Prescrizione per risarcimento danni ai revisori legali dei conti

La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 115 del 2024, ha stabilito che il termine di prescrizione per risarcimento del danno richiesto dalla società contro i revisori legali dei conti decorre dalla data di deposito della relazione sul bilancio.

La questione

Con un’ordinanza del 6 settembre 2023, il Tribunale di Milano ha sollevato una questione di legittimità costituzionale relativa all’art. 15, comma 3, del d.lgs. n. 39 del 2010. La norma in questione stabilisce che il termine di prescrizione per le azioni di responsabilità contro i revisori legali dei conti e le società di revisione decorre a far data della relazione di revisione sul bilancio d’esercizio o consolidato.
La questione è emersa nell’ambito di una causa di risarcimento danni promossa dal curatore fallimentare di una società per azioni contro l’ex revisore legale, accusato di mancati controlli contabili e violazioni dei doveri di diligenza.
La convenuta ha sollevato l’eccezione di prescrizione, sostenendo che il termine quinquennale fosse scaduto prima della notifica dell’atto di citazione. Tuttavia, il Tribunale ha ritenuto che la norma violasse il disposto di cui all’art. 3 Cost., per irragionevole disparità di trattamento e intrinseca irragionevolezza, nonché l‘art. 24 Cost., poiché ostacolerebbe l’esercizio del diritto risarcitorio.

Il dubbio di legittimità costituzionale

Nel dubitare della legittimità costituzionale dell’art. 15, comma 3, del d.lgs. n. 39 del 2010, il giudice rimettente ha sostenuto che, secondo il diritto vivente riferito agli artt. 2935 e 2947 c.c., il termine di prescrizione per il risarcimento del danno debba iniziare a decorrere dal momento in cui il danno diventa con oggettività conoscibile.
Secondo il giudice a quo, un tale principio dovrebbe applicarsi anche alle azioni di responsabilità contro amministratori e sindaci, poiché solo allora il danneggiato può esercitare il suo diritto in concreto.
La fissazione del termine di  decorrenza del termine di prescrizione dalla data della relazione di revisione, comporta, per il rimettente, una disparità di trattamento rispetto a quanto previsto per altre azioni risarcitorie, risultando, per questi motivi irragionevole.

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Differenza di regime prescrizionale per amministratori, sindaci e revisori

Tuttavia, secondo il giudice delle Leggi, la questione sollevata in riferimento all’art. 3 Cost. non può trovare fondamento.
La differenza di ruolo tra amministratori, sindaci e revisori giustifica un diverso regime prescrizionale. Inoltre, l’interpretazione secondo cui il termine di prescrizione decorre dalla conoscibilità del danno non è consolidata per tutte le azioni di responsabilità societaria. Pertanto, l’art. 15, comma 3, del d.lgs. n. 39 del 2010, che stabilisce come dies a quo il deposito della relazione di revisione, non costituisce una violazione dei principi di uguaglianza e ragionevolezza sanciti dalla Costituzione.
Mentre sul rischio che una condotta dolosa del revisore possa occultare i danni cagionati alla società, i giudici della Corte costituzionale hanno osservato  che in tali casi trova applicazione una causa di sospensione della decorrenza del termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno spettante alla società nei confronti del revisore. L’art. 2941, primo comma, numero 8), c.c., dispone infatti che “la prescrizione rimane sospesa […] tra il debitore che ha dolosamente occultato l’esistenza del debito e il creditore, finché il dolo non sia stato scoperto”.
Il revisore, avendo l’obbligo di garantire che il bilancio rappresenti in maniera veritiera e la situazione patrimoniale e finanziaria della società, nel caso in cui ometta con dolo di segnalare anomalie, si comporta come se celasse deliberatamente il proprio debito, determinando la sospensione del termine di prescrizione.

Azione risarcitoria di soci e terzi nei confronti del revisore

Considerando poi l’azione risarcitoria esercitabile da soci e terzi ai sensi dell’art. 15, comma 1, del d.lgs. n. 39 del 2010, i giudici della Corte costituzionale evidenziano che il deposito della relazione da parte del revisore non costituisce di per sé un atto dannoso sicché soci e terzi possono agire contro il revisore solo dimostrando che la revisione sia stata erronea o incompleta e che tale errore abbia causato loro un danno. Di conseguenza, il termine di prescrizione non può decorrere dal deposito della relazione, ma dal momento in cui si verificano i danni.
In definitiva, la Corte Costituzionale ha osservato che al fine di evitare contrasti con il principio di ragionevolezza e garantire la tutela del danneggiato, l’art. 15, comma 3, del d.lgs. n. 39 del 2010 dovrebbe applicarsi esclusivamente alle azioni promosse dalla società che ha conferito l’incarico di revisione. In tali casi, la riduzione del termine di prescrizione da dieci a cinque anni è giustificata.
Invece, per quanto riguarda le azioni risarcitorie di soci e terzi, la responsabilità è di natura extracontrattuale e si applica il termine di prescrizione quinquennale previsto dall’art. 2947 c.c., con decorrenza dal momento in cui il danno si manifesta.

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