Usucapione della quota in comproprietà: quando il possesso è davvero esclusivo

L’ordinanza della II Sezione Civile della Cassazione, n. 27784 del 17 ottobre 2025 (che puoi leggere cliccando qui), tratta questioni di usucapione e comproprietà, consolidando principi ermeneutici sul possesso esclusivo e i limiti della legittimazione a intervenire nel giudizio per gli eredi legittimari. La Corte rigetta il ricorso degli eredi testamentari che impugnavano la dichiarazione di usucapione di una quota di comproprietà su terreni, confermando la legittimità della pronuncia della Corte territoriale e precisando i criteri per la valutazione del possesso esclusivo in comunione.

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Contesto e iter giudiziario

La vicenda origina da una controversia sulla proprietà di più particelle di terreno in un Comune umbro. Un comproprietario chiedeva al Tribunale di dichiarare l’usucapione della quota di comproprietà del fratello, sostenendo di aver esercitato possesso esclusivo, pacifico e continuato sui beni per oltre vent’anni. Il convenuto si opponeva, tuttavia il Tribunale accolse la domanda attore. In seguito gli eredi impugnarono la decisione innanzi la Corte territoriale, unitamente alla coniuge superstite del soccombente, la quale intervenne in giudizio quale erede legittimaria, pur avendo rinunciato al legato in conto di legittima. La Corte d’Appello confermava la sentenza di primo grado, rigettando l’appello e riconoscendo il possesso esclusivo dell’attore sui terreni.

Motivi del ricorso per Cassazione

Il ricorso per cassazione si è basato su quattro motivi:

  1. Presunta violazione degli artt. 324 c.p.c. e 2909 c.c. riguardo l’apprezzamento del possesso esclusivo, sostenendo che la Corte d’Appello non avesse considerato una sentenza precedente del 1992 che avrebbe dimostrato il cessato consenso al godimento esclusivo dei beni.
  2. L’omesso esame di fatti decisivi sull’effettiva coltivazione e manutenzione dei terreni, contestando la valutazione dell’operato anche alla luce di alcuni contenziosi correlati.
  3. La violazione degli artt. 1141 e 1158 cod. civ., in relazione al presunto contenzioso tra comproprietari, con la critica che la circostanza di aver esercitato alcune attività sui beni comuni non fosse sufficiente a consolidare il possesso esclusivo.
  4. La carenza di legittimazione ad agire della consorte, sostenendo che la rinuncia al legato in conto di legittima avrebbe escluso la sua qualità di legittimaria e quindi la possibilità di intervenire nel giudizio.

Decisione e principi

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso. In particolare:

  • Sul primo motivo la Corte ha sottolineato che la prova del giudicato esterno deve essere accompagnata da idonea produzione della sentenza e attestato di cancelleria per essere considerata nel giudizio, circostanza che i ricorrenti non avevano dimostrato. Inoltre, la mancata produzione rituale rende inammissibile la censura che fonda il ricorso su tale sentenza.
  • Il secondo motivo è stato dichiarato inammissibile per difetto dei requisiti di indicazione chiara delle ragioni di fatto poste a base delle decisioni dei giudici di merito, come richiesto dall’istituto della “doppia conforme”. Il ricorrente non ha comprovato in modo adeguato la divergenza tra i fatti accertati nei differenti gradi di giudizio.
  • Il terzo motivo è stato rigettato ribadendo che in ipotesi di comproprietà il singolo comproprietario può usucapire la quota dell’altro solamente a condizione di un possesso in esclusiva, quindi con modalità incompatibili col godimento comune, non essendo sufficiente l’esercizio di attività consentite o la mera astensione degli altri comproprietari.
  • Circa l’ultimo motivo la Corte ha ricordato che la rinuncia al legato in conto di legittima non esclude la qualità di erede legittimaria e, pertanto, la legittimazione a intervenire nel giudizio, distinguendo tale figura dal legato in sostituzione di legittima, che ha effetti differenti sulla comunione ereditaria.

Rilievo pratico e giurisprudenziale

L’ordinanza in disamina ribadisce un trend giurisprudenziale in ambito di usucapione in comunione, ponendo il focus sull’onere probatorio gravante sul ricorrente che lamenta errori nella valutazione del possesso esclusivo e ribadendo la necessità di produrre in modo adeguato le sentenze costituenti giudicato. Viene individuata la disciplina del possesso in comproprietà, precisando che la mera amministrazione ovvero il godimento del bene comune non bastano a far sorgere un potere esclusivo di dominio. Lo stesso richiede una condotta inequivocabilmente avversa e incompatibile col diritto degli altri comproprietari. In ambito impugnazioni ereditarie, il provvedimento fornisce chiarimenti sulla differenza tra legato in conto e in sostituzione di legittima, come anche le conseguenze relative alla legittimazione ad agire.

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