Nulla deliberazione assembleare sulle spese giudiziali del singolo condomino parte in causa

in Giuricivile, 2018, 4 (ISSN 2532-201X), nota a Cass. sent. n. 1629 del 23/1/2018

La recente sentenza della Suprema Corte di Cassazione n. 1629 del 23 gennaio 2018, si è pronunciata sul delicato tema della nullità della deliberazione assembleare del condominio che addossa le spese giudiziali legate all’assistenza legale del condominio nell’ambito di un contenzioso tra questo ed il singolo condòmino, anche a quest’ultimo.

Il fondamento di tale assunto risiede nella circostanza che, trattandosi in tal caso di spese inerenti prestazioni rese a favore della controparte, e quindi volte a tutelare un interesse del tutto opposto al proprio, non è rinvenibile la possibilità di applicare l’art. 1132 c.c.[1]

Il caso in esame

La vicenda trae origine da un ricorso del condominio avverso la sentenza resa dalla Corte d’Appello[2] che accoglieva le pretese di due condòmini che chiedevano di non pagare le spese legali inerenti i compensi di professionisti e tecnici di parte del condominio.

I tre motivi sui quali si fondava il ricorso del condominio erano i seguenti:

  • Falsa applicazione dell’art. 1132 c.c. da parte della Corte d’Appello, dal momento che la disposizione postulava l’invio di un atto recettizio da parte del condòmino dissenziente al fine di separarne la responsabilità sulle conseguenze della lite, mentre in Appello i giudici hanno sostenuto che il dissenso dei due condòmini fosse implicito nel ricorso per accertamento tecnico preventivo da loro esperito.
  • Violazione dell’art. 113 c.p.c. poiché la sentenza ha deciso la questione facendo riferimento ad una risalente ma non contraddetta pronuncia della Cassazione[3], anzichè decidere secondo diritto.
  • Violazione o erronea applicazione dell’art. 1137 c.c. che permette di impugnare le delibere condominiali solo se contrarie alla legge o al regolamento del condominio, dal momento che i giudici di secondo grado non hanno allegato alcun articolo di legge sul quale fondare l’asserita invalidità della deliberazione assembleare di condominio.

La decisione della Corte

Orbene, secondo quanto riscontrato dalla Suprema Corte, i tre motivi suddetti sono tutti infondati.

Infatti, la Corte d’Appello ha sì invocato un precedente della Cassazione a fondamento della sua pronuncia, ma non si è sottratta dallo sviluppo delle sue argomentazioni giuridiche; inoltre, viene ribadito come il dovere del giudice di seguire le norme di diritto (ex art. 113 c.p.c.) comporti l’esigenza di un formale richiamo alle norme di legge applicate.

Da ciò, dunque, si evidenzia come nel secondo grado di giudizio, sia stato dato un corretto seguito all’orientamento secondo il quale è nulla la deliberazione dell’assemblea condominiale che, al termine di un contenzioso tra condominio e singolo condòmino, disponga anche a carico di quest’ultimo, pro quota, il pagamento delle spese sostenute dal condominio per retribuire il proprio difensore.

Risultano, pertanto, non applicabili gli artt. 1132 e 1101 c.c.

Ragionando in tal modo, quindi, si comprende il motivo per cui, nelle controversie tra condominio e uno o più condòmini, la compagine condominiale si scinde in due gruppi contrapposti davanti al peculiare oggetto della lite.[4]

Nella fattispecie in esame, la Cassazione continua quindi a dar seguito a tale orientamento, dichiarando la nullità della deliberazione condominiale per impossibilità dell’oggetto.


[1] In virtù del quale “Qualora l’assemblea dei condomini abbia deliberato di promuovere una lite o di resistere a una domanda, il condomino dissenziente, con atto notificato all’amministratore, può separare la propria responsabilità in ordine alle conseguenze della lite per il caso di soccombenza. L’atto deve essere notificato entro trenta giorni da quello in cui il condomino ha avuto notizia della deliberazione.

Il condomino dissenziente ha diritto di rivalsa per ciò che abbia dovuto pagare alla parte vittoriosa.

Se l’esito della lite è stato favorevole al condominio, il condomino dissenziente che ne abbia tratto vantaggio è tenuto a concorrere nelle spese del giudizio che non sia stato possibile ripetere dalla parte soccombente.”

[2] V. Corte d’Appello di Trento n. 156/2013.

[3] Erroneamente indicato dal condominio in C. Cass. n. 801/1979.

[4] Cfr. Cass. sez. II, 18 giugno 2014, n. 13885; Cass. sez. II, 25 marzo 1970, n. 801.

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