Sommario: 1. Il DDL contro la violenza di genere c.d. “Codice Rosso”: obiettivi e finalità.– 2. DDL “Codice Rosso”: novità normative proposte. – 3. E per i centri antiviolenza? – 4. Il DDL “Codice Rosso”: è davvero risolutivo?
Ogni anno il fenomeno della violenza di genere è sempre più in espansione; nel 2018, 106 sono stati i casi di femminicidio in Italia, 1 ogni 72 ore[1]. Sul totale degli omicidi commessi ogni anno, i femminicidi hanno rappresentato nel 2017 il 34,8%, mentre nel 2018 hanno comportato un forte incremento pari al 37,6%.
Circa il 72% delle vittime (ovvero 3 donne su 4)[2] vengono uccise da un parente (nel 38% dei casi), da un conoscente (per il 3% dei casi), dal partner (nel 46% dei casi) o dall’ex partner (per il 13% dei casi) e, al momento della violenza subita, hanno una età media di 52 anni.
Diversi sono gli strumenti utilizzati dal carnefice: nella maggioranza dei casi (circa il 40,2%) gli atti violenti vengono compiuti con armi da taglio, anche se, non mancano casi in cui l’ausilio di corpi contundenti (per il 15,5%), di armi da fuoco (per il 12,8%), o di liquidi infiammabili (per il 3,3%) si fanno da padrone. Molte violenze avvengono (anche) per mezzo di strangolamenti (circa il 18%)[3].
Differenti possono essere le motivazioni che portano gli aggressori a tenere comportamenti tali da sfociare in atti violenti, pressoché mortali: frequenti risultano essere i motivi passionali, oppure la malattia o disabilità psico-fisica; soprattutto, liti o dissapori coniugali.
Secondo quanto previsto dalla statistica stilata da Eures, solo il 42,9% delle denunce viene presentata regolarmente dalla vittima alle forze dell’ordine mentre, per il 57,1% dei casi, le violenze sono a conoscenza di altri soggetti che, non comprendendo la gravità della situazione paventata dalla stessa, evitano di agire, rimanendo così inermi[4].
1. Il DDL contro la violenza di genere c.d. “codice rosso”: obiettivi e finalità.
Proprio sulla base di quanto sub-menzionato che si è sentita l’esigenza in Consiglio dei Ministri (n. 29/2018) di approvare un nuovo disegno di legge che costituisse una “via preferenziale” per le denunce di violenza denominata c.d. DDL “Codice Rosso”.
Scritta dal Ministro della Giustizia, On. Alfonso Bonafede in collaborazione con il Ministro della Pubblica Amministrazione, On. Giulia Bongiorno, il “DDL Codice Rosso” si pone l’obiettivo di istituire una corsia preferenziale finalizzata ad aiutare le donne vittime di violenza e di azzerare i tempi di reazione della giustizia rispetto alla denuncia dei reati (in particolare, nei confronti del reato di stalking, di maltrattamenti, di violenza sessuale o di lesioni aggravate, qualora commesse in ambiente domestico o in stato di convivenza).
Questo disegno di legge vuole garantire l’immediata instaurazione del procedimento penale, al fine di prevenire, di impedire e in generale, di non porre ulteriormente in pericolo la vita e l’incolumità fisica delle vittime di violenza domestica e di genere.[5]
2. DDL “Codice Rosso”: novità normative proposte.
Il disegno di Legge, recante “modifiche al codice di procedura penale: disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere”, vuole contrastare il fenomeno della violenza sulle donne.
Tra i principali interventi normativi previsti si annovera l’art. 1 che, oltre ad integrare l’art. 347 c.p.p., prevede l’obbligo per la polizia giudiziaria di riferire le notizie di reato relative ai delitti di maltrattamenti, di violenza sessuale, di atti persecutori o di lesioni aggravate, qualora commesse in ambiente domestico o in stato di convivenza.
A fronte di una denuncia/querela a loro pervenuta, la polizia giudiziaria deve essere in grado di agire immediatamente comunicandola “senza ritardo” (anche in forma orale) al Pubblico Ministero, così introducendo una sorta di presunzione di urgenza per queste tipologie di reato.
Lo scopo è quello di “avviare tempestivamente la procedura al fine di adottare provvedimenti “protettivi o di non avvicinamento” prima dell’irreparabile”.[6]
L’art. 2, rubricato “Assunzione di informazioni” introduce il comma 1-ter all’art. 362 c.p.p. che prevede l’assunzione di informazioni da parte del Pubblico Ministero – per i delitti previsti dagli artt. 572, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies, 612-bis c.p. nonché all’art. 582 c.p. nelle ipotesi aggravate previste all’art. 576, comma 1, n. 2,5,5,1 e 577 commi 1 e 2 c.p. – dalla persona offesa e/o da chi ha presentato denuncia/querela/istanza entro 3 giorni (72 ore) dall’iscrizione della notizia di reato, salvo la sussistenza di imprescindibili esigenze di tutela della riservatezza delle indagini, anche nell’interesse della persona offesa.
È doveroso evidenziare come il legislatore, nell’introdurre questo articolo, da un lato si è posto l’obiettivo di garantire una maggiore tutela della riservatezza nelle indagini e dall’altro di assicurare l’audizione “senza ritardo” della vittima da parte dell’autorità giudiziaria al fine di consentire di evitare stasi del procedimento che ritarderebbero in maniera immotivata interventi impeditivi di qualsiasi tipo nei confronti del carnefice.
Un ulteriore intervento normativo previsto è insito nell’art. 3 del suddetto disegno di legge, rubricato “Atti diretti e atti delegati”. Lo stesso prevede l’integrazione dell’art. 370 c.p.p., introducendo nel proseguo al comma 2 del medesimo, il comma 2-bis e 2-ter, “imponendo alla polizia giudiziaria una via preferenziale nella trattazione delle indagini delegate dal Pubblico Ministero”[7] relativamente ai reati di cui sopra.
Nell’art. 4 del disegno di legge qui esaminato si propone una Formazione specifica per gli operatori di Polizia di Stato, dell’Arma dei Carabinieri e della Polizia Penitenziaria, assicurandone l’omogeneità, al fine di prevenire e perseguire i reati insiti negli articoli precedenti. Altresì, si prevede l’obbligatorietà dei corsi stessi per il personale individuato.
L’obiettivo perseguito è quello di fornire cognizioni specialistiche necessarie a trattare i casi di violenza domestica e di genere penalmente rilevanti ai sensi delle succitate norme incriminatrici.
3. E per i centri antiviolenza?
Soccorre evidenziare come per il 2019 sono stati stanziati circa 33 milioni di euro finalizzati ad istituire un fondo speciale per le vittime, nonché ad aprire centri regionali di pronto intervento volti a fornire idoneo ed adeguato supporto legale e psicologico alle donne che intendono denunciare quanto da loro subito, fino alla presa in carico dei centri antiviolenza.
Occorre ricordare come già prima di questo DDL, con la Legge 122/2016 nel nostro ordinamento era già previsto un Fondo per le vittime di reati intenzionalmente violenti[8], purtroppo però non specifico per le vittime di violenza sessuale e femminicidi. Lo stesso racchiude nella categoria dei reati intenzionalmente violenti anche ulteriori reati di diverso genere (tra cui quelli di stampo mafioso).
4. Il DDL “Codice Rosso”: è davvero risolutivo?
Allo stato, quanto insito nel succitato disegno di legge non risulta essere ancora sufficiente oltreché risolutivo a contrastare il fenomeno. Sicuramente ciò costituisce un primo passo verso il mutamento di una situazione di grande criticità ed urgenza dove sempre più donne risultano essere vittime e dove l’aumento dei carnefici è incontrovertibile.
È
necessario intensificare le misure già presenti nel nostro ordinamento e
prevederne sempre di nuove, anche in funzione delle tecnologie e delle nuove
tecniche punitive sempre più all’avanguardia.
[1] Cfr. fonte: Eures, dati 2018.
[2] Cfr. fonte: Eures, dati 2018.
[3] Cfr. fonte: Ministero della giustizia.
[4] Cfr. fonte: Eures.
[5] Cfr. Si veda, Relazione Illustrativa, schema disegno di legge recante modifiche al codice di procedura penale: disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere, 28 Novembre 2018.
[6] Si veda, L. Izzo, Violenza donne: cosa prevede il Codice Rosso in Studio Cataldi, il diritto quotidiano, 29 Novembre 2018.
[7] Cfr. Si veda, Relazione Illustrativa, schema disegno di legge recante modifiche al codice di procedura penale: disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere, 28 Novembre 2018.
[8] L’accesso è riconosciuto dal Legislatore a tutte le vittime di un reato doloso commesso con violenza alla persona.
L’indennizzo viene riconosciuto per la rifusione delle spese mediche e assistenziali sostenute; nei confronti delle vittime di violenza sessuale e di omicidio, viene elargito a prescindere dal sostentamento delle spese mediche e assistenziali, nei limiti della disponibilità del fondo.
La domanda di indennizzo può essere presentata dalla vittima o dai parenti della stessa entro 60 giorni dalla definizione del giudizio.
Per i reati di omicidio è previsto un indennizzo di 7.200 euro, aumentato a 8.200 euro per i figli della vittima, a condizione che il delitto sia stato commesso dal coniuge (anche separato o divorziato) o dalla persona legata alla vittima da una relazione affettiva.
In caso di violenza sessuale è previsto un indennizzo di 4.800 euro, salvo che ricorra (ex art. 609-bis c.p.) la circostanza attenuante della minor gravità.
Per altri reati, infine, è previsto un indennizzo fino a 3.000 euro per la rifusione delle spese mediche e assistenziali, previa attestazione delle spese sostenute.
Nella legge di bilancio 2018 sono stati stanziati 7.4 milioni di euro per il triennio (2018-2020).