Questo articolo si prefigge l’obiettivo di analizzare in maniera sintetica il complesso sistema di ripartizione della giurisdizione civile tra Stato di invio e Stato di soggiorno in materia di illeciti civili commessi da personale militare estero di stanza presso una base NATO, non senza dare risalto alle particolari procedure di ADR specificamente previste dalla normativa internazionale pattizia che regola la materia. Oltre alla Convenzione di Londra, sono state esaminate la relativa Legge di ratifica, il Protocollo di Parigi del 28 agosto 1952, oltre alla giurisprudenza italiana. A tal ultimo riguardo, si registra una particolare carenza di precedenti, sopratutto in tema di illeciti aquiliani commessi da personale militare al di fuori delle funzioni, anche perché tutta la normativa tende a prediligere il ricorso a procedure di ristoro stragiudiziali.
Disciplina Pattizia dei Criteri di Riparto
L’Italia, come noto, è Paese membro del Patto Atlantico e come tale è sede di numerose basi NATO con personale militare straniero (in massima parte statunitense). A decorrere dall’anno 1949, conclusa la Seconda Guerra Mondiale, con la firma del Trattato del Nord Atlantico avvenuta a Washington, è stato previsto un meccanismo di cooperazione tra parti contraenti che garantisse reciproca assistenza militare.
Più precisamente, con la Convenzione di Londra firmata il 19 giugno 1951, si sono successivamente predisposte le norme generali relative alla presenza di personale di uno o più paesi NATO sul territorio di un altro Paese dell’Alleanza, con regolamentazione dello status delle forze armate degli Stati membri dell’Alleanza atlantica. Sono stati quindi disciplinati aspetti fondamentali dei rapporti fra Stati alleati, come la ripartizione della giurisdizione fra Stato territoriale e Stato di appartenenza dei componenti delle forze armate alleate che si rendano autori di reati o comunque di illeciti civili.
In materia penale la giurisdizione è suddivisa secondo criteri di riparto tra lo Stato di origine e quello di soggiorno piuttosto complessi, sintetizzabili a seconda del tipo di reato commesso, in base al fatto che l’illecito risulti punibile penalmente in uno solo degli ordinamenti o in entrambi e a seconda della circostanza se l’illecito derivi da azioni o omissioni verificatesi in servizio.
Anche in materia di responsabilità civile i criteri di riparto della giurisdizione appaiono altrettanto -se non più- complessi.
In via preliminare, si può affermare che per determinare la procedura corretta per il ristoro dei danni subiti, è necessario distinguere se il danneggiamento riguarda un bene (mobile o immobile) o una persona, e se l’illecito sia stato commesso da un militare o un elemento civile nell’esercizio delle funzioni ovvero al di fuori di esse.
A tal riguardo, l’art. 8 della Convenzione firmata a Londra il 19 giugno 1951 (c.d. Trattato di Londra o NATO SOFA), ratificata in Italia con la Legge n. 1335 del 1955, prevede innanzitutto una preventiva rinuncia da parte degli Stati contraenti all’esercizio della propria giurisdizione civile per danni materiali a beni delle rispettive forze armate, qualora siano essi causati in servizio. Se i danni hanno ad oggetto altri beni di proprietà dello Stato di soggiorno da parte di uno Stato membro, il contenzioso è risolto tramite arbitrato. Se le conseguenze dannose superano un certo ammontare (USD 1.400,00), è stabilito che il contenzioso sia risolto tramite arbitrato (comma 2, lett. a), mentre per importi inferiori lo Stato danneggiato rinuncerà all’esercizio della propria giurisdizione. La rinuncia all’esercizio della propria giurisdizione è prevista anche in caso di lesioni o morte di un proprio militare (comma 4).
Differentemente, in caso di danni arrecati a terzi in conseguenza di atti o omissioni verificatisi in servizio sul territorio dello Stato di soggiorno, è prevista la giurisdizione dello Stato territoriale il quale si sostituisce processualmente allo Stato di origine quale convenuto (art. 8, comma 5).
Procedura di Indennizzo: Atti Iure Imperi e Atti Di Natura Privata
È prevista una particolare procedura di indennizzo che segue le leggi dello Stato di soggiorno.
L’indennizzo è riconosciuto direttamente dalla Autorità dello Stato territoriale che, successivamente, comunica alla Autorità dello Stato di invio l’avvenuto pagamento e il suo ammontare (comma 5, lett. a) e b). Nel caso in cui i danni siano imputabili ad un unico Stato di origine, questo verserà una percentuale del risarcimento predeterminata allo Stato di soggiorno (comma 5, lett. e), I e II).
In caso di illecito commesso nell’ambito delle funzioni, il comma 5, lett. g) dell’articolo in esame, sancisce espressamente l’impossibilità di dare esecuzione ad una sentenza di condanna pronunciata nei confronti di un militare appartenente allo Stato di invio dallo Stato territoriale.
Diverso è il caso di illeciti civili commessi da una forza armata o da un elemento civile fondati su azioni o omissioni commessi fuori dall’esercizio delle funzioni ufficiali (art. 8, comma 6).
In questi casi, le Autorità dello Stato territoriale dovranno mediare tra il soggetto danneggiato e lo Stato di origine, il quale potrà offrire, in via stragiudiziale e a titolo conciliativo, una somma a titolo di indennizzo (comma 6, lett. a) e b)). Nel caso in cui l’offerta fosse accettata dalla parte danneggiata, il pagamento è effettuato direttamente dalla Autorità competente dello Stato di origine, previa comunicazione allo Stato di soggiorno (comma 6, lett. c)). Non viene meno la giurisdizione dello Stato di soggiorno, sempre che non sia avvenuto il pagamento a piena soddisfazione della domanda di indennizzo (comma 6, lett. d)).
Più precisamente, tale ultima disposizione stabilisce che, in questi ultimi tipi di illeciti, “le disposizioni del presente paragrafo non impediscono in alcun modo alla giurisdizione dello Stato ricevente di statuire sull’eventuale azione giudiziaria intentata contro un membro di una forza armata o di un elemento civile, nel caso in cui non sia stato effettuato un pagamento interamente soddisfacente”.
Solamente nel caso in cui sorga controversia circa la natura privata o iure imperii della condotta costituente illecito, la questione sarà risolta tramite arbitrato (art. 8, comma, 8).
Giurisprudenza e Nozione Della Immunita’ Ristretta
Infine, l’art. 8, comma 9 della Convenzione stabilisce che per gli Stati di invio, è possibile proporre richiesta di immunità per il proprio personale innanzi il giudice dello Stato territoriale.
A tale ultimo riguardo, si osserva come la distinzione tra atto iure imperii e di natura privata, appare di particolare interesse e diverse sono le sentenze in tema di responsabilità sostitutiva dello Stato di soggiorno così come in tema di immunità.
Ad esempio, in punto di danni arrecati a terzi da fatti colposi dei militari o di elementi civili delle forze armate della NATO commessi in servizio, già in passato la Corte di Cassazione intervenne per delineare il perimetro della sussistenza della responsabilità sostitutiva dello Stato di soggiorno, escludendola con riferimento alle amministrazioni militari alleate, per circoscriverla in maniera più precisa ai singoli militari, purchè dipendenti di un comando militare NATO e di cittadinanza differente da quello dello Stato sul cui territorio la forza è in servizio.
In tema di risarcimento del danno determinatosi in servizio e prodotto da veicolo di proprietà di un militare NATO di cittadinanza straniera, anche la giurisprudenza di merito rinvenuta sembra essere concorde nel ritenere ravvisabile la legittimazione passiva del Ministero della Difesa in ordine alla domanda per ottenere il risarcimento.
Diverse, inoltre, sono le pronunce in tema di contenzioso sul rapporto di lavoro svolto in Italia presso una base militare alle dipendenze delle forze armate. Tali provvedimenti non possono essere analizzati nel presente scritto, in quanto aventi ad oggetto la materia giuslavoristica.
Tuttavia, di particolare interesse e connessa all’analisi circa il riparto della giurisdizione civile in tema di illecito extracontrattuale, in punto di limiti e nozione di immunità dalla giurisdizione si rinviene una recente sentenza della Corte di Cassazione resa a Sezioni Unite nell’anno 2022, la quale accoglie il principio della c.d. immunità ristretta, laddove si afferma che “solo la regola dell’immunità ristretta risulta compatibile con i controlimiti posti dall’ordinamento costituzionale italiano […]. Il diritto di accesso al giudice è infatti immanente al diritto all’equo processo sancito dall’art. 6 CEDU, e il riconoscimento dell’immunità, se non calibrata sul perseguimento di uno scopo legittimo di salvaguardia delle relazioni tra gli Stati grazie al rispetto del principio di sovranità, può determinare un’ingiustificata compressione di tale diritto”.
Questa, secondo la Corte di Cassazione, risulta essere l’unica nozione compatibile con i controlimiti posti dall’ordinamento costituzionale italiano, in base al necessario bilanciamento con il diritto umano fondamentale di accesso a un giudice.
Tuttavia, è doveroso rilevare come, con specifico riferimenti alle condotte esulanti dalle funzioni, si evidenziano rari precedenti sul punto, sia in materia penale che civile.
Conclusioni
In conclusione, si rileva una particolare complessità delle regole di riparto della giurisdizione civile. Inoltre, con particolare riferimento alla materia della responsabilità civile da illecito aquiliano, la disciplina prevista nella Convenzione di Londra sembra innanzitutto favorire la risoluzione di eventuali dispute mediante procedure stragiudiziali, senza che ciò determini l’esclusione della giurisdizione dello Stato di soggiorno, sempre tenuto conto della particolare differenza tra condotte iure imperii e condotte commesse fuori dall’esercizio delle funzioni, distinzione prodromica per stabilire la legittimazione passiva in giudizio dello Stato di soggiorno.
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