
L’avvento delle piattaforme digitali ha rivoluzionato il panorama economico contemporaneo, creando nuovi modelli di business che mettono in connessione fornitori di servizi e consumatori attraverso intermediari tecnologici. Airbnb, Uber, le piattaforme di food delivery e i marketplace online hanno trasformato settori tradizionali come l’ospitalità, i trasporti e il commercio, generando complesse questioni giuridiche sulla natura dei nuovi rapporti e sulla distribuzione delle responsabilità. Il diritto civile si trova oggi a dover qualificare rapporti trilaterali, dove la piattaforma non è né un semplice intermediario né un fornitore diretto, ma occupa una posizione ibrida che sfida le categorie contrattuali tradizionali. La questione centrale riguarda quando e in che misura le piattaforme digitali debbano rispondere civilmente per i danni o gli inadempimenti dei soggetti che operano attraverso di esse.
Consiglio: per approfondimenti in materia, segnaliamo, con piacere, l’uscita della seconda edizione del “Formulario commentato della privacy”, acquistabile cliccando su Shop Maggioli o su Amazon.
Formulario commentato della privacy
La nuova edizione dell’opera affronta con taglio pratico gli aspetti sostanziali e procedurali del trattamento dei dati personali alla luce delle nuove sfide poste dall’evoluzione normativa e tecnologica degli ultimi due anni. La disciplina di riferimento è commentata tenendo conto dei rilevanti interventi a livello europeo e nazionale (tra cui le Linee Guida EDPB, i regolamenti AI Act e DORA, l’attuazione della direttiva NIS 2), offrendo al Professionista una guida completa e aggiornata.
Il libro è suddiviso in tredici sezioni, che coprono ogni aspetto della materia e tutti gli argomenti sono corredati da oltre 100 formule e modelli. Tra le novità più rilevanti:
• Connessioni tra il nuovo AI Act e il GDPR, differenze tra FRIA e DPIA, valutazione dei rischi e incidenti
• Gestione del personale: smart working, telelavoro e whistleblowing
• Strumenti di monitoraggio: controlli a distanza dei lavoratori, cloud computing e gestione degli strumenti informatici in azienda
• Tutela degli interessati: una guida completa su profilazione, processi decisionali automatizzati e sull’esercizio dei diritti
• Strumenti di tutela: sanzioni, reclami, segnalazioni e ricorsi al Garante.
Giuseppe Cassano
Direttore del Dipartimento di Scienze Giuridiche della European School of Economics della sede di Roma e Milano, ha insegnato Istituzioni di Diritto Privato nell’Università Luiss di Roma. Avvocato cassazionista. Studioso dei diritti della persona, del diritto di famiglia, della responsabilità civile e del diritto di Internet, ha pubblicato oltre trecento contributi in tema, fra volumi, trattati, voci enciclopediche, note e saggi.
Enzo Maria Tripodi
attualmente all’Ufficio legale e al Servizio DPO di Unioncamere, è un giurista specializzato nella disciplina della distribuzione commerciale, nella contrattualistica d’impresa, nel diritto delle nuove tecnologie e della privacy, nonché nelle tematiche attinenti la tutela dei consumatori. È stato docente della LUISS Business School e Professore a contratto di Diritto Privato presso la facoltà di Economia della Luiss-Guido Carli. Ha insegnato in numerosi Master post laurea ed è autore di oltre quaranta monografie con le più importanti case editrici.
Cristian Ercolano
Partner presso Theorema Srl - Consulenti di direzione, con sede a Roma; giurista con circa 20 anni di esperienza nell’applicazione della normativa in materia di protezione dei dati personali e più in generale sui temi della compliance e sostenibilità. Ricopre incarichi di Responsabile della Protezione dei Dati, Organismo di Vigilanza e Organismo Indipendente di Valutazione della performance presso realtà private e pubbliche. Autore di numerosi contributi per trattati, opere collettanee e riviste specialistiche sia tradizionali che digitali, svolge continuativamente attività didattica, di divulgazione ed orientamento nelle materie di competenza.
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Giuseppe Cassano, Enzo Maria Tripodi, Cristian Ercolano, 2025, Maggioli Editore
62.00 €
58.90 €

Formulario commentato della privacy
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• Gestione del personale: smart working, telelavoro e whistleblowing
• Strumenti di monitoraggio: controlli a distanza dei lavoratori, cloud computing e gestione degli strumenti informatici in azienda
• Tutela degli interessati: una guida completa su profilazione, processi decisionali automatizzati e sull’esercizio dei diritti
• Strumenti di tutela: sanzioni, reclami, segnalazioni e ricorsi al Garante.
Giuseppe Cassano
Direttore del Dipartimento di Scienze Giuridiche della European School of Economics della sede di Roma e Milano, ha insegnato Istituzioni di Diritto Privato nell’Università Luiss di Roma. Avvocato cassazionista. Studioso dei diritti della persona, del diritto di famiglia, della responsabilità civile e del diritto di Internet, ha pubblicato oltre trecento contributi in tema, fra volumi, trattati, voci enciclopediche, note e saggi.
Enzo Maria Tripodi
attualmente all’Ufficio legale e al Servizio DPO di Unioncamere, è un giurista specializzato nella disciplina della distribuzione commerciale, nella contrattualistica d’impresa, nel diritto delle nuove tecnologie e della privacy, nonché nelle tematiche attinenti la tutela dei consumatori. È stato docente della LUISS Business School e Professore a contratto di Diritto Privato presso la facoltà di Economia della Luiss-Guido Carli. Ha insegnato in numerosi Master post laurea ed è autore di oltre quaranta monografie con le più importanti case editrici.
Cristian Ercolano
Partner presso Theorema Srl - Consulenti di direzione, con sede a Roma; giurista con circa 20 anni di esperienza nell’applicazione della normativa in materia di protezione dei dati personali e più in generale sui temi della compliance e sostenibilità. Ricopre incarichi di Responsabile della Protezione dei Dati, Organismo di Vigilanza e Organismo Indipendente di Valutazione della performance presso realtà private e pubbliche. Autore di numerosi contributi per trattati, opere collettanee e riviste specialistiche sia tradizionali che digitali, svolge continuativamente attività didattica, di divulgazione ed orientamento nelle materie di competenza.
Le piattaforme digitali: nuovi modelli di business e qualificazione giuridica
Le piattaforme digitali hanno come caratteristica principale la facilitazione dell’incontro tra domanda e offerta, monetizzando tale intermediazione attraverso commissioni, abbonamenti o pubblicità. A differenza dei tradizionali intermediari, le piattaforme digitali esercitano un controllo significativo sui rapporti che si instaurano attraverso queste ultime, definendo standard qualitativi, sistemi di valutazione, modalità di pagamento e procedure di risoluzione delle controversie.
La giurisprudenza ha dovuto affrontare la complessa qualificazione di questi rapporti trilaterali che si instaurano tra piattaforma, fornitore del servizio e utente finale, elaborando progressivamente criteri distintivi per determinare quando la piattaforma debba essere considerata parte del rapporto contrattuale principale o semplice facilitatore dell’incontro tra le parti. L’approccio giurisprudenziale varia significativamente a seconda del settore di riferimento e delle specifiche modalità operative adottate da ciascuna piattaforma.
Il settore alberghiero: il paradigma dell’Intermediario puro
Nel settore delle prenotazioni alberghiere, la giurisprudenza ha consolidato un orientamento che tende a configurare le piattaforme come intermediari puri. Il Tribunale di Ravenna, con sentenza n. 770 del 30 luglio 2024, ha chiarito che nei rapporti contrattuali aventi ad oggetto prenotazioni alberghiere effettuate tramite piattaforme digitali di intermediazione, l’attività di mera intermediazione comporta obbligazioni specifiche e limitate, consistenti principalmente nella trasmissione dei dettagli della prenotazione e nell’invio delle comunicazioni di conferma.
La pronuncia ha stabilito un principio fondamentale: quando la mancata disponibilità della camera d’albergo dipende dal fatto che non vi è stato il saldo integrale della prenotazione entro il termine stabilito a causa del rifiuto del pagamento da parte della carta di credito indicata dal cliente, e la piattaforma di intermediazione ha regolarmente informato il cliente di tale circostanza mediante comunicazione, non può configurarsi inadempimento a carico della piattaforma stessa qualora il cliente non provveda successivamente al pagamento del saldo definitivo.
L’onere probatorio e la configurazione dell’intermediario puro
Le motivazioni della sentenza si basano sul principio che, al creditore che agisce per il risarcimento del danno spetta fornire la prova del titolo dal quale sorge l’obbligazione e di allegare specificamente l’inadempimento di controparte, indicando esattamente in cosa consista tale inadempimento. La mera allegazione generica di un errore nella gestione della pratica di prenotazione, senza la precisa specificazione della condotta inadempiente, non è sufficiente a fondare la pretesa risarcitoria.
Per intermediario puro si intende quella piattaforma digitale che si limita a facilitare l’incontro tra domanda e offerta, senza assumere obbligazioni dirette relative alla prestazione finale del servizio. Le piattaforme di prenotazione alberghiera come Booking.com, Expedia e Hotels.com rappresentano il paradigma di questa categoria, caratterizzandosi per obbligazioni specifiche e limitate che si esauriscono principalmente nella trasmissione delle informazioni e nella gestione tecnica della transazione, senza esercitare controllo diretto sulla qualità, modalità di erogazione o caratteristiche del servizio finale.
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Il settore automobilistico: rapporti contrattuali distinti
Nel settore del noleggio veicoli, la giurisprudenza ha sviluppato un approccio più articolato che distingue chiaramente tra i diversi rapporti contrattuali che possono instaurarsi. Il Tribunale di Milano, con sentenza n. 7056 del 15 luglio 2024, ha affrontato un caso emblematico relativo ai contratti di noleggio veicoli stipulati attraverso piattaforme digitali intermediarie.
Nel caso specifico, la controversia riguardava una prenotazione effettuata tramite Rentalcars.com (di Booking.com) con successivo addebito sulla carta di credito del cliente. Il Tribunale ha stabilito che la responsabilità deve essere valutata in relazione al soggetto effettivamente coinvolto nella fase negoziale e nell’incasso delle somme. La distinzione emerge chiaramente dalle stesse comunicazioni della piattaforma: nella mail inviata da Rentalcar.com con il voucher, la piattaforma avvertiva della possibilità di acquistare al banco della società locale delle coperture addizionali, precisando che “il relativo contratto coinvolgerà te e [società locale]. In questo caso Rentalcars.com non sarà assolutamente coinvolto e quindi non sarà in grado di assisterti nel caso in cui non fossi soddisfatto dei costi“.
Questa pronuncia evidenzia come le piattaforme possano limitare la propria responsabilità attraverso una chiara comunicazione dei confini del proprio ruolo. Quando la piattaforma distingue espressamente tra il contratto principale (prenotazione del veicolo) e i contratti accessori (coperture aggiuntive), la sua responsabilità si limita agli obblighi specificamente assunti nel proprio contratto, mentre per i servizi aggiuntivi la responsabilità ricade direttamente sul fornitore locale.
I servizi digitali integrati: verso la fornitura diretta
All’opposto degli intermediari puri si collocano le piattaforme che assumono caratteristiche di fornitori diretti di servizi. Queste si caratterizzano per un controllo significativo sul servizio finale, l’assunzione di obbligazioni dirette verso l’utente, la definizione di standard qualitativi, la gestione integrata dei pagamenti trattenendo commissioni, la fornitura di garanzie sui servizi, o l’intervento attivo nella risoluzione delle controversie.
Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 17979 del 26 novembre 2024, ha precisato che la qualificazione dell’utente influisce significativamente sulla determinazione della responsabilità e delle tutele applicabili. La pronuncia ha stabilito che la nozione di consumatore deve essere interpretata restrittivamente, facendo riferimento alla posizione del soggetto nel determinato contratto e alla natura e finalità dello stesso.
Quando l’utente utilizzi la piattaforma digitale per veicolare contenuti professionali, svolgere attività dirigenziali in associazioni, diffondere prodotti creativi a scopo commerciale o promuovere attività politico-culturali, non può considerarsi consumatore e pertanto non beneficia delle tutele speciali previste dal Codice del Consumo. Questa distinzione ha implicazioni fondamentali non solo sulla giurisdizione competente, ma anche sui rimedi disponibili e sul regime di responsabilità applicabile.
I profili di responsabilità contrattuale
La responsabilità contrattuale delle piattaforme digitali si articola su diversi livelli, a seconda del grado di coinvolgimento nella prestazione del servizio finale. La giurisprudenza ha individuato specifici parametri per valutare quando l’inadempimento possa essere imputato alla piattaforma piuttosto che al fornitore diretto del servizio.
Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 9653 del 5 giugno 2024, ha stabilito che costituisce inadempimento contrattuale la disattivazione unilaterale del servizio operata dal gestore della piattaforma in violazione delle procedure contrattuali stabilite per la modifica delle condizioni d’uso. Quando il gestore invoca la violazione di nuove norme introdotte successivamente alla stipulazione del contratto originario, tali norme non possono considerarsi efficaci se non si è formata la concorde volontà negoziale dei contraenti.
La pronuncia ha chiarito che le modifiche sostanziali delle condizioni contrattuali che incidano significativamente sulla posizione dell’utente devono essere comunicate mediante specifica procedura scritta che consenta al contraente di valutare le modifiche e scegliere se adeguarsi o recedere dal contratto. Questo principio è particolarmente rilevante per le piattaforme che tendono a modificare frequentemente i propri termini di servizio.
I poteri di autotutela e i limiti al loro esercizio
Le piattaforme digitali si caratterizzano per l’attribuzione di ampi poteri di autotutela che consentono la sospensione o disattivazione degli account in caso di violazioni dei termini di servizio. Tuttavia, la giurisprudenza ha definito precisi limiti all’esercizio di tali poteri, richiedendo il rispetto del principio di proporzionalità e delle garanzie procedurali.
Il Tribunale di Napoli, con sentenza n. 10744 del 12 dicembre 2024, inoltre, ha precisato che il potere di autotutela riconosciuto al gestore per la sospensione o disabilitazione degli account deve essere esercitato nel rigoroso rispetto delle clausole contrattuali e del principio generale di buona fede contrattuale. La disabilitazione definitiva dell’account con conseguente perdita di tutti i dati collegati è consentita solo quando il comportamento illecito dell’utente presenti congiuntamente i caratteri della chiarezza, gravità e ripetitività.
Ancora, il Tribunale di Bergamo, con sentenza n. 703 del 12 maggio 2025, ha chiarito che, le clausole solve et repete, le quali stabiliscono il divieto di sospendere i pagamenti per contestazioni, escludono la facoltà di eccepire l’inadempimento, precludendo all’opponente che non abbia pagato, la possibilità di sollevare eccezioni diverse da quelle di nullità, annullabilità e rescissione del contratto. Tuttavia, tali clausole devono rispettare i limiti imposti dall’art. 135-vicies bis del Codice del Consumo, che stabilisce la nullità di ogni patto volto ad escludere o limitare i diritti del consumatore.
In ultimo, il Tribunale di Treviso, con sentenza n. 825 del 14 maggio 2025, ha precisato che l’inadempimento del fornitore che consegni un prodotto non funzionante legittima la sospensione dei pagamenti da parte del committente. Una piattaforma web che presenti malfunzionamenti sostanziali non può considerarsi regolarmente consegnata secondo i parametri contrattuali pattuiti.
La responsabilità per inadempimento dei partner
Una questione cruciale riguarda quando la piattaforma possa essere ritenuta responsabile per gli inadempimenti dei soggetti che operano attraverso di essa. La giurisprudenza sta elaborando criteri per distinguere i casi in cui la piattaforma debba rispondere in via diretta da quelli in cui la sua responsabilità sia meramente accessoria.
Il Tribunale di Napoli, con sentenza n. 2304 del 6 marzo 2025, ha qualificato il contratto per la realizzazione di una piattaforma e-commerce come appalto di servizi, configurandosi come figura autonoma e ibrida caratterizzata dall’avere come oggetto prevalente la fornitura di servizi continuativi e periodici. L’inadempimento dell’appaltatore che fornisce una piattaforma preesistente anziché realizzata ex novo secondo le specifiche esigenze del committente integra grave inadempimento idoneo a giustificare la risoluzione contrattuale.
Il Tribunale di Milano, con sentenza n. 963 del 4 febbraio 2025, ha chiarito che nei contratti per la fornitura di servizi informatici e piattaforme digitali, l’inadempimento del fornitore che comporti il sostanziale mancato raggiungimento delle finalità contrattuali costituisce causa legittima di risoluzione del contratto. Quando la piattaforma presenta malfunzionamenti sistemici che impediscono o limitano drasticamente l’erogazione del servizio, si configura un inadempimento grave che legittima la risoluzione.
Il Tribunale di Milano, con sentenza n. 5946 del 16 luglio 2025, ha stabilito che il rifiuto di fornire le credenziali di accesso alla piattaforma contrattualmente previste costituisce violazione di obbligazione specifica non di scarsa importanza. Il rifiuto motivato dalla presunta incapacità tecnica del cliente di gestire autonomamente la piattaforma risulta infondato, non spettando al fornitore valutare discrezionalmente le competenze del committente quando il contratto espressamente preveda tale possibilità.
La tutela del consumatore nelle piattaforme digitali
L’evoluzione normativa ha introdotto specifiche tutele per i rapporti tra consumatori e piattaforme digitali. L’art. 135-octies del Codice del Consumo disciplina i contratti di fornitura di contenuto digitale o servizi digitali, definendo il servizio digitale come un servizio che consente al consumatore di creare, trasformare, archiviare i dati o di accedervi in formato digitale. La normativa include espressamente nella definizione di professionista il fornitore di piattaforme se agisce per finalità che rientrano nel quadro della sua attività commerciale.
L’art. 135-decies, invece, stabilisce i requisiti di conformità al contratto, prevedendo che il servizio digitale deve corrispondere alla descrizione, alla quantità e alla qualità previste dal contratto e presentare le funzionalità, compatibilità e interoperabilità pattuite. Inoltre, deve essere adeguato agli scopi per cui sarebbe abitualmente utilizzato un servizio digitale del medesimo tipo, tenendo conto delle norme tecniche esistenti e dei codici di condotta specifici del settore.
Particolarmente significativa, inoltre, è l’inversione dell’onere probatorio stabilita dall’art. 135-sexiesdecies, secondo cui l’onere della prova riguardo alla conformità del servizio digitale è a carico del professionista. Questa disposizione rappresenta una tutela significativa per i consumatori nei rapporti con le piattaforme digitali, che spesso dispongono di maggiori informazioni tecniche sui propri servizi.
La responsabilità solidale e i rapporti con i fornitori
Un aspetto innovativo riguarda l’applicazione dei principi della responsabilità solidale ai rapporti trilaterali delle piattaforme digitali. L’art. 1307 c.c. stabilisce che se l’adempimento dell’obbligazione è divenuto impossibile per causa imputabile a uno o più condebitori, gli altri condebitori non sono liberati dall’obbligo solidale di corrispondere il valore della prestazione dovuta.
Il Tribunale di Torino, con sentenza n. 5891 del 21 novembre 2024, ha chiarito che nei contratti per servizi pubblicitari digitali, l’inadempimento contrattuale non può essere configurato quando l’impossibilità sopravvenuta della prestazione derivi da circostanze non comunicate tempestivamente dal committente e non conoscibili dal prestatore. Questo orientamento sottolinea l’importanza della collaborazione tra le parti e della trasparenza informativa nei rapporti con le piattaforme digitali.
Prospettive future e nuovi equilibri
L’evoluzione dell’economia attraverso le piattaforme digitali richiede al diritto civile un continuo adattamento per bilanciare innovazione tecnologica e tutela degli utenti. La giurisprudenza sta progressivamente definendo un quadro di regole che tenga conto della specificità di questi nuovi modelli di business, senza sacrificare le garanzie fondamentali del diritto contrattuale.
L’applicazione dell’art. 49 del Codice del Consumo sui contratti a distanza assume particolare rilevanza, imponendo specifici obblighi informativi precontrattuali che includono le caratteristiche principali dei servizi, le modalità di pagamento ed esecuzione, l’esistenza del diritto di recesso e le condizioni della garanzia legale di conformità.
La sfida principale consiste nell’elaborazione di criteri stabili per la qualificazione giuridica delle piattaforme, che sappia distinguere tra le diverse tipologie di servizi offerti e i diversi gradi di controllo esercitati. Mentre alcune piattaforme si configurano come meri intermediari tecnologici, altre assumono caratteristiche più simili a quelle di fornitori diretti di servizi, con conseguenti diverse implicazioni in termini di responsabilità civile.
L’economia delle piattaforme continuerà a evolvere, introducendo nuovi modelli di business e nuove forme di intermediazione digitale. La giurisprudenza più recente indica una direzione chiara verso un approccio caso per caso, che valuti la responsabilità delle piattaforme in base agli specifici obblighi assunti ed al grado di controllo effettivamente esercitato sui servizi erogati attraverso di esse.