La nullità della delibera condominiale per omessa specificazione del compenso dell’amministratore

Con la sentenza n. 14424, depositata il 29 maggio 2025 (clicca qui per consultare il testo integrale della decisione), la Corte di Cassazione, Sezione Seconda Civile, torna a pronunciarsi in materia condominiale, affrontando una questione di rilevante interesse teorico e pratico: la validità della deliberazione assembleare che approva il rendiconto annuale contenente il compenso dell’amministratore, qualora quest’ultimo non sia stato specificato analiticamente all’atto della nomina o del rinnovo, come richiesto dall’art. 1129, comma 14, c.c.

La pronuncia si inserisce nel solco tracciato dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 9839 del 2021, confermando e sviluppando il principio secondo cui, dopo l’entrata in vigore della riforma del condominio (l. 220/2012), la determinazione del compenso dell’amministratore costituisce elemento essenziale e indefettibile della nomina. La sentenza esamina altresì i profili processuali relativi all’opposizione a decreto ingiuntivo e alla deducibilità della nullità della delibera come eccezione o domanda riconvenzionale.

Il caso: premesse fattuali e processuali

La vicenda nasce dall’azione monitoria promossa dal Condominio Isonzo di Lecce contro i condomini Perrone e Guido, comproprietari di un’unità immobiliare, per ottenere il pagamento di € 5.711,05, a titolo di quote condominiali relative alla gestione ordinaria da luglio a dicembre 2014, oltre a conguagli riferiti all’anno 2013. A sostegno della richiesta, il Condominio ha richiamato la delibera assembleare del 24 aprile 2015, che approvava il bilancio consuntivo 2010–2013 e quello preventivo per il 2014.

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Luca Santarelli
Avvocato cassazionista, giornalista pubblicista, politico e appassionato d’arte. Da sempre cultore del diritto condominiale che ritiene materia da studiare non solo sotto il punto di vista giuridico. Già autore di monografie, dal 2001 firma rubriche nel quotidiano la Nazione del gruppo QN e dal 2022 tiene rubriche radiofoniche per Radio Toscana. Relatore a numerosi convegni nel territorio nazionale, isole comprese.

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Il Tribunale di Lecce, in primo grado, ha revocato il decreto ingiuntivo, ritenendo nulla la delibera per vizio nei quorum deliberativi: l’assemblea aveva infatti incluso nel calcolo le quote di soggetti che, al tempo delle gestioni rendicontate, non erano ancora condomini. La Corte d’Appello ha riformato la sentenza, qualificando l’invalidità come mera annullabilità e rigettando l’opposizione per tardività dell’impugnazione ex art. 1137 c.c. e per mancata proposizione di domanda riconvenzionale. La Corte ha inoltre escluso la rilevanza dell’eccezione relativa alla quantificazione dei compensi dell’amministratore.

La Corte di Cassazione ha accolto tre dei quattro motivi di ricorso, ha cassato la sentenza impugnata e ha rinviato la causa alla Corte d’Appello di Lecce, in diversa composizione.

La questione giuridica: il compenso non approvato e l’art. 1129, comma 14, c.c.

Il cuore della controversia si incentra sul disposto dell’art. 1129, comma 14, c.c., introdotto dalla legge di riforma del condominio n. 220/2012 ed entrato in vigore il 18 giugno 2013. La norma impone, a pena di nullità della nomina dell’amministratore, la specificazione analitica del compenso sin dal momento dell’accettazione dell’incarico o del suo rinnovo.

La Corte di Cassazione ha affermato che tale previsione si traduce in una nullità testuale e, pertanto, inderogabile. Ne deriva che il rendiconto annuale approvato dall’assemblea non può sanare una originaria nullità derivante dalla mancata predeterminazione del compenso. Anzi, la successiva deliberazione che approvi il consuntivo includendo una voce relativa al compenso dell’amministratore, in assenza di preventiva specificazione, risulta essa stessa nulla per derivazione.

Nel caso di specie, i giudici di legittimità hanno rilevato che il compenso dell’amministratore per il periodo 2010–2013 era stato indicato nel rendiconto consuntivo in una misura superiore a quanto preventivato nel 2010, senza che vi fosse stata una delibera formale di nomina o rinnovo contenente la specificazione dell’importo dovuto. Di conseguenza, l’approvazione assembleare del rendiconto non può considerarsi valida ai fini dell’effettiva legittimazione del credito azionato in via monitoria.

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Sindacabilità giudiziale della nullità nell’opposizione a decreto ingiuntivo

Un ulteriore profilo di rilievo della decisione in esame attiene alla possibilità, in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, di far valere la nullità della delibera assembleare su cui si fonda la pretesa creditoria del condominio.

Le Sezioni Unite, con la sentenza n. 9839/2021, avevano stabilito che tale nullità può essere fatta valere anche in via di eccezione e deve essere rilevata d’ufficio dal giudice, non soggiacendo ai limiti temporali previsti dall’art. 1137 c.c. per l’annullabilità. La Corte conferma questo orientamento, criticando la sentenza di appello che aveva rigettato l’eccezione sollevata dai condomini per la mancanza di domanda riconvenzionale e per la supposta tardività dell’impugnazione. Il giudice dell’opposizione avrebbe invece dovuto verificare, anche d’ufficio, la validità della delibera costituente titolo del decreto ingiuntivo.

Il tema delle modifiche del petitum e il rigetto del quarto motivo

Il quarto motivo di ricorso, relativo alla presunta violazione dell’art. 345 c.p.c. per l’introduzione in appello di una domanda nuova, è stato rigettato. I ricorrenti lamentavano che il condominio, in sede di gravame, avrebbe esteso l’oggetto della domanda, includendo mensilità non ricomprese nel bilancio iniziale.

La Cassazione ha invece precisato che, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, l’accertamento giudiziale può tenere conto dell’intervenuta esigibilità del credito anche se sopravvenuta nel corso del processo, purché derivante da fatti già dedotti e oggetto del giudizio, come nel caso di un preventivo approvato dall’assemblea. Ne consegue che la precisazione effettuata dal Condominio non integra un’ipotesi di domanda nuova, ma rientra nella fisiologia dell’evoluzione del petitum all’interno del giudizio di opposizione.

Conclusioni

La sentenza n. 14424/2025 si segnala per aver ribadito e rafforzato, con argomentazioni dettagliate, la portata precettiva dell’art. 1129, comma 14, c.c., in ordine all’obbligo di predeterminazione analitica del compenso dell’amministratore di condominio. Si tratta di una nullità testuale, che travolge non solo la nomina, ma anche ogni successiva deliberazione assembleare che approvi un rendiconto contenente una voce di compenso priva di adeguata base giuridica.

Inoltre, la decisione offre un chiarimento importante in tema di deducibilità della nullità della delibera condominiale nell’ambito del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, consolidando l’indirizzo inaugurato dalle Sezioni Unite nel 2021. Da ciò si evince che i giudici del merito non possono sottrarsi all’esame del vizio dedotto, anche quando non accompagnato da una formale domanda riconvenzionale.

Infine, il rigetto del motivo relativo all’art. 345 c.p.c. riafferma un principio consolidato in giurisprudenza, secondo cui l’opposizione a decreto ingiuntivo consente un accertamento pieno e aggiornato della situazione creditoria, comprensivo degli sviluppi intervenuti in corso di causa.

La sentenza in commento contribuisce dunque a definire in modo più netto i confini tra validità sostanziale delle delibere condominiali e strumenti di tutela processuale nel contenzioso tra condominio e condomini, offrendo indicazioni operative rilevanti tanto per i giudici quanto per gli operatori del diritto e dell’amministrazione condominiale.

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