uno strumento completo e operativo per impostare un’efficace strategia difensiva.

Formulario commentato della famiglia e delle persone

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Lucilla Nigro
Autore di formulari giuridici, unitamente al padre avv. Benito Nigro, dall’anno 1990. Avvocato cassazionista, Mediatore civile e Giudice ausiliario presso la Corte di Appello di Napoli, sino al dicembre 2022, è attualmente Giudice ordinario di pace.

 

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Analisi del caso

La vicenda trae origine da un’azione di divisione promossa dall’ex moglie nei confronti dell’ex marito per lo scioglimento della comunione su due distinti complessi immobiliari. Il primo immobile (blocco A) comprendeva la casa coniugale e l’ambulatorio veterinario dell’ex coniuge, mentre il secondo (blocco B) era costituito da due appartamenti, uno dei quali gravato da diritto di usufrutto in favore della madre della ricorrente.

La ricorrente sosteneva che ciascun blocco dovesse essere assegnato per intero a uno dei condividenti, con corresponsione del relativo conguaglio, argomentando sulla base di diverse considerazioni: la maggiore entità della propria quota sul blocco A, la titolarità del diritto di abitazione sulla casa familiare, l’intervenuta estinzione del diritto di usufrutto della madre, l’indivisibilità pratica dei due complessi e l’elevata conflittualità tra le parti.

Tanto il Tribunale di Pesaro quanto la Corte d’Appello di Ancona hanno rigettato le richieste della ricorrente, optando per una divisione che suddivideva ciascun blocco in più unità immobiliari. I giudici di merito hanno motivato la decisione valorizzando principalmente:

  • la necessità di contenere l’entità del conguaglio;
  • l’interesse di ciascuna parte a rimanere nella disponibilità dell’immobile già in uso;
  • l’autonomia strutturale e funzionale delle diverse unità immobiliari;
  • la comoda divisibilità dei beni dal punto di vista tecnico.

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La decisione della Cassazione

Il principio di diritto enunciato

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, enunciando il seguente principio di diritto:

“In sede di scioglimento della comunione, il giudice di merito, ai fini della formazione delle porzioni corrispondenti alle quote ideali spettanti a ciascun condividente, deve tener conto esclusivamente delle caratteristiche oggettive degli immobili dividendi, ossia degli aspetti strutturali e di quelli funzionali […] ma non anche di quelle soggettive, quali l’attuale destinazione del bene impressa dalle parti o la conflittualità esistente tra le stesse, che possono, invece, rilevare nella sola fase successiva dell’attribuzione delle porzioni in luogo del sorteggio in caso di quote uguali.”.

La distinzione tra formazione e attribuzione delle porzioni

La Corte ha chiarito che il procedimento divisionale si articola in due fasi ben distinte:

  1. fase di formazione delle porzioni: deve essere fondata esclusivamente su criteri oggettivi, valutando gli aspetti strutturali (costi e complessità delle operazioni divisionali, imposizione di pesi e servitù) e funzionali (pregiudizio al valore economico, deviazione dalla normale utilizzazione);
  2. fase di attribuzione delle porzioni: può essere influenzata anche da aspetti soggettivi, come l’attuale destinazione impressa dalle parti o l’impossibile coabitazione.

I criteri della “non comoda divisibilità”

La sentenza ha richiamato e sistematizzato la consolidata giurisprudenza sui criteri per valutare la “non comoda divisibilità” di un bene:

  • aspetto strutturale: quando la divisione richiede accorgimenti troppo costosi o complessi o l’imposizione di pesi eccessivi;
  • aspetto funzionale: quando la divisione provocherebbe un pregiudizio sensibile al valore economico o una grave deviazione dalla normale utilizzazione.

Il bene può considerarsi indivisibile quando:

  • le porzioni risultanti sarebbero inidonee alla funzione economica dell’intero;
  • si determinerebbero servitù o limitazioni eccessive;
  • la divisione richiederebbe spese rilevanti o procedure troppo complesse;
  • si genererebbero conguagli di misura eccessivamente elevata.

L’errore dei giudici di merito

La Cassazione ha censurato il ragionamento dei giudici di merito per aver sovrapposto le due fasi del procedimento divisionale, considerando nella formazione delle porzioni elementi che avrebbero dovuto rilevare solo nella successiva fase di attribuzione. In particolare, è stato ritenuto erroneo valorizzare l’attuale destinazione d’uso dei beni e l’esigenza di preservare la situazione esistente.

Conclusioni

La sentenza ribadisce la netta separazione, in sede di scioglimento della comunione, tra la fase di formazione delle porzioni, governata esclusivamente da criteri oggettivi (caratteristiche strutturali e funzionali dei beni, non comoda divisibilità), e la successiva attribuzione, nella quale possono rilevare profili soggettivi (destinazione impressa dalle parti, impossibile coabitazione). Ne discende che il giudice non può anticipare in sede di formazione valutazioni legate alla situazione di fatto tra i condividenti o all’utilità soggettiva dei beni.

Divorzio e scioglimento della comunione: in sintesi

Ecco infine una pratica e breve checklist per orientarsi nell’applicazione dei principi affermati dalla Seconda Sezione Civile della Cassazione con la sentenza n. 25244/2025.

Cosa si intende per “non comoda divisibilità” di un bene?

Un bene si considera “non comodamente divisibile” quando la sua suddivisione comporterebbe costi eccessivi, la creazione di servitù troppo gravose, un significativo deprezzamento del valore o l’attribuzione di porzioni inadeguate alla funzione economica originaria dell’immobile.

La conflittualità tra i condividenti può influenzare la decisione sulla divisibilità?

No, secondo la Cassazione la conflittualità è un elemento soggettivo che può essere considerato solo nella fase di attribuzione delle porzioni, non in quella di valutazione della loro formazione, che deve basarsi esclusivamente su criteri oggettivi.

La presenza di parti comuni impedisce sempre la divisione?

No, la presenza di parti comuni o la necessità di costituire un condominio non ostano alla divisione, purché sia garantito l’autonomo godimento delle singole porzioni e le servitù non risultino eccessivamente gravose.

Quando un conguaglio può considerarsi eccessivo?

Un conguaglio può essere considerato eccessivo quando la sua entità è sproporzionata rispetto al valore dei beni oggetto di divisione, rendendo la divisione in natura non conveniente rispetto alla vendita con ripartizione del ricavato.

L’attuale uso del bene da parte dei condividenti è rilevante?

L’attuale destinazione d’uso impressa dalle parti è irrilevante nella fase di formazione delle porzioni, ma può essere considerata nella successiva fase di attribuzione per decidere quale porzione assegnare a ciascun condividente.

Cosa succede se un bene viene dichiarato indivisibile?

Se un bene viene dichiarato indivisibile, può essere assegnato per intero a uno dei condividenti (preferibilmente quello con quota maggiore) con addebito dell’eccedenza, oppure può essere venduto all’incanto se nessuno ne chiede l’attribuzione.

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