Con la sentenza n. 23225 del 15 novembre 2016, le Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione, pronunciando ai sensi dell’art. 363, comma 3, c.p.c., hanno affermato che se è controversa, nel medesimo giudizio instaurato dal creditore principale, o in altro già pendente, l’esistenza del controcredito opposto in compensazione, il giudice non può pronunciare la compensazione, né legale, né giudiziale.
I requisiti della compensazione: certezza, liquidità ed esigibilità
Dopo aver sinteticamente richiamato l’intera disciplina in materia di compensazione, la Corte ha anzitutto chiarito quando devono ritenersi integrati i requisiti necessari per compensare due crediti.
Ai sensi dell’art. 1243 c.c., i crediti compensabili devono essere liquidi, certi ed esigibili. Mentre la liquidità attiene all’oggetto della prestazione (sono liquidi i crediti determinati nell’ammontare in base al titolo), la certezza attiene all’esistenza dell’obbligazione, e quindi al titolo costitutivo del credito. Perciò la contestazione del titolo non è in sé contestazione sull’ammontare del credito, come determinato in base al titolo, ma, se questo è controverso, la liquidità e l’esigibilità sono temporanee e a rischio del creditore.
Di conseguenza, il requisito della liquidità del credito non ricorre non solo quando esso non sia certo nel suo ammontare, ma anche quando ne sia contestata l’esistenza. Da ciò discenderebbe l’ormai consolidato principio secondo cui, per l’operatività della compensazione legale, il titolo del credito deve essere incontrovertibile, ossia non deve essere più soggetto a modificazioni a seguito di impugnazione, non solo nella sua esattezza, ma anche nella sua esistenza.
Compensazione legale e giudiziale: rapporto tra art. 1243 c.c. e art. 35 c.p.c.
I suddetti requisiti prescritti ex art. 1243, co. I, c.c. per la compensazione legale, devono sussistere necessariamente anche per la compensazione giudiziale. Il secondo comma di detta norma si limita a consentire al giudice del credito principale di liquidare il controcredito opposto in compensazione soltanto se il suo ammontare è facilmente e prontamente liquidabile in base al titolo. Ma per esercitare questo potere discrezionale, al fine di dichiarare la compensazione giudiziale, il controcredito deve essere certo nella sua esistenza e, dunque, non controverso. Se il controcredito è contestato, come prevede l’art. 35 c.p.c., allora non è certo, e quindi non è idoneo ad operare come compensativo sul piano sostanziale: di conseguenza l’eccezione di compensazione va respinta.
Sia l’art. 1243, co. II c.c., sia l’art. 35 c.p.c., prevedono che a decidere i contrapposti crediti sia il giudice dinanzi al quale essi sono contemporaneamente dedotti, mentre il meccanismo previsto dall’art. 35 c.p.c. è attivabile nel solo caso in cui il giudice del credito principale non possa conoscere di quello opposto in compensazione.
Quanto alla presunta disparità di trattamento tra credito opposto contestato nel giudizio sul credito principale e credito opposto già contestato in giudizio pendente davanti ad altro giudice, le Sezioni Unite hanno rilevato che le norme di cui agli artt. 34, 35, 36, 40, 295 e 337 c.p.c., sia che la controversia sull’esistenza del controcredito sorga nel giudizio sul credito principale, sia che già penda dinanzi ad un giudice di pari grado o superiore, non rilevano sulla speciale disciplina delineata dall’art. 1243, co. II c.c. perché le norme sulla competenza per accertare l’esistenza del controcredito sono estranee alla compensazione giudiziale.
Di conseguenza, qualora sia controversa l’esistenza del controcredito opposto in compensazione, sia nel medesimo giudizio instaurato dal creditore principale che in altro già pendente, il giudice non può pronunciare la compensazione, né legale, né giudiziale. Resterebbe peraltro esclusa la possibilità di disporre la sospensione della decisione sul credito oggetto della domanda principale, e andrebbe parimenti esclusa l’invocabilità della sospensione contemplata in via generale dall’ art. 295 c.p.c. o dall’art. 337 secondo comma c.p.c., proprio in considerazione della prevalenza della disciplina speciale del citato art. 1243 c.c.
I principi di diritto delle Sezioni Unite
Alla luce di quanto affermato, la Suprema Corte ha pertanto enunciato i seguenti principi di diritto:
A) “Le norme del codice civile sulla compensazione stabiliscono i presupposti sostanziali, oggettivi, del credito opposto in compensazione: liquidità – che include il requisito della certezza – ed esigibilità. Verificata la ricorrenza dei predetti requisiti, il giudice dichiara l’estinzione del credito principale per compensazione – legale – a decorrere dalla coesistenza con il controcredito e, accogliendo la relativa eccezione, rigetta la domanda.
B) Se il credito opposto in compensazione è certo, ma non liquido, nel senso di non determinato, in tutto o in parte, nel suo ammontare, il giudice può provvedere alla relativa liquidazione se è facile e pronta; quindi, o può dichiarare estinto il credito principale per compensazione giudiziale fino alla concorrenza con la parte di controcredito liquido, o può sospendere cautelativamente la condanna del debitore fino alla liquidazione del controcredito eccepito in compensazione.
C) Se è controversa, nel medesimo giudizio instaurato dal creditore principale, o in altro giudizio già pendente, l’esistenza del controcredito opposto in compensazione (art. 35 c.p.c.) il giudice non può pronunciare la compensazione, né legale né giudiziale.
D) La compensazione giudiziale, di cui all’art. 1243 secondo comma c.c., presuppone l’accertamento del controcredito da parte del giudice dinanzi al quale la medesima compensazione è fatta valere, mentre non può fondarsi su un credito la cui esistenza dipenda dall’esito di un separato giudizio in corso e prima che il relativo accertamento sia divenuto definitivo. In tale ipotesi, pertanto, resta esclusa la possibilità di disporre la sospensione della decisione sul credito oggetto della domanda principale, e va parimenti esclusa l’invocabilità della sospensione contemplata in via generale dall’ art. 295 c.p.c. o dall’art. 337 secondo comma c.p.c. in considerazione della prevalenza della disciplina speciale del citato art. 1243 c.c.