Assegno di mantenimento figli minori: va determinato secondo criteri di proporzionalità e concretezza

L’ordinanza n. 25534/2025 (clicca qui per consultare il testo integrale della decisione) affronta il tema della determinazione dell’assegno di mantenimento per i figli minori nei procedimenti di separazione e divorzio, ribadendo l’obbligo per il giudice del gravame di svolgere una valutazione complessiva, proporzionata e concreta delle condizioni economiche dei genitori, alla luce dei criteri di cui all’art. 337-ter, comma 4, c.c. La pronuncia si inserisce nel percorso giurisprudenziale volto a rafforzare la funzione sostanziale del principio di proporzionalità e ad evitare automatismi nella quantificazione dell’assegno, imponendo una verifica effettiva della capacità lavorativa e reddituale dell’obbligato.

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Formulario commentato della famiglia e delle persone

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Lucilla Nigro
Autore di formulari giuridici, unitamente al padre avv. Benito Nigro, dall’anno 1990. Avvocato cassazionista, Mediatore civile e Giudice ausiliario presso la Corte di Appello di Napoli, sino al dicembre 2022, è attualmente Giudice ordinario di pace.

 

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Introduzione

Nel solco di una giurisprudenza sempre più attenta all’equilibrio tra tutela del minore e sostenibilità dell’obbligo genitoriale, l’ordinanza in commento si pone come un intervento di raffinamento interpretativo dell’art. 337-ter c.c., norma cardine del diritto di famiglia riformato dal d.lgs. n. 154 del 2013.
La Corte di cassazione, muovendo da un caso concreto in cui la decisione d’appello aveva confermato un assegno di mantenimento in modo schematico e apodittico, riafferma che la quantificazione del contributo economico deve avvenire secondo un criterio integrato e multidimensionale, che tenga conto delle reali condizioni di vita di entrambe le parti e delle esigenze effettive dei figli.

L’ordinanza in esame assume rilievo principalmente per tre profili fondamentali: il primo concerne la ricostruzione del contenuto precettivo dell’art. 337-ter, comma 4, c.c.; il secondo profilo riguarda l’individuazione dei limiti del potere valutativo del giudice di merito; ed il terzo tocca il collegamento con i principi costituzionali e convenzionali del giusto processo (artt. 111 Cost. e 6 CEDU).

Si tratta, dunque, di una pronuncia che, pur muovendo da un caso familiare concreto, ha una forte valenza sistematica, poiché contribuisce a precisare la portata garantistica del principio di proporzionalità nel diritto di famiglia.

Il caso e la questione giuridica

Nel procedimento di separazione tra i coniugi, il tribunale aveva posto a carico del padre un assegno di mantenimento per i figli minori, fondando la quantificazione prevalentemente sulle crescenti esigenze dei minori e sul tenore di vita goduto durante la convivenza familiare.
Il genitore obbligato aveva impugnato la decisione deducendo l’impossibilità oggettiva di adempiere, per sopravvenuta perdita del lavoro, condizioni di salute invalidanti e mancanza di fonti di reddito.
La Corte d’appello, tuttavia, aveva confermato l’importo dell’assegno, ritenendo che l’obbligato conservasse una “capacità lavorativa potenziale” e che l’interesse dei figli dovesse prevalere in ogni caso.

Nel ricorso per cassazione, il genitore lamentava la violazione dell’art. 337-ter, comma 4, c.c., nonché degli artt. 115, 116 e 360, nn. 3 e 5, c.p.c., denunciando l’omessa valutazione delle mutate condizioni economiche e la mancata considerazione delle prove documentali che attestavano l’effettiva impossibilità di adempiere.
La questione giuridica sottoposta alla Corte verteva dunque sull’estensione del dovere del giudice di valutare in modo concreto e bilanciato le condizioni economiche di entrambi i genitori, in coerenza con i parametri fissati dall’art. 337-ter c.c.

L’analisi della decisione

La Suprema Corte accoglie il ricorso, enunciando un principio di diritto di portata generale.
Essa afferma che, in tema di mantenimento dei figli minori, il giudice del gravame non può limitarsi a considerare l’aumento delle esigenze del minore, ma deve compiere una valutazione complessiva e comparativa della situazione economica di entrambi i genitori, applicando con rigore i criteri dettati dall’art. 337-ter, comma 4, c.c.

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Il contenuto dell’art. 337-ter, comma 4, c.c.

La disposizione individua cinque parametri di riferimento, che devono essere considerati congiuntamente e non alternativamente:

  1. le attuali esigenze del figlio;
  2. il tenore di vita goduto durante la convivenza;
  3. i tempi di permanenza presso ciascun genitore;
  4. le risorse economiche di entrambi;
  5. la valenza economica dei compiti domestici e di cura.

Secondo la Corte, tali criteri danno forma al principio di proporzionalità, che governa l’obbligo di mantenimento: ogni genitore deve contribuire in misura proporzionata alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro, professionale o casalingo.
Da ciò deriva l’obbligo per il giudice di accertare in concreto le reali condizioni economiche e lavorative, evitando presunzioni di capacità astratta o potenziale.

L’onere di motivazione e il vizio di legittimità

La Corte censura la motivazione della decisione impugnata per omissione di valutazione di fatti decisivi.
L’omessa considerazione delle prove relative all’indigenza e all’incapacità lavorativa dell’obbligato costituisce violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e determina vizio di motivazione rilevante ex art. 360, nn. 3, 4 e 5, c.p.c.
Il giudice, infatti, non può ignorare le mutate condizioni economiche sopravvenute, poiché l’assegno di mantenimento non è cristallizzato nel tempo, ma deve essere calibrato sulla base della situazione attuale e delle possibilità effettive del genitore.

Il collegamento con i principi costituzionali

La Corte collega la violazione del principio di proporzionalità anche agli artt. 111 Cost. e 6 CEDU, ritenendo che un provvedimento che imponga un obbligo economico sproporzionato, senza adeguata motivazione, contrasti con il diritto a un equo processo e con la tutela della dignità personale del soggetto obbligato.
La decisione introduce così un’importante apertura verso la sfera soggettiva di libertà e di autodeterminazione economica del genitore, senza pregiudicare la priorità del diritto del minore al mantenimento.

Osservazioni

L’ordinanza in commento offre un importante contributo al processo di costituzionalizzazione del diritto di famiglia.
L’art. 337-ter c.c., letto alla luce dei principi costituzionali di uguaglianza e solidarietà, non impone un dovere assoluto e illimitato, ma un obbligo modulato sulla base delle reali possibilità di ciascun genitore.
Il principio di proporzionalità assume qui una valenza non solo economica, ma anche etica e sociale, traducendosi nel dovere di garantire ai figli un livello di vita adeguato, senza annientare le capacità di sostentamento dell’obbligato.

La Corte di cassazione compie, così, una ricomposizione equilibrata tra i due poli della relazione familiare: da un lato, l’interesse del minore a ricevere un mantenimento congruo e continuativo; dall’altro, la necessità di preservare la dignità e la libertà economica del genitore.
In questo senso, la decisione si distacca dagli orientamenti più rigidi del passato, che tendevano a presumere la capacità lavorativa potenziale del genitore obbligato, anche in assenza di elementi concreti.

L’ordinanza valorizza altresì il profilo processuale dell’accertamento: il giudice del merito deve motivare in modo analitico e verificabile, spiegando perché determinate prove siano ritenute non decisive o inattendibili.
Si tratta di un approccio coerente con la più recente giurisprudenza di legittimità in materia di motivazione apparente (Cass., SS.UU., n. 8053/2014), che riconduce l’omessa valutazione di fatti decisivi a una violazione del diritto di difesa.

Conclusioni

L’ordinanza n. 25534/2025 si colloca nel solco di un diritto di famiglia sempre più attento alla concretezza delle situazioni e alla proporzione degli obblighi genitoriali.
Essa ribadisce che la quantificazione dell’assegno di mantenimento non può essere il risultato di un calcolo aritmetico né di un automatismo presuntivo, ma deve derivare da un accertamento individualizzato, fondato su dati oggettivi, documentali e verificabili.

La decisione assume un valore paradigmatico anche per la prassi giudiziaria:

  • impone al giudice del merito un obbligo di indagine effettiva sulle condizioni economiche;
  • rafforza la funzione dell’art. 337-ter c.c. come strumento di giustizia sostanziale;
  • restituisce all’obbligo di mantenimento il suo significato costituzionalmente orientato, ancorato al principio di solidarietà ma temperato dal criterio della proporzionalità.

In conclusione, l’ordinanza in commento rappresenta un punto di equilibrio tra esigenza di protezione del minore e rispetto della dignità del genitore, riaffermando la centralità della motivazione come garanzia del giusto processo e come condizione di legittimità sostanziale del provvedimento.
Il suo valore non risiede soltanto nella soluzione del caso concreto, ma nella promozione di un modello di giustizia familiare fondato sull’effettività, sull’equilibrio e sulla ragionevolezza.

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