Contratto a distanza concluso al telefono e non firmato: conseguenze e tutela del consumatore

in Giuricivile, 2018, 4 (ISSN 2532-201X)

L’accordo che scaturisce dalla proposta telefonica avanzata dal soggetto professionista nei confronti del consumatore[1] non risulta perfezionato per violazione dell’art. 51 commi 6 e 7 D. lgs. n.206/05 c.d. Codice del Consumo allorquando il professionista non ponga in essere ulteriori adempimenti funzionali ad una scelta di acquisto consapevole del contraente debole.

Il D. lgs n. 206/05 statuisce, invero, che i contratti a distanza, ovvero i contratti stipulati tra un professionista ed un consumatore, non presenti contemporaneamente nello stesso luogo, non possono perfezionarsi mediante un mero contatto telefonico, pena la violazione dei principi di tutela del cliente/fruitore/utente.

Sul punto è, infatti, da precisare che, secondo quando sancito dall’art. 51, comma 6 del Codice del Consumo, la conclusione del contratto deve essere necessariamente seguita dall’invio al consumatore della conferma della proposta contrattuale per iscritto o comunque su un supporto durevole.

Tale conferma deve comprendere tutte le informazioni precontrattuali sancite dall’art. 51, comma 7 del Codice del Consumo e deve essere inviata dal professionista, al più tardi, prima dell’inizio della fornitura del servizio ed in ogni caso prima della consegna del bene o del servizio oggetto di accordo.

In altre parole, secondo quanto sancito dal Codice del Consumo, per il consumatore il contratto a distanza si perfeziona solo mediante l’accettazione per iscritto dell’accordo inoltrato dal professionista.

È illegittima, in quanto viola la indicata norma precettiva, la condotta del professionista che non rispetta questo iter progressivo di formazione del contratto.

Per quanto sancito dalla pacifica dottrina civilistica, proposta ed accettazione costituiscono dichiarazioni negoziali che determinano la formazione del contratto da cui scaturiscono gli effetti del negozio. Nel contratto per adesione in materia consumeristica, nello specifico, la mancata accettazione per iscritto da parte dell’aderente della totalità delle clausole negoziali impedisce il perfezionamento del contratto.

A sanzionare le descritte condotte dei soggetti professionisti in danno dei consumatori è intervenuta anche l’AGCM ribadendo, con recenti provvedimenti[2], che l’accettazione telefonica del contratto, anche se registrata, deve essere accompagnata dall’invio delle condizioni dell’offerta per iscritto o su supporto durevole, pena lanon vincolatività” del contratto per il consumatore.

Ancora, si evidenzia che le indicate violazioni del professionista sono tali da determinare, oltre alla diretta violazione dell’art. 51 Codice del Consumo, l’inosservanza dell’art. 1325 c.c. in quanto il mancato inoltro delle condizioni contrattuali comporta l’impossibilità da parte del consumatore di esprimere pienamente il proprio consenso, determinando il venir meno di un elemento fondamentale della formazione contrattuale[3].

La violazione del combinato disposto degli artt. art. 1337 c.c. e 51 Cod. Cons.

La condotta della professionista che non garantisce al consumatore una adeguata conoscenza dei tratti salienti dell’accordo su supporto cartaceo o altro supporto duraturo, inoltre, determina un palese squilibrio di informazioni tra le parti ed a svantaggio del contraente debole, in violazione del combinato disposto dell’art. 1337 c.c., art. 51 Cod. Cons..

Tali norme comportano l’obbligo del professionista di agire con lealtà in tutte le fasi del rapporto contrattuale, a partire dal procedimento di formazione del contratto sino alla sua esecuzione, di modo che il consumatore possa esprimere una volontà informata almeno sulle principali caratteristiche del servizio oggetto di contratto.

Siffatta volontà deve essere consapevolmente plasmata sulle informazioni fornite dal professionista ex art. 1337 c.c.

Il predetto combinato disposto normativo comporta, in sostanza, il dovere generale di rispetto degli obblighi e divieti sanciti dalla legge ed assolve alla funzione di colmare le inevitabili differenze di conoscenza del prodotto oggetto di contratti del consumatore rispetto al professionista.

La condotta del professionista che non si confà a quanto stabilito dalle indicate disposizioni produce una lesione della formazione del consenso da parte del consumatore, determinando un pregiudizio per quest’ultimo[4].

La risoluzione contrattuale: la restituzione delle somme indebitamente prelevate e profili risarcitori

La regolamentazione consumeristica in materia non è chiara nel definire le sorti dell’accordo a distanza meramente verbale tra professionista e consumatore. Tuttavia, anche qualora dovesse ritenersi perfezionato il suddetto accordo, la condotta del professionista che viene meno al rispetto delle norme codicistiche sulla formazione progressiva del contratto, sarebbe tale da determinare una violazione degli obblighi sanciti ex lege tra le parti, con conseguente diritto del consumatore ad agire per la risoluzione contrattuale, ai sensi dell’art. 1453 c.c.

L’effetto della risoluzione del contratto, stante la responsabilità – quantomeno precontrattuale – del professionista, determina sia l’obbligo di restituzione delle somme indebitamente percepite da quest’ultimo in base al contratto non perfezionato, sia il diritto al risarcimento del danno subito dal consumatore.

Per quanto concerne il profilo risarcitorio, è da rilevare, che il consumatore non informato correttamente debba essere risarcito per i danni patrimoniali e non patrimoniali subiti, derivanti dalla condotta abusiva del professionista.

In relazione alla sproporzione informativa derivante dalla illegittima condotta del professionista, inoltre, si evidenzia la risarcibilità del c.d. interesse negativo, ovvero del pregiudizio subito dal consumatore per aver impiegato risorse (anche immateriali) nella conclusione di un contratto invalido/inefficace.


[1] Per le definizioni di Professionista e Consumatore, cfr. D. lgs n.206/2005, art. 1 e ss.

[2] PS9981; PS9983; Delibera 664/06/CONS

[3] art. 51 cit

[4] Sul punto cfr. Cass. civ., sez. III, 8 ottobre 2008, n. 24795; Cass. civ., sez. I, 29 settembre 2005, n. 19024

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