Notifica al domicilio digitale e ricorso in cassazione tardivo: irrilevante la limitazione alle “sole comunicazioni”

La Cassazione, con l’ordinanza n. 30034 del 13 novembre 2025 (che puoi leggere cliccando qui), ribadisce la piena efficacia del domicilio digitale del difensore ai fini del decorso del termine breve ex art. 325 c.p.c., dichiarando inammissibile un ricorso notificato oltre i sessanta giorni. Il “Formulario commentato del nuovo processo civile”, di Lucilla Nigro, acquistabile cliccando su Shop Maggioli o su Amazon, offre un supporto utile per gestire ogni fase del contenzioso civile.

Formulario commentato del nuovo processo civile

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Lucilla Nigro
Autrice di formulari giuridici, unitamente al padre avv. Benito Nigro, dall’anno 1990. Avvocato cassazionista, Mediatore civile e Giudice ausiliario presso la Corte di Appello di Napoli, sino al dicembre 2022.

 

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Caso di specie: il ricorso in Cassazione

La società Alfa srl, con ricorso notificato in data 31/10/2022, chiedeva la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Roma pronunciata nel giudizio tra la medesima società ricorrente e il Fallimento della società “Beta”.

Il Fallimento resisteva con controricorso, eccependo l’inammissibilità del ricorso in quanto proposto oltre il termine di sessanta giorni dal momento in cui, in data 31/3/2022, la sentenza impugnata è stata notificata alla società ricorrente.

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La dichiarazione di inammissibilità per tardività

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso per cassazione inammissibile perché tardivo.

Dalle relazioni prodotte in giudizio, infatti, emergeva che la sentenza impugnata fosse stata notificata alla società poi ricorrente (presso i difensori costituiti nel relativo giudizio d’appello) in data 31/3/2022.

Il ricorso, invece, era stato notificato solo il 31/10/2022 e, dunque, ben oltre il termine breve di sessanta giorni previsto dall’art. 325, comma 2°, c.p.c.

Irrilevanza dell’elezione di domicilio “solo per comunicazioni”

Non assume rilievo contrario la circostanza – dedotta dalla ricorrente e desunta dall’atto di citazione in appello –  secondo cui la società appellante avesse eletto domicilio presso lo studio dell’avv. Tizia, indicando l’indirizzo PEC di quest’ultima (e dell’avv. Caio) solo per le successive comunicazioni.

In tema di notificazioni al domicilio digitale, infatti, l’indicazione fatta dal difensore, nell’atto di costituzione in giudizio, del proprio indirizzo di posta elettronica con riferimento “alle sole comunicazioni ed avvisi della cancelleria”, non vale ad escludere la validità della notifica della sentenza eseguita dalla controparte a tale indirizzo, ai fini e per gli effetti di cui all’art. 325 c.p.c., non potendo il difensore sottrarsi alle prescrizioni di legge che prevedono la validità ed efficacia del domicilio digitale di cui all’art. 16-sexies del d.l. n. 179/2012, conv. con l. n. 221/2012, per tutte le notificazioni e comunicazioni degli atti giudiziari in materia civile.

Richiamo alla giurisprudenza: Cass. n. 12684/2025

In tal senso, la Suprema Corte ha richiamato Cass. n. 12684 del 2025, la quale, proprio in applicazione del suddetto principio, ha dichiarato la tardività del ricorso per cassazione notificato oltre il termine di sessanta giorni dalla notificazione della sentenza impugnata al procuratore costituito in appello per la parte poi ricorrente, nonostante che lo stesso, all’atto di costituirsi in appello, abbia eletto domicilio presso il suo studio, indicando il proprio indirizzo di posta elettronica certificata solo “per le comunicazioni e gli avvisi relativi al presente procedimento”.

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Il domicilio digitale quale presidio di diligenza professionale

La crescente centralità del domicilio digitale nel processo civile impone all’avvocato di mantenere un elevato standard di diligenza nella gestione della propria casella PEC, ormai divenuta il principale canale di comunicazioni e notificazioni giudiziarie.

In tale contesto, merita richiamo la decisione del CNF n. 134/2024, che evidenzia come il costante monitoraggio della PEC non rappresenti un mero adempimento tecnico, ma integri un vero e proprio obbligo professionale, la cui violazione può determinare responsabilità disciplinare.

L’omesso controllo, infatti, espone il cliente a pregiudizi potenzialmente irreversibili e viola i doveri di probità, correttezza, fedeltà e diligenza previsti dagli artt. 9, 10 e 12 del Codice Deontologico Forense.

La giurisprudenza disciplinare ribadisce che il domicilio digitale, per la rilevanza che riveste nel sistema delle notificazioni, richiede una gestione accurata e continua: la mancata lettura di una PEC – anche se ricondotta a sviste, problemi tecnici o malfunzionamenti –  non esonera il professionista dalle proprie responsabilità e costituisce un indice di grave negligenza.

Consiglio pratico per gli operatori del diritto

La sentenza conferma che l’indicazione dell’indirizzo PEC del difensore, anche se espressamente riferita alle sole “comunicazioni”, vale comunque come domicilio digitale per tutte le notificazioni, comprese quelle che fanno decorrere termini perentori come il termine breve per il ricorso per cassazione.

Ciò che si consiglia, dunque, è di curare con estrema attenzione l’indicazione del domicilio digitale negli atti di costituzione e, soprattutto, monitorare costantemente la PEC professionale, senza fare affidamento su formule limitative (es. “solo per comunicazioni”) che non hanno alcuna efficacia ai fini della validità delle notifiche.

Per evitare decadenze sarebbe, dunque, fondamentale organizzare un sistema di controllo quotidiano e affidabile della casella PEC, eventualmente con deleghe interne o sistemi automatizzati di alert, soprattutto per gli studi più strutturati.

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