Legittimazione ad agire, titolarità del credito e pubblicazione in Gazzetta Ufficiale

L’ordinanza n. 15088 del 5 giugno 2025, pronunciata dalla Prima Sezione civile della Corte di Cassazione (clicca qui per consultare il testo integrale della decisione), affronta una questione di rilievo sistematico e pratico: il rapporto tra la legittimazione ad agire e la titolarità effettiva del diritto nei casi di cessione in blocco dei crediti ai sensi dell’art. 58 del TUB, e il valore probatorio della pubblicazione dell’avviso in Gazzetta Ufficiale. La sentenza si inserisce in un contesto giurisprudenziale stratificato, caratterizzato da orientamenti anche disomogenei circa l’efficacia dell’avviso di cessione e la ripartizione degli oneri probatori. Con questo intervento, la Suprema Corte interviene a chiarire il perimetro delle nozioni coinvolte, a partire dal distinto statuto della legittimazione processuale e della titolarità sostanziale, fino alla natura presuntiva o meno dell’avviso in Gazzetta, offrendo una guida interpretativa utile sia in sede teorica che pratica.

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Formulario commentato del nuovo processo civile

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Lucilla Nigro
Autrice di formulari giuridici, unitamente al padre avv. Benito Nigro, dall’anno 1990. Avvocato cassazionista, Mediatore civile e Giudice ausiliario presso la Corte di Appello di Napoli, sino al dicembre 2022.

 

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I fatti e la struttura della controversia

La vicenda ha origine da un’opposizione a decreto ingiuntivo proposta da un debitore ingiunto. La parte ingiungente, una società veicolo costituita per la gestione e il recupero di crediti deteriorati (SPV), si era costituita nel giudizio dichiarandosi cessionaria del credito per effetto di un’operazione di cessione in blocco ai sensi dell’art. 58 del TUB. A sostegno della propria posizione, la SPV aveva prodotto l’avviso di cessione pubblicato in Gazzetta Ufficiale.

La Corte d’Appello competente aveva accolto l’opposizione, ritenendo che la SPV non avesse fornito prova sufficiente della titolarità del credito, escludendo che la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale fosse idonea a comprovare il trasferimento del credito azionato. La decisione si fondava sull’assunto che la mera pubblicazione dell’avviso, seppure conforme alla normativa bancaria, non potesse surrogare l’onere probatorio relativo alla concreta appartenenza del credito in lite al perimetro ceduto. Ne derivava la declaratoria di carenza di legittimazione, e la conseguente revoca del decreto ingiuntivo.

La distinzione tra legittimazione ad agire e titolarità sostanziale del diritto

La Corte di Cassazione ha colto l’occasione per chiarire in modo netto la distinzione tra due concetti che, pur nella loro differenza, vengono talvolta confusi dalla giurisprudenza di merito: la legittimazione ad agire e la titolarità del diritto fatto valere. La legittimazione ad agire è un requisito processuale che si collega alla astratta riferibilità del diritto dedotto in giudizio al soggetto che propone la domanda. Essa non implica la prova del diritto, ma solo la coerenza tra il diritto invocato e la soggettività processuale.

Diversamente, la titolarità sostanziale del diritto concerne il merito della domanda, e si identifica con la titolarità effettiva del rapporto giuridico sostanziale posto a fondamento della pretesa azionata. Solo la titolarità, e non la legittimazione, è oggetto di prova e accertamento istruttorio, ove venga specificamente contestata.

Nel caso in esame, la Corte d’Appello, secondo la motivazione della Cassazione, aveva operato una indebita sovrapposizione tra i due piani, giungendo a negare la legittimazione processuale della SPV sulla base dell’insufficienza delle prove circa la titolarità del credito. In realtà, la SPV aveva allegato e documentato la propria legittimazione mediante la produzione dell’avviso in Gazzetta e la dichiarazione di cessione; spettava semmai al giudice di merito, in presenza di contestazioni puntuali, valutare la sussistenza della titolarità nel merito.

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L’efficacia dell’avviso di cessione pubblicato in Gazzetta Ufficiale

Un secondo profilo affrontato dall’ordinanza riguarda il valore probatorio dell’avviso di cessione previsto dall’art. 58 TUB. La disposizione, com’è noto, consente alle banche e agli intermediari finanziari di effettuare cessioni in blocco di rapporti giuridici mediante la sola pubblicazione di un avviso in Gazzetta Ufficiale, con effetto sostitutivo della notificazione ai debitori ceduti.

La Corte precisa che l’avviso in Gazzetta ha un’efficacia legale in ambito sostanziale, nel senso che la cessione produce effetti nei confronti dei debitori ceduti sin dalla pubblicazione. Tuttavia, sul piano processuale, l’avviso non è di per sé prova piena della cessione di uno specifico credito, ma può costituire un elemento indiziario rilevante. In altri termini, esso può fungere da presunzione semplice, suscettibile di integrazione mediante ulteriori riscontri documentali, e la sua efficacia probatoria dipende dalla chiarezza, specificità e completezza dell’avviso stesso, nonché dalla condotta delle parti.

In particolare, se il debitore non contesta specificamente l’appartenenza del proprio credito al portafoglio ceduto, l’avviso può considerarsi sufficiente; viceversa, in presenza di contestazioni dettagliate, la parte cessionaria dovrà fornire una prova più articolata, ad esempio producendo il contratto di cessione o l’elenco analitico dei crediti. Il giudice è chiamato a valutare la sufficienza del materiale probatorio secondo criteri di razionalità, coerenza e precisione.

L’onere della prova, il principio di non contestazione e l’integrazione del thema probandum

Ulteriore punto chiarito dalla Cassazione riguarda la ripartizione dell’onere della prova. Come regola generale, chi agisce in giudizio ha l’onere di provare la titolarità del diritto azionato, ma questo onere si modula in funzione della condotta processuale della controparte. Quando l’avversario resta silente o non solleva contestazioni puntuali, l’onere probatorio si alleggerisce; quando invece la controparte contesta in modo specifico la riferibilità del credito, l’attore è tenuto a dimostrare in modo rigoroso la cessione.

La Corte ribadisce che il principio dispositivo e quello del contraddittorio impongono al giudice di fondare la decisione su elementi emersi dal dibattito processuale. In questo senso, il giudice non può supplire d’ufficio all’insufficienza probatoria su una questione di merito contestata. Tuttavia, la mancata contestazione di una parte può implicare un’ammissione tacita dei fatti allegati dalla controparte, con conseguente alleggerimento dell’onere probatorio.

Importante è anche la precisazione circa i limiti preclusivi all’integrazione del thema probandum: la Corte sottolinea che, una volta superati i termini processuali stabiliti per l’articolazione delle difese e delle prove (in particolare ex artt. 183 e 183-bis c.p.c.), è precluso alle parti introdurre nuovi elementi o deduzioni, salvo che si tratti di repliche a contestazioni specifiche emerse successivamente. In tal senso, la contestazione puntuale può legittimare una nuova produzione documentale integrativa, ma non un mutamento radicale della causa petendi.

La decisione della Corte e il rinvio

Accogliendo i ricorsi proposti, la Suprema Corte ha cassato la sentenza impugnata e rinviato la causa alla Corte d’Appello in diversa composizione. Il giudice di rinvio dovrà esaminare nuovamente la questione della titolarità del credito ceduto tenendo conto della corretta distinzione tra legittimazione e titolarità, e valutando il contenuto dell’avviso alla luce delle contestazioni sollevate nel processo. La decisione dovrà fondarsi su un accertamento istruttorio completo, nel rispetto dei principi di onere della prova, presunzione semplice e contraddittorio. Sarà inoltre necessario verificare se la parte abbia adempiuto ai propri oneri probatori nei limiti consentiti dalle preclusioni processuali e se il comportamento della controparte abbia implicato una sostanziale ammissione dei fatti.

Conclusione

L’ordinanza n. 15088/2025 si colloca nel solco di un’evoluzione giurisprudenziale volta a definire con precisione i rapporti tra diritto sostanziale e diritto processuale. La sua portata va oltre il singolo caso, offrendo una chiave interpretativa sistematica sulla cessione dei crediti in blocco e sul ruolo della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

La Corte ribadisce che la legittimazione ad agire non richiede la prova immediata del diritto, ma solo la sua allegazione coerente, mentre la titolarità sostanziale esige, se contestata, una dimostrazione concreta e puntuale. L’avviso in Gazzetta non è prova piena, ma può fungere da indizio significativo, specie in assenza di contestazioni.

Questi principi, se applicati con rigore e coerenza, contribuiscono a garantire l’equilibrio tra efficienza del sistema bancario e tutela del contraddittorio processuale, evitando eccessi sia sul fronte formale che su quello sostanziale. La sentenza in commento merita dunque particolare attenzione, sia da parte degli operatori giuridici coinvolti nel contenzioso bancario, sia da parte della giurisprudenza di merito, chiamata a confrontarsi con questioni analoghe in un contesto normativo in continua evoluzione. Il valore aggiunto della decisione è l’equilibrio con cui essa tiene insieme tutela della parte debole e certezza giuridica nella circolazione dei crediti, soprattutto in una fase in cui le operazioni di cartolarizzazione rappresentano uno strumento sempre più utilizzato nel settore finanziario italiano.

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