Reclamabilità dei provvedimenti indifferibili ex art. 473-bis.15 c.p.c.

La possibilità di impugnare i provvedimenti indifferibili adottati dal giudice minorile ai sensi dell’art. 473-bis.15 c.p.c. ha sollevato, a seguito dell’entrata in vigore del rito unico per le persone, i minorenni e le famiglie (introdotto dal d.lgs. n. 149/2022, c.d. riforma Cartabia), un vivace dibattito tra interpreti e operatori del diritto. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11688/2024 (clicca qui per consultare il testo integrale della decisione), è intervenuta a colmare questo vuoto ricostruttivo, offrendo un’interpretazione chiarificatrice destinata ad orientare la prassi giudiziaria nei casi futuri. Per un approfondimento sul nuovo processo di famiglia introdotto dalla Riforma Cartabia, ti consigliamo il volume “I nuovi procedimenti di famiglia”, acquistabile cliccando su Shop Maggioli o su Amazon.

I nuovi procedimenti di famiglia

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Ida Grimaldi,
Avvocato cassazionista, esperta in materia di diritto di famiglia e tutela dei minori, lavoro e discriminazioni di genere. È docente e relatrice in numerosi convegni nazionali, dibattiti e corsi di formazione. Autrice e curatrice di diverse opere in materia di diritto di famiglia e minorile, lavoro e pari opportunità, scrive per numerose riviste giuridiche ed è componente del Comitato Scientifico della rivista “La Previdenza Forense”, quadrimestrale della Cassa di Assistenza e Previdenza Forense.

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Il caso in esame

Il procedimento nasceva su iniziativa dei nonni paterni di un minore, i quali chiedevano, ai sensi degli artt. 317-bis e 333 c.c., l’adozione di provvedimenti urgenti, in ragione di una situazione pregiudizievole che, a loro dire, giustificava il mutamento del collocamento e la limitazione della responsabilità genitoriale della madre.

Il Tribunale per i Minorenni, ritenendo sussistente l’urgenza, disponeva inaudita altera parte il collocamento temporaneo del minore presso i nonni materni e attivava contestualmente i servizi sociali territoriali. La madre proponeva reclamo alla Corte d’Appello, che tuttavia si dichiarava incompetente, ritenendo inapplicabile l’art. 473-bis.24 c.p.c., norma dedicata ai reclami nei procedimenti in materia familiare.

A seguito di ciò, la madre riassumeva il reclamo dinanzi al Tribunale per i Minorenni in composizione collegiale. Quest’ultimo, chiamato a pronunciarsi sull’eccezione preliminare di inammissibilità per difetto di previsione normativa, riteneva opportuno sollevare rinvio pregiudiziale alla Corte di Cassazione ai sensi dell’art. 363-bis c.p.c.

Il rinvio pregiudiziale alla Corte di Cassazione: cenni

Pare opportuno, a questo punto, fare un breve accenno all’istituto appena menzionato che, come il rito unico in materia di persone, famiglie e minorenni di cui al titolo 473-bis, è stato introdotto dalla Riforma c.d. Cartabia, traendo ispirazione da un procedimento previsto in alcuni ordinamenti superiori. Difatti, i precedenti strumenti per adire la Corte di Cassazione non prevedevano questa possibilità che viene definita dagli illustri commentatori come “nomofilachia preventiva”.

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Il procedimento del rinvio pregiudiziale si svolge nel seguente modo: il giudice di merito sottopone direttamente alla Suprema Corte una questione interpretativa di diritto non ancora oggetto di consolidata giurisprudenza né di un principio di diritto già espresso dalla Cassazione e che presenti un elevato grado di complessità, risultando altresì rilevante per la decisione della causa e potenzialmente incidente su una pluralità di giudizi futuri.

La procedura del rinvio pregiudiziale

Il rinvio pregiudiziale alla Corte di Cassazione non si configura come uno strumento impugnatorio, ma come un meccanismo collaborativo e nomofilattico: un canale diretto tra il giudice di merito – chiamato ad applicare quotidianamente il diritto – e la Corte di Cassazione, cui spetta il compito costituzionale di garantirne l’uniforme interpretazione.

L’ordinanza di rimessione deve essere motivata e il procedimento si svolge con le garanzie del contraddittorio: le parti possono presentare memorie, e la questione viene discussa in udienza pubblica. All’esito, la Corte enuncia un principio di diritto vincolante per il giudice remittente, anche nel caso in cui il giudizio a quo venga successivamente estinto o qualora tra le medesime parti si instauri un nuovo giudizio fondato sulla stessa domanda.

Dal punto di vista sistematico, il rinvio pregiudiziale offre indubbi vantaggi: favorisce una più celere risoluzione di questioni interpretative complesse, previene l’insorgere di orientamenti giurisprudenziali disomogenei e rafforza la certezza del diritto. Tuttavia, non mancano elementi critici: il procedimento può determinare una sospensione del processo principale, richiede un’accurata elaborazione dell’ordinanza di rimessione e, infine, è soggetto a un filtro di ammissibilità da parte della Corte, il che limita l’utilizzabilità indiscriminata dello strumento.

La vicenda oggetto della pronuncia in esame ben evidenzia l’efficacia concreta del rinvio pregiudiziale, rivelandosi una modalità efficace per superare incertezze applicative e contribuire alla costruzione di un sistema giuridico più organico e coerente.

Reclamabilità e competenza dei provvedimenti ex art. 473-bis.15

La questione giuridica devoluta alla Suprema Corte, dunque, può essere sintetizzata nel seguente quesito: “I provvedimenti indifferibili adottati ex art. 473-bis.15 c.p.c. sono suscettibili di reclamo? E, in caso affermativo, dinanzi a quale giudice?”

Il quadro normativo risultava caratterizzato da un significativo vuoto interpretativo. L’art. 473-bis.15 c.p.c., infatti, non contempla espressamente la possibilità di proporre impugnazione, configurandosi quale norma che attribuisce al giudice il potere di adottare, ante causam, provvedimenti urgenti nell’interesse del minore. Trattasi, nella sostanza, di misure cautelari provvisorie, prive di stabilità e suscettibili di essere confermate, modificate o revocate all’udienza fissata entro quindici giorni dalla loro adozione.

La dottrina e la giurisprudenza di merito si sono divise in merito alla natura e all’impugnabilità di tali provvedimenti:

  • Una prima tesi ne negava la reclamabilità, ritenendoli assorbiti dai successivi provvedimenti istruttori del giudice e non espressamente menzionati tra quelli reclamabili dall’art. 473-bis.24 c.p.c.;
  • Una seconda li considerava reclamabili solo in quanto incidenti su diritti fondamentali del minore (responsabilità genitoriale, affidamento, collocamento), valorizzando un criterio sostanziale e non formale;
  • Una terza prospettava una generale reclamabilità di tutti i provvedimenti cautelari familiari, proponendo l’applicazione analogica dell’art. 669-terdecies c.p.c., pur riconoscendo incertezza sul giudice competente (Tribunale collegiale o Corte d’Appello).

La Corte di Cassazione, con la pronuncia in esame, ha ritenuto fondata la seconda opzione interpretativa, sancendo il seguente principio di diritto:

«In tema di procedimento in materia di persone, minorenni e famiglie di cui al Titolo IV-bis del Libro secondo del codice di rito, introdotto dal d.lgs. n. 149 del 2022, avverso l’ordinanza di conferma, modifica o revoca dei provvedimenti indifferibili resi, inaudita altera parte, ex art. 473-bis.15 cod. proc. civ. è consentito il reclamo, da proporsi innanzi alla corte di appello, esclusivamente nell’ipotesi in cui il contenuto di questi ultimi coincida con quello dei provvedimenti di cui al comma 2 dell’art. 473-bis.24 cod. proc. civ., e, dunque, ove sospendano o introducano sostanziali limitazioni alla responsabilità genitoriale, prevedano sostanziali modifiche dell’affidamento e della collocazione dei minori, ovvero ne dispongano l’affidamento a soggetti diversi dai genitori».

Conclusioni: la valenza sistematica della pronuncia in esame

La pronuncia si segnala per la sua valenza sistematica, colmando una lacuna interpretativa rilevante e garantendo un equilibrato bilanciamento tra le esigenze di urgenza e la tutela effettiva dei diritti fondamentali. Il richiamo all’art. 363-bis c.p.c. conferma la funzionalità del rinvio pregiudiziale quale strumento di nomofilachia preventiva, che consente alla Suprema Corte di intervenire in via anticipata per dirimere questioni giuridiche controverse non ancora regolate da precedenti consolidati.

L’importanza della decisione risiede altresì nel riconoscimento, in via sistemica, del fatto che la natura provvisoria di un provvedimento non può giustificare una compressione arbitraria del diritto di difesa, specialmente laddove vengano in rilievo interessi primari del minore costituzionalmente protetti (artt. 2, 30 e 31 Cost.), nonché il principio del contraddittorio (art. 111 Cost.).

In conclusione, la Cassazione conferma che, sebbene l’art. 473-bis.15 c.p.c. non menzioni espressamente la possibilità di reclamo, l’assenza di una clausola di chiusura negativa non può essere intesa come preclusiva della tutela, specie in ambito familiare, dove la materia impone un’interpretazione conforme ai principi sovranazionali e costituzionali in tema di protezione dei diritti dei minori.

La sentenza in commento segna dunque un punto di svolta nella sistematizzazione delle tutele cautelari nel processo familiare, offrendo agli operatori del diritto un riferimento chiaro e univoco, e ribadendo il ruolo centrale della Corte di Cassazione nella costruzione di un diritto processuale coerente e orientato ai valori fondamentali dell’ordinamento.

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