Responsabilità da cose in custodia ex art 2051 cc e beni demaniali: risarcimento e onere della prova

in Giuricivile, 2018, 5 (ISSN 2532-201X), nota a Cass., sez VI civ., ord. n. 6703 del 19/03/2018

Come noto, l’art. 2051 c.c. dispone che “Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”.

Il custode è da identificare in chi ha una effettiva e non occasionale disponibilità non solo materiale, ma giuridica della cosa ed è in grado di controllare i rischi ad essa inerenti.

Prescinde il titolo sul quale si fonda questo potere (proprietà o altro diritto reale) potendo anche trattarsi di un rapporto con la cosa fondato anche su un semplice potere di fatto (possesso o detenzione).

In relazione ai beni demaniali la responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia, grava sulla Pubblica Amministrazione, la quale, per liberarsi dalla colpa del danno provocato a terzi per irregolarità del manto stradale, dovrà provare il caso fortuito.

Questo quanto ribadito dalla VI sezione Civile della Cassazione con l’ordinanza n. 6703 depositata il 19 marzo 2018.

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Il fatto

Un cittadino citava innanzi al Giudice di Pace il proprio comune di residenza per vederlo condannare al risarcimento dei danni patiti a seguito di una rovinosa caduta al suolo mentre era alla guida del suo motorino causata dalla presenza di un materiale vischioso sul manto stradale, non visibile e non segnalato.

Il giudice di prime cure rigettava la domanda attorea, l’attore proponeva così appello innanzi al Tribunale, il quale con sentenza pubblicata il 28 maggio 2016 rigettava l’appello e ogni altra domanda, condannando l’appellante alle spese di lite.

Avverso la sentenza del Tribunale l’appellante proponeva ricorso per Cassazione.

La normativa

Come già specificato, la custodia prescinde il titolo sul quale si fonda il potere: può infatti trattarsi di un rapporto con la cosa fondato anche su un semplice potere di fatto.

Alla luce di siffatta definizione, si ritiene comunemente che entrino nel raggio di applicazione della norma in esame:

  • il Condominio, quale custode dei beni condominiali;
  • il titolare del pubblico esercizio, in relazione al pavimento scivoloso sul quale sono caduti i clienti;
  • l’armatore della nave che causa danni alle installazioni portuali in fase di ormeggio;

Si considerano cose in custodia anche i beni pubblici. A tal proposito, un orientamento della dottrina e della giurisprudenza ritiene applicabile l’art. 2051 c.c. nei confronti dell’ente, custode della pubblica strada, per i danni cagionati a causa delle insidie o trabocchetti presenti sul manto stradale.

Una volta che sono presenti tutti e tre i presupposti (presenza di un custode, della cosa che ha cagionato il danno e del nesso di causalità tra cosa ed evento dannoso), colui che ha in custodia la cosa può essere esente da responsabilità solo provando l’esistenza di un caso fortuito, idoneo – secondo recente giurisprudenza– a interrompere il nesso di causalità tra cosa e danno, oppure la colpa esclusiva del danneggiato o, se la cosa è inerte, la sua non pericolosità in relazione allo stato dei luoghi.

La decisione della Corte

In particolare, la Corte di Cassazione ha affermato che “la responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia, di cui all’art. 2051 c.c., opera anche per la P.A. in relazione ai beni demaniali, con riguardo, tuttavia, alla causa concreta del danno, rimanendo l’Amministrazione liberata dalla medesima responsabilità qualora vada a provare e dimostrare che l’evento sia stato determinato da cause estrinseche ed estemporanee create da terzi, non conoscibili nè eliminabili con immediatezza, neppure con la più diligente attività di manutenzione, ovvero da una situazione (nella specie, una macchia d’olio, presente sulla pavimentazione stradale, che aveva provocato la rovinosa caduta di un motociclista) la quale imponga di qualificare come fortuito il fattore di pericolo, avendo esso esplicato la sua potenzialità offensiva prima che fosse ragionevolmente esigibile l’intervento riparatore dell’ente custode (1).

A tal riguardo, la Cassazione ha evidenziato l’errore compiuto dal Tribunale nella veste di giudice d’Appello il quale, precisando la presenza della macchia d’olio confermata dalla relazione della Polizia Municipale, ma senza specificare da quanto tempo fosse presente la sostanza scivolosa sulla carreggiata nè di che tipo di sostanza si trattasse, aveva erroneamente condannato in secondo grado l’attore per non aver provato in alcun modo che il fatto fosse imputabile alla P.A., liberando così quest’ultima dall’onere della prova.

Così facendo il tribunale ha quindi completamente aggirato la normativa presente nel codice civile sottraendo il custode dall’onere di provare il caso fortuito e, viceversa, ponendo illegittimamente tale onere a carico dell’attore.

In conclusione la Suprema corte ha dunque cassato la sentenza rinviandola ad un nuovo giudice d’appello.


(1) tra le piu’ recenti, v. Cass., ord., 27/03/2017, n. 7805; Cass., 11/03/2016, n. 4768, Cass. 22/03/2016, n. 5622 e Cass. 23/03/2016, n. 5695, Cass. 12/03/2013, n. 6101; Cass. 18/10/2011, n. 21508; Cass. 18/07/2011, n. 15720; Cass. 13/07/2011, n. 15389; Cass. 20/11/2009, n. 24529; Cass. 19/11/2009, n. 24419; Cass. 3/04/2009, n. 8157.

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