TFR in Fondo Pensione e assegno divorzile: i limiti del diritto alla quota

In ipotesi di divorzio l’ex coniuge titolare di assegno divorzile non ha diritto alla quota del TFR già conferito in un fondo pensionistico complementare prima della domanda di divorzio. Tuttavia, le prestazioni future derivanti da tale fondo possono influire sulla determinazione o modifica dell’assegno divorzile (Cass. Civ., Sezione I, Sent. n. 20132 del 18 luglio 2025). Per un approfondimento su questi temi, ti consigliamo il volume “I nuovi procedimenti di famiglia”, acquistabile cliccando su Shop Maggioli o su Amazon.

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Ida Grimaldi,
Avvocato cassazionista, esperta in materia di diritto di famiglia e tutela dei minori, lavoro e discriminazioni di genere. È docente e relatrice in numerosi convegni nazionali, dibattiti e corsi di formazione. Autrice e curatrice di diverse opere in materia di diritto di famiglia e minorile, lavoro e pari opportunità, scrive per numerose riviste giuridiche ed è componente del Comitato Scientifico della rivista “La Previdenza Forense”, quadrimestrale della Cassa di Assistenza e Previdenza Forense.

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Rapporto tra assegno divorzile e TFR versato in un fondo pensionistico complementare

Nel contenzioso che verte in ambito di divisione economica tra coniugi a seguito della cessazione degli effetti civili del matrimonio, assume peculiare rilevanza la disciplina dell’assegno divorzile e la correlata partecipazione al trattamento di fine rapporto percepito dall’ex consorte.

La tematica si fa più complessa in presenza di forme di previdenza complementare, in particolare quando il TFR, anziché essere percepito in modo diretto, viene conferito in un fondo pensionistico. La pronuncia della Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione n. 20132 del 18 luglio 2025 chiarisce un punto cruciale in materia di assegno divorzile e trattamento di fine rapporto (TFR) versato in fondi di previdenza complementare prima dell’instaurazione del giudizio di divorzio.

La Corte esclude la spettanza all’ex coniuge titolare dell’assegno divorzile della quota sul TFR conferito in un fondo pensionistico complementare prima della presentazione della domanda di divorzio, ribadendo la distinzione tra natura retributiva del TFR e natura previdenziale delle somme versate in fondo.

La Cassazione fornisce in tal modo un contributo decisivo al dibattito sulla natura del TFR e la sua incidenza sull’assegno divorzile in presenza di previdenza complementare, stabilendo un principio di rigore temporale e sostanziale. La pronuncia pone l’accento sull’equilibrio tra i diritti economici degli ex coniugi e la libertà del lavoratore di disporre del proprio TFR secondo le previsioni legislative e contrattuali vigenti.

Fattispecie e iter processuale

Nella vicenda esaminata dalla Suprema Corte un uomo, prima della domanda di divorzio, aveva conferito l’intero TFR maturato in azienda in un fondo previdenziale complementare. L’ex moglie, titolare di assegno divorzile (pari a 1200 euro mensili innalzati in sede territoriale rispetto agli iniziali 800 euro stabiliti dal Tribunale), chiedeva la corresponsione del 40% del TFR dell’ex marito ai sensi dell’art. 12 bis legge n. 898/1970.

Il Tribunale, in prima battuta, aveva accolto la richiesta interposta dalla donna, condannando l’uomo a versare la somma di 98.515 euro, oltre interessi dalla domanda al saldo. Tuttavia, la Corte d’Appello meneghina aveva in seguito ribaltato la decisione, sostenendo che le somme versate dall’ex marito in un fondo di previdenza complementare per la pensione integrativa per il periodo 1996-2020 non potevano essere considerate “TFR percepito” ai sensi dell’art. 12 bis della legge n. 898/1970.

Pertanto, la Corte territoriale aveva escluso che le somme versate nel fondo potessero essere computate come “percepite” e quindi incluse nel calcolo della quota spettante all’ex coniuge. La decisione è stata impugnata con ricorso per cassazione.

La Prima Sezione Civile della Cassazione, con l’ordinanza interlocutoria n. 8375 del 30 marzo 2025 (alla quale avevamo già dedicato un approfondito commento), aveva  disposto il rinvio della causa per la trattazione in pubblica udienza, per la natura delle problematiche coinvolte e per l’incidenza delle soluzioni su diversi settori del diritto, oltre che per la diffusa possibilità di applicazione.

La decisione della Corte

La Cassazione, accogliendo parzialmente le doglianze, ha confermato che il diritto del coniuge divorziato alla quota del TFR sorge solo se l’indennità diventa esigibile a seguito della proposizione della domanda di divorzio e se viene effettivamente percepita. In altre parole, per il collegio di legittimità, l’opzione di destinare il TFR a un fondo pensionistico complementare muta la natura delle somme da retributiva a previdenziale, escludendo in tal modo la possibilità per l’ex coniuge di rivendicare una quota su di esse.

Questioni giuridiche affrontate

Tra le questioni esaminate dalla Cassazione:

  • la natura giuridica del TFR e la rilevanza dell’atto dispositivo di versamento nel fondo pensionistico;
  • l’applicabilità del diritto alla quota di TFR ai conferimenti in fondi previdenziali effettuati prima della domanda di divorzio;
  • la distinzione tra trattamento di fine rapporto (retributivo) e prestazione di previdenza complementare (previdenziale);
  • l’eventuale ricaduta del comportamento dell’ex coniuge in termini di abuso del diritto e aggiramento normativo.

Principi di diritto affermati

Il collegio della Prima Sezione Civile afferma principalmente tre principi di diritto:

  • Natura retributiva del TFR. Il TFR presenta natura di retribuzione differita, matura anno per anno nel corso dello svolgimento del rapporto di lavoro e diventa esigibile solamente alla cessazione del rapporto stesso. Questo credito del lavoratore, nonostante differito, costituisce elemento fondamentale della retribuzione.
  • Natura previdenziale del versamento nel Fondo complementare. Il conferimento del TFR al fondo pensionistico integrativo, disciplinato dal d.lgs. 252/2005 e successive modifiche, rappresenta un atto dispositivo tramite cui il prestatore di lavoro trasferisce il proprio credito dal rapporto di lavoro a quello contrattuale di previdenza complementare. Le somme versate nel fondo cessano di essere trattamento di fine rapporto esigibile dal lavoratore nei confronti del datore di lavoro e assumono natura previdenziale, esigibili soltanto al momento del pensionamento o del raggiungimento di specifici requisiti contrattuali.
  • Applicazione dell’art. 12 bis l. 898/1970. L’art. 12 bis della legge sul divorzio attribuisce all’ex coniuge titolare dell’assegno divorzile diritto ad una quota del TFR percepito dall’altro coniuge al momento della cessazione del rapporto di lavoro. Tuttavia, tale diritto sorge solo in relazione al TFR effettivamente percepito a partire dalla proposizione della domanda di divorzio o successivamente. Non si estende, perciò, ai conferimenti anticipatori o alle somme conferite in fondi complementari prima dell’instaurazione del giudizio di divorzio, analogamente a quanto già sancito per le anticipazioni di TFR.

Momento temporale

La sentenza in disamina conferma il rigoroso rispetto del momento temporale in cui si valuta il diritto alla quota del TFR nell’ambito del divorzio. In linea con la giurisprudenza precedente, la Corte ribadisce che la disponibilità giuridica e materiale della somma risulta imprescindibile per far scattare il diritto dell’ex coniuge.

Le somme maturate e percepite prima dell’avvio del procedimento trovano esclusione dall’ambito di applicazione della norma. Per l’effetto, sono considerate patrimonio dell’ex coniuge e non più disponibili per un computo successivo. In definitiva, il diritto del coniuge divorziato alla quota del TFR sorge solo se l’indennità diventa esigibile dopo il divorzio e viene effettivamente percepita. La sentenza evidenzia che l’opzione di destinare il TFR a un fondo pensionistico complementare ne muta la natura, rendendola non soggetta alla ripartizione.

Forme pensionistiche complementari

La questione assume particolare rilevanza alla luce delle forme pensionistiche complementari, diffusissime nel mondo del lavoro moderno. La Corte distingue con precisione la natura retributiva e sinallagmatica del TFR da quella previdenziale delle somme versate in fondo, soggetti a regole contrattuali e temporali diverse. Tale distinzione evita un’estensione indebita del principio di partecipazione dell’ex coniuge alle fortune economiche dell’altro, tutelando altresì la autonomia negoziale delle scelte previdenziali del titolare del trattamento.

Rimane aperto solamente un margine per il riconoscimento di un aumento o revisione dell’assegno divorzile in ipotesi di successivi benefici derivanti dalla pensione complementare, in quanto detti aumenti rappresentano miglioramenti economici dell’ex coniuge obbligato, rilevabili nella dinamica economica complessiva del divorzio.

Massima

In tema di assegno divorzile, il diritto previsto dall’art. 12 bis l. 898/1970 all’attribuzione di una quota dell’indennità di fine rapporto dell’altro coniuge non si applica agli atti dispositivi del TFR consentiti dall’ordinamento, quali il conferimento in forma anticipata nel Fondo di Previdenza Complementare, se il versamento avviene prima della proposizione della domanda di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio. Le eventuali prestazioni di previdenza complementare ottenute successivamente per effetto dei conferimenti in essere possono invece essere valutate ai fini della determinazione o modifica dell’assegno divorzile.

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