
Dopo la notifica del precetto e del successivo atto di pignoramento, può accadere che il creditore non coltivi l’azione esecutiva avviata (ad esempio a seguito del raggiungimento di un accordo transattivo con il debitore) o che, definita una procedura esecutiva, abbia invece necessità di avviarne una nuova.
Come dovrà comportarsi il creditore per procedere al recupero del credito residuo e all’avvio di una nuova procedura esecutiva? Potrà notificare direttamente un nuovo pignoramento – senza prima notificare un nuovo atto di precetto – o, al contrario, dovrà necessariamente prima notificare un nuovo precetto?
Mi chiamo Gabriele Voltaggio, sono un avvocato di Roma e questa è una raccolta di giurisprudenza utile e pratica sul termine di efficacia del precetto ex art. 481 c.p.c. e sugli adempimenti da seguire per avviare una nuova procedura esecutiva (dopo che la precedente sia stata già avviata e definita) che ho preparato per tutti i Colleghi avvocati e per i professionisti del settore, per aiutarli ad orientarsi e comprendere nei dettagli la procedura da seguire in casi simili.
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Formulario commentato dell'esecuzione forzata
Il testo, aggiornato alla Riforma Cartabia, al successivo decreto correttivo e alle specifiche tecniche PCT, raccoglie le formule di tutti gli atti presenti nel procedimento di espropriazione, completi di norma di legge, commento, indicazione dei termini o scadenze, delle preclusioni e delle massime giurisprudenziali.
Il Volume si configura come uno strumento completo, pratico e operativo di grande utilità per chi opera quotidianamente nell’ambito dell’esecuzione forzata: avvocati, magistrati, professionisti delegati e operatori del credito. L’opera fornisce per ogni argomento procedurale lo schema della formula, disponibile anche online in formato editabile e stampabile.
Gabriele Voltaggio
Avvocato del Foro di Roma, si occupa di diritto bancario, crediti ed esecuzione forzata. Professionista delegato e custode giudiziario presso il Tribunale di Roma, è autore di contributi e formulari in materia esecutiva. Fondatore e curatore di Giuricivile.it.
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Gabriele Voltaggio, 2025, Maggioli Editore
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Il termine di efficacia dell’atto di precetto
Con l’atto di precetto (secondo quanto previsto dall’art. 480 c.p.c., così come recentemente modificato dalla Riforma Cartabia e dal successivo Decreto Correttivo) il creditore intima al proprio debitore di adempiere in suo favore l’obbligo contenuto nel titolo esecutivo, avvertendolo che, in caso di mancato adempimento, procederà ad esecuzione forzata nei suoi confronti.
Il precetto è un atto prodromico all’esecuzione, destinato al debitore e finalizzato a richiedere l’adempimento alla totalità dell’obbligo, prima che il creditore proceda ad avviare formalmente l’esecuzione forzata. Come altresì noto, ai sensi dell’art. 481 c.p.c., il precetto diventa inefficace se, nel termine di novanta giorni dalla sua notificazione, non è iniziata l’esecuzione.
Ne deriva, che in tutti i casi, in cui alla notifica di un atto di precetto non sia seguita, in tempo utile, la notifica di un atto di pignoramento (che sancisce di fatto “l’inizio” di un’esecuzione), il creditore sarà tenuto necessariamente a rinotificare un nuovo atto precetto giacché l’ufficiale giudiziario non potrà procedere ad esecuzione in forza di un precetto divenuto inefficace.
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La sospensione del termine di efficacia del precetto e il certificato di pendenza
Può anzitutto accadere che il creditore, una volta notificato un atto di precetto e avviato, in forza dello stesso, una procedura esecutiva, rilevata l’incapienza di quest’ultima o la necessità di estendere il pignoramento, intenda introdurre ulteriori procedure esecutive nei confronti del medesimo debitore e in virtù dello stesso titolo già azionato.
In tali circostanze, non potendo procedere alla notifica di un nuovo atto di precetto (onde evitare duplicazione degli atti di precetto e rischiare di integrare l’abusivo frazionamento del credito) e stante la sospensione del termine di efficacia del precetto in caso di pendenza della procedura esecutiva, il creditore potrà depositare un’istanza nel fascicolo telematico con la quale chiedere, alla cancelleria competente, di rilasciare un certificato telematico di pendenza della procedura esecutiva già avviata.
Proprio in virtù di tale certificato, potrà successivamente chiedere all’Ufficiale giudiziario la notifica di un eventuale ulteriore atto di pignoramento.
Ma cosa accade se, una volta definita (o estinta per rinuncia) la procedura esecutiva avviata ovvero in assenza di iscrizione a ruolo dell’esecuzione a seguito della notifica di un atto di pignoramento e, in ogni caso, in assenza di ulteriori procedure esecutive pendenti, il creditore intenda avviare una nuova esecuzione per il recupero del residuo credito? Il precetto a suo tempo notificato ha conservato la sua efficacia o dovrà ritenersi perento, con conseguente necessità di procedere alla notifica di un nuovo atto di precetto?
La natura giuridica del termine di efficacia del precetto
La questione, esaminata dalla Corte di Cassazione e recentemente affrontata in una specifica nota dal Ministero della Giustizia, è stata risolta consentendo al creditore di richiedere la notifica di un ulteriore atto di pignoramento, anche oltre i novanta giorni dalla notifica del precetto, laddove questi dimostri di aver già, a suo tempo, provveduto al compimento del primo atto esecutivo nel termine di efficacia del precetto.
In altre parole, se a seguito della notifica dell’atto di precetto, il creditore abbia effettivamente richiesto la notifica di un atto di pignoramento (così iniziando, di fatto, l’esecuzione secondo quanto previsto dall’art. 481 c.p.c.), a prescindere dall’esito dell’iniziativa esecutiva intrapresa (e dunque anche in caso di mancata iscrizione a ruolo della procedura con dichiarazione di inefficacia ex art. 164 ter disp. att. c.p.c. ovvero di estinzione o di positiva definizione della procedura esecutiva), quel precetto conserverebbe la sua efficacia per sempre e il creditore potrà in ogni momento avviare una procedura esecutiva in forza di quest’ultimo (anche in assenza di procedura esecutive pendenti).
Presupposto di tale conclusione è la considerazione, avallata dalla Suprema Corte e ribadita dal Ministero di Giustizia, secondo cui il termine di novanta giorni, previsto dall’art. 481 c.p.c., entro cui l’esecuzione deve essere iniziata per ovviare alla comminatoria di inefficacia del precetto, è un termine di decadenza e non di prescrizione, attenendo all’inattività processuale del creditore e non all’effetto sostanziale del precetto.
Ne consegue che, se entro il termine suddetto venga iniziata l’esecuzione, esauritasi la funzione del termine di decadenza, è possibile instaurare anche dopo il decorso dei novanta giorni ed in base all’unico precetto altre procedure espropriative con il solo temperamento del divieto di cumulo eccessivo (sul punto, vedi Cass. Civ. n. 11578/2005 e Cass. civ., Sez. III, 28/04/2006, n.9966).
Criticità pratiche e rifiuto dell’UNEP
Con buona pace di quanto rilevato dalla Cassazione (e confermato nella richiamata nota ministeriale), la tesi illustrata incontra tuttavia un evidente limite pratico: nella gran maggioranza dei casi, in sede di accettazione degli atti, l’ufficiale giudiziario si rifiuta di acquisire una richiesta di pignoramento presentata in forza di un atto di precetto notificato oltre il termine di novanta giorni, di cui all’art. 481, comma primo, c.p.c. e, per l’effetto, scaduto.
In definitiva, a nulla vale, che l’istante documenti di aver in effetti già richiesto, a suo tempo, la notifica di un atto esecutivo in virtù del medesimo precetto e l’abbia fatto entro i 90 giorni previsti dalla citata norma.
Ed ecco perché, nella prassi, nella consapevolezza di un possibile rifiuto da parte dell’Ufficiale Giudiziario a notificare un pignoramento oltre il termine di 90 giorni dalla notifica del precetto, il creditore – anche laddove abbia già iniziato un’esecuzione in forza dell’originario atto di precetto – si troverà sempre, di fatto, costretto a notificare un nuovo atto di precetto in forza del quale potrà esperire ulteriori tentativi di recupero giudiziale del credito (a meno che non riesca a convincere l’UNEP competente della fondatezza delle proprie ragioni).
I compensi e le spese del successivo atto di precetto
Fermo quanto chiarito, resta da comprendere se il creditore che, pur avendo notificato un atto esecutivo a seguito della notifica del precetto, non abbia poi iscritto a ruolo la procedura esecutiva e, successivamente, abbia deciso di notificare un nuovo atto di precetto, possa inserire nella nuova intimazione di pagamento anche i compensi e le spese del primo precetto.
Al riguardo, come chiarito dalla Corte Suprema di Cassazione, l’art. 95 c.p.c., nel porre a carico del debitore esecutato le spese sostenute dal creditore procedente e da quelli intervenuti che partecipano utilmente alla distribuzione, presuppone che il processo esecutivo sia iniziato con il pignoramento eseguito dall’ufficiale giudiziario.
Tale disposizione, pertanto, non può trovare applicazione in caso di pignoramento negativo e di mancato inizio dell’espropriazione forzata, con la conseguenza che, divenuto inefficace il precetto per decorso del termine di novanta giorni, le spese di questo restano a carico dell’intimante in forza del combinato disposto degli artt. 310 e 632, ultimo comma, c.p.c., secondo cui le spese del processo estinto restano a carico delle parti che le hanno anticipate (Cass. civ. n. 8298 del 12 aprile 2011). In altre parole, le spese e i compensi del primo precetto non potranno quindi essere richiesti nel successivo nuovo atto di precetto.











