La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 6963 del 20 marzo 2018, ha sancito un importante principio interpretativo della legge sull’adozione nella parte in cui viene attribuito all’adottato il diritto di conoscere le proprie origini.
Secondo la Corte la norma va infatti interpretata nel senso di estendere il diritto non solo al genitore biologico ma anche a eventuali fratelli o sorelle con i quali esiste il legame di sangue.
Fatto
Un ragazzo agiva presso il Tribunale per i minorenni di Torino – invocando l’art. 28 commi 4 e 5 della legge n. 184 del 1983 – per vedersi riconosciuto il diritto a conoscere le generalità delle proprie sorelle, adottate come lui da famiglie diverse.
La richiesta veniva però respinta sia dal Tribunale che dalla Corte d’Appello, che ritenevano il diritto ai legami familiari operante limitatamente con riferimento alle origini e all’identità dei genitori biologici.
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Diverso è il caso della relazione con le sorelle anch’esse adottate, in quanto rispetto a tale diritto risulterebbe prevalente quello alla riservatezza delle stesse, tutelato anche mediante la previsione del reato di cui all’art. art. 73 della legge sull’adozione, a norma del quale “chiunque essendone a conoscenza in ragione del proprio ufficio fornisce qualsiasi notizia idonea a rintracciare un minore nei cui confronti sia stata pronunciata adozione o rivela in qualsiasi modo notizie circa lo stato di figlio adottivo è punito con la reclusione fino a sei mesi”.
Nel caso di fratelli biologici adottati, anche l’ascolto finalizzato a verificare il consenso all’accesso ai dati, sarebbe destinato a ripercuotersi sui delicati equilibri connessi allo stato di soggetto adottato, oltre che sui genitori adottivi degli stessi.
Il ricorso in Cassazione
Il ricorrente ricorreva dunque in Cassazione, deducendo la violazione degli artt. 7 e 8 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 20 ottobre 1989 in cui si sancisce anche il diritto del minore a conservare identità, nome e relazioni familiari. Per l’adottato, infatti l’identità consiste proprio nel ricercare le proprie origini, le proprie radici e conoscere le informazioni relative alla famiglia biologica.
La Corte territoriale avrebbe inoltre fornito un’interpretazione sbagliata dell’art. 28 della legge sull’adozione, ritenendo che non si possano comprendere nei legami familiari anche quelli con i fratelli.
Il bilanciamento con il diritto alla riservatezza, secondo il ricorrente, può ben essere attuato mediante adeguata istruttoria volta ad accertare l’eventuale reazione delle sorelle alla predetta richiesta.
Il quesito rivolto alla Corte Suprema è quindi: il diritto ai legami familiari è stato considerato e apprezzato dal legislatore limitatamente all’origine e all’identità dei genitori biologici o anche con riferimento alla relazione con le sorelle o fratelli biologici, alla stregua dell’interpretazione sistematica delle norme sovranazionali e nazionali, confortata dai principi elaborati dalla giurisprudenza costituzionale nonché di legittimità e merito?
La decisione della Corte
Secondo la Corte di legittimità, tale domanda ha ad oggetto il riconoscimento di diritti fondamentali e inviolabili della persona. E il diritto a conoscere le proprie origini è proprio un’espressione essenziale del diritto all’identità personale. Lo sviluppo della propria personalità parte proprio da questi punti, andando a ricercare e riconoscere le proprie origini.
La Corte Costituzionale, con la sentenza numero 278/2013 ha riconosciuto così un diritto dell’adottato a conoscere le proprie origini.
La pronuncia è scaturita anche da una decisione della Corte Europea dei diritti dell’uomo (caso Godelli c. Italia sentenza 25.9.2012), nella quale, si è ritenuto che la legge italiana fosse troppo sbilanciata verso la figura della madre, tralasciando invece la figura paterna e quindi non consentendo il pieno rispetto del diritto alla vita privata e familiare assicurato dall’art. 8 della Convenzione europea.
La Cassazione a seguito delle pronunce sopra elencate era intervenuta stabilendo che anche in assenza dell’intervento del legislatore dopo la dichiarazione d’incostituzionalità, il giudice deve dare subito attuazione al diritto del figlio di conoscere le proprie origini, utilizzando un modulo procedimentale idoneo a verificare la volontà e la disponibilità a rimuovere il segreto sulla propria identità da parte della madre biologica (Cass.Civ., Sez.Un. 1946/97).
Ebbene, con la pronuncia in esame, La Corte ha ritenuto che un’interpretazione costituzionalmente e convenzionalmente orientata della norma, possa includere, oltre ai genitori biologici anche i più stretti congiunti come i fratelli e le sorelle.
Ciò perché si tratta per l’adottato di un diritto di primario rilievo nella costruzione dell’identità personale che si completa con la scoperta della propria genealogia biologico-genetica.
Nel caso di specie, la situazione personale di partenza del ricorrente e delle sorelle era del tutto identica, poiché anche queste ultime erano state adottate ma da coppie diverse, con conseguente allontanamento e perdita di ogni contatto e informazione reciproca dall’avvenuta adozione.
La Corte ha specificato però che il diritto a conoscere le proprie origini, alle condizioni sopra indicate, è limitato all’accesso alle informazioni relative all’identità delle sorelle biologiche, e non comporta la costituzione di alcun vincolo di parentela o relazionale e con obbligo di trattamento dei dati personali conosciuti non lesivo dei diritti altrui.