
Con la sentenza n. 5841 del 05.03.2025, le Sezioni Unite sono finalmente intervenute per chiarire ogni questione relativa alla qualificazione del cd. mutuo solutorio. Nel corso degli anni era infatti sorto un acceso contrasto giurisprudenziale che ha richiesto l’intervento nomofilattico della Cassazione per rispondere a tre quesiti specifici:
- il mutuo solutorio è valido? In particolare, può considerarsi esistente una effettiva traditio delle somme date in mutuo quando le stesse siano contestualmente destinate a ripianare debiti pregressi?
- il mutuo solutorio costituisce, a tutti gli effetti, titolo esecutivo?
- il mutuo solutorio può considerarsi valido titolo esecutivo anche laddove il ripianamento delle passività mediante le somme erogate in mutuo, con operazione di giroconto, sia operato dalla Banca autonomamente e immediatamente, senza un effettivo consenso del mutuatario?
Mi chiamo Gabriele Voltaggio, sono un avvocato di Roma e questa è una nota alla sentenza n. 5841 del 5 marzo 2025 con la quale le Sezioni Unite hanno chiarito definitivamente ogni questione controversa in materia di mutuo solutorio. Vuoi leggere la sentenza integrale? La puoi consultare cliccando qui.
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Lucilla Nigro
Autrice di formulari giuridici, unitamente al padre avv. Benito Nigro, dall’anno 1990. Avvocato cassazionista, Mediatore civile e Giudice ausiliario presso la Corte di Appello di Napoli, sino al dicembre 2022.
Il primo quesito: il contrasto giurisprudenziale
Come già accennato in una nostra nota all’ordinanza di rimessione, sussisteva anzitutto un acceso contrasto giurisprudenziale in merito alla validità del mutuo solutorio.
Secondo un primo orientamento, di più recente formazione, il mutuo solutorio non sarebbe valido e dovrebbe essere qualificato piuttosto come pactum de non petendo ad tempus poichè:
- configura un’operazione meramente contabile non inquadrabile nel mutuo ipotecario;
- ha l’effetto sostanziale di dilatare le scadenza dei debiti pregressi e di modificare solamente il termine per l’adempimento, senza alcuna novazione dell’originaria obbligazione del correntista;
- non può ritenersi realizzata un’effettiva traditio delle somme quando queste siano contestualmente destinate a ripianare debiti pregressi;
- l’acquisizione della disponibilità delle somme non può ravvisarsi laddove la banca, già creditrice, realizzi il ripianamento del precedente debito proprio con le somme concesse in mutuo, senza un effettivo trasferimento e un concreto transito delle stesse dal patrimonio del debitore a quello dell’istituto di credito.
Al contrario, l’orientamento maggioritario e più risalente riteneva invece che il mutuo solutorio potesse considerarsi, a tutti gli effetti, valido in quanto:
- non è nullo, in quanto non contrario nè alla legge nè all’ordine pubblico;
- l’accredito in conto corrente delle somme erogate è sufficiente ad integrare la datio rei tipica del mutuo;
- il mutuo si perfeziona nel momento in cui la somma mutuata, ancorchè non consegnata materialmente, sia posta nella disponibilità del mutuatario;
- la traditio e l’effettiva disponibilità delle somme sono effettivamente comprovate dall’estinzione del debito pregresso.
La decisione delle Sezioni Unite: il mutuo solutorio è valido
In primo luogo la Cassazione, partendo dai presupposti indispensabili previsti dalla legge in tema di contratto di mutuo e in particolare a quanto disposto dall’art. 1813 c.c., ha voluto chiarire il concetto di “disponibilità giuridica” delle somme erogate, passaggio cruciale per la risoluzione della prima questione esaminata.
Ebbene, secondo la Corte, il fatto che la banca mutuataria si riappropri immediatamente delle somme mutuate (circostanza che caratterizza l’operazione posta in essere con il mutuo solutorio), postula necessariamente che le somme siano prima transitate sul conto corrente del mutuatario o, comunque, siano pervenute nella sua disponibilità giuridica nel momento stesso dell’accredito sul proprio conto.
L’accredito in questione deve poi considerarsi, in effetti, un’operazione contabile, senza tuttavia svalutare tale nozione come sinonimo di operazione fittizia o apparente, ma piuttosto qualificandola come l’inserimento di una posta attiva in capo al correntista, idonea a comportare inevitabili mutamenti nel rapporto dare avere con la banca mutuante.
Di conseguenza, sostenere che il mutuo solutorio si riduca ad una partita contabile è un’affermazione poco efficace, soprattutto in un’epoca di grande diffusione della moneta elettronica, di progressiva dematerializzazione dei valori mobiliari e di loro sostituzione, per l’appunto, con annotazioni contabili, che costituiscono strumenti alternativi al trasferimento di denaro, introdotti con la specifica ratio di limitare la circolazione e l’uso di contante.
Il mutuo solutorio non è un pactum de non petendo
Ancora, le Sezioni Unite hanno voluto chiarire che il mutuo solutorio non costituisce un mutuo di scopo ma una figura contrattuale atipica, sempre riconducibile al contratto di mutuo e ad un suo particolare utilizzo.
Mentre nel mutuo di scopo la parte mutuataria, oltre ad obbligarsi alla restituzione delle somme erogate, si impegna a svolgere le attività necessarie per il raggiungimento di uno scopo, nel mutuo solutorio l’accredito delle somme erogate è infatti già condizione sufficiente ad integrare la datio rei propria del mutuo e a consentirne l’impiego per estinguere il debito già esistente.
E, d’altronde, se la consistenza del patrimonio del mutuatario risulta essere mutata con l’utilizzo del danaro ricevuto in mutuo per estinguere un debito verso il mutuante (e purgare il patrimonio di una posta negativa), uno spostamento di denaro deve essersi necessariamente verificato. Per l’effetto, non può dunque qualificarsi il mutuo solutorio come pactum de non petendo.
E, in ogni caso, anche qualora tale operazione mascheri un atto in frode ai creditori o un mezzo anomalo di pagamento, la circostanza rileverebbe sotto il profilo dell’inefficacia (tutelabile con revocatoria ordinaria o fallimentare), non certo dell’invalidità, non sussistendo alcuna violazione di norme imperative.
Le Sezioni Unite hanno perciò risolto il primo contrasto dando continuità all’orientamento favorevole a riconoscere la validità del mutuo solutorio, dovendosi ritenere il contratto perfettamente concluso con l’accredito delle somme sul conto corrente ed effettivamente conseguita la disponibilità giuridica delle stesse.
Mutuo solutorio e mutuo fondario: nessuna nullità
La Cassazione ha altresì chiarito che deve considerarsi valido il mutuo solutorio fondiario, non potendo configurare causa di nullità del contratto per mancanza di causa o la sua risoluzione per inadempimento, laddove questo sia finalizzato a ripianare debiti pregressi.
Anche per il mutuo fondiario, la causa del contratto non è infatti rappresentata dallo scopo del finanziamento, quanto piuttosto dall’immediata disponibilità di denaro (a fronte della concessione di una garanzia immobiliare ipotecaria) e dall’obbligo di restituzione della somma erogata.
Ne deriva che anche il mutuo fondiario non è un mutuo di scopo.
E per lo stesso motivo, non potrà considerarsi nullo nè risolvibile il contratto di mutuo nel quale la destinazione delle somme indicata nel contratto sia diversa da quella in concreto realizzata.
Il secondo quesito: il mutuo solutorio è valido titolo esecutivo
In continuità con il ragionamento seguito dalla Corte, è stato poi definito positivamente anche il secondo quesito, relativo alla possibilità di configurare il mutuo solutorio quale titolo esecutivo.
Secondo le Sezioni Unite, posto infatti che la destinazione delle somme mutuate al ripianamento di pregresse esposizioni, ancorchè immediato e realizzato attraverso una mera operazione contabile c.d. “di giro” non toglie, ma anzi presuppone, che il mutuo si sia perfezionato con l’accredito delle somme sul conto corrente, non può che concludersi riconoscendo nel contratto medesimo la ricorrenza dei requisiti di cui all’art. 474 c.p.c.
Conseguentemente, il mutuo solutorio costituisce valido titolo esecutivo.
Il terzo quesito: validità del mutuo solutorio in caso di ripianamento autonomo da parte della banca
Le Sezioni Unite hanno infine affrontato la controversa questione riguardante la possibilità di ritenere sussistente la disponibilità giuridica della somma a favore del mutuatario laddove il ripianamento dei debiti pregressi sia stato eseguito dalla banca “autonomamente e immediatamente con operazione di giroconto” e in mancanza di un effettivo consenso del mutuatario alla destinazione delle somme a tale fine.
Anche in questo caso, la Cassazione, partendo dalle precedenti considerazioni e dall’effetto contabile, economico e giuridico dell’accredito delle somme sul conto corrente del mutuatario, con conseguente mutamento della sua complessiva situazione debitoria/creditoria, ha riconosciuto la disponibilità giuridica delle somme e dunque il perfezionamento del contratto di mutuo.
Il rilievo relativo alla mancanza del consenso e all’autonomia della banca costituiscono dunque fatti distinti dal mutuo e dalla erogazione delle somme mediante accredito con il quale il contratto è stato perfezionato. E l’eventuale illiceità di quegli atti non è sufficiente a mettere in dubbio la realtà che li precede: e cioè l’accredito e la disponibilità giuridica che con esso si determina.
Il principio di diritto
Alla luce di quanto affermato, le Sezioni Unite hanno pertanto enunciato il seguente principio di diritto:
“Il perfezionamento del contratto di mutuo, con la conseguente nascita dell’obbligo di restituzione a carico del mutuatario, si verifica nel momento in cui la somma mutuata, ancorchè non consegnata materialmente, sia posta nella disponibilità giuridica del mutuatario medesimo, attraverso l’accredito su conto corrente, non rilevando in contrario che le somme stesse siano immediatamente destinate a ripianare pregresse esposizioni debitorie nei confronti della banca mutuante, costituendo tale destinazione frutto di atti dispositivi comunque distinti ed estranei alla fattispecie contrattuale.
Anche ove si verifichi tale destinazione, il contratto di mutuo (c.d. mutuo solutorio), in presenza dei requisiti previsti dall’art. 474 c.p.c., costituisce valido titolo esecutivo”