CNF: conferma sanzione disciplinare per azioni sproporzionate

Il CNF ha esaminato un ricorso contro una delibera disciplinare del CDD di Trento. Un avvocato era stato sanzionato con un richiamo verbale per aver eseguito azioni giudiziarie sproporzionate, con un significativo aggravamento della  situazione debitoria del cliente. Il CNF ha confermato questa sanzione, ricordando l’importanza di mantenere comportamenti proporzionati e rispettosi del Codice Deontologico Forense, che impone agli avvocati di evitare azioni legali eccessivamente gravose e di agire con lealtà e correttezza professionale.

Cnf-94 pubblicato il 18-06- 2024

La questione

Un avvocato è stato sottoposto a procedimento disciplinare per violazione dell’art. 66 del Codice Deontologico Forense. L’accusa ha sostenuto che l’avv. avesse aggravato inutilmente la situazione debitoria del suo cliente debitore, pignorando tre immobili di valore significativamente superiore al credito effettivo vantato dal suo cliente.
Il procedimento è stato avviato a seguito di un esposto presentato nel 2015 dal suo cliente al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Bolzano.
Nell’esposto, il cliente lamentava che il suo avvocato aveva fatto notificare un atto di precetto per importi scorretti e richiesto il pignoramento immobiliare dopo undici giorni su beni di valore sproporzionato rispetto al credito azionato.
Il Consiglio Distrettuale di Disciplina  di Trento ha riscontrato l’infrazione, ritenendo l’azione dell’avvocato non giustificata dalle esigenze di tutela della parte assistita e inutilmente gravosa per la controparte. Tuttavia, vista la lieve entità dell’infrazione, il CDD di Trento ha disposto disposto solo il richiamo verbale.

Motivazione del CDD di Trento

Riconoscendo la condotta deontologicamente illecita, il Consiglio Distrettuale di Disciplina ha accolto la richiesta subordinata dell’avvocato ricorrente di riconoscere l’infrazione come lieve e scusabile. Siffatto riconoscimento è stato motivato da una serie di indici:
-il credito azionato riguardava una condanna per responsabilità processuale aggravata ai sensi dell’art. 96 c.p.c.; infatti, il debitore era stato condannato per comportamenti dilatori e resistenza temeraria;
-la richiesta di revoca dell’esecutività della sentenza di primo grado era basata su un  errore materiale e il debitore aveva contestato un precedente accordo con un esposto disciplinare, di seguito, archiviato.
– Infine, l’avvocato non aveva precedenti di natura disciplinare.

Tutela effettive della parte assistita

Con il primo motivo di ricorso, l’avvocato ha sostenuto che il CDD di Trento ha mancato di fornire elementi probatori sufficienti, poiché il credito iniziale del cliente era aumentato dalla somma poi oggetto di pignoramento sicché  il Fisco era intervenuto nella procedura esecutiva per un credito privilegiato.
Il CNF ha ritenuto infondato l’intero ricorso ma, in particolare, sul primo motivo, ha chiarito l’assenza del travisamento dei fatti: il pignoramento era basato su un credito effettivo di € 18.746,12 e riguardava tre cespiti immobiliari abitativi. La consistenza catastale e il valore elevato di tali immobili non sono stati contestati, come dimostrano le produzioni documentali dell’avvocato ricorrente, che confermano un valore complessivo superiore al milione e mezzo di euro.
Con il secondo motivo, l’incolpato ha difeso la legittimità del suo operato riguardo al pignoramento di immobili di valore superiore al credito vantato, sottolineando l’assenza di norme in grado di giustificare illegittimo un pignoramento in eccesso.
Il CNF ha ritenuto l’infondatezza del secondo motivo sicché l’art. 66 del Codice Deontologico Forense impone agli avvocati di evitare azioni che aggravino inutilmente la situazione debitoria della controparte. Secondo il Consiglio, il CDD ha giustamente ritenuto che l’avvocato avesse violato il principio di proporzionalità, visto la portata degli immobili oggetto del pignoramento

La condotta dell’avvocato

Con il terzo motivo, l’avvocato ha denunciato violazioni nell’interpretazione dell’art. 66 del Codice Deontologico, per via della mancanza di prove sull’aggravamento della situazione debitoria del debitore.
Il motivo è infondato. Il CDD ha correttamente valutato che la condotta dell’avvocato ha aggravato la situazione del debitore, immobilizzando un valore immobiliare ben superiore al credito azionato.
Nel quarto motivo di ricorso, il ricorrente ha criticato la decisione del Consiglio distrettuale di disciplina di escludere che il suo comportamento corrispondesse ad effettive ragioni di tutela della parte assistita.
In questo caso, il CDD ha ritenuto che l’avvocato avrebbe dovuto limitare il pignoramento a uno solo degli immobili, evitando un’eccedenza nel valore complessivo dei beni aggrediti.
Infine, l’avvocato  ricorrente ha denunciato l’illogicità della decisione del CDD, che, pur riconoscendo l’infrazione come lieve e scusabile, non ha giustificato pienamente la legittimità del suo operato, non portando quindi al pieno proscioglimento.
Pur riconoscendo l’infrazione come lieve e scusabile, il CNF ha chiarito che ciò non esclude la responsabilità deontologica dell’avvocato sulla portata della sua condotta.

Conclusioni

In definitiva, il CNF ha ribadito la portata assunta dall’art. 22 del Codice Deontologico Forense  ovvero che il richiamo verbale, pur non avendo natura di sanzione disciplinare, richiede per la sua applicazione l’accertamento di un illecito deontologico, anche se di lieve entità e scusabile. Nonostante non venga classificato come una sanzione disciplinare formale, il richiamo verbale rappresenta comunque un provvedimento afflittivo nei confronti del professionista coinvolto.

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