Per la prima volta le Sezioni Unite della Corte di Cassazione sono state chiamate a stabilire se sia compatibile con il Regolamento (CE) n. 1346 del 2000, aprire in Italia una procedura di insolvenza secondaria di una società avente unica sede legale e produttiva in Italia, successivamente all’apertura in Francia di una procedura di insolvenza principale, ove la medesima società ha invece “il centro degli interessi principali”.
Per la risoluzione della questione, le Sezioni Unite si sono uniformate a quanto stabilito dalla Corte UE del 4 settembre 2014, con la quale, in una fattispecie similare, è stata chiarita la corretta interpretazione del Regolamento (CE) n. 1346 del 2000.
In completa armonia con le considerazioni ermeneutiche della Corte di Giustizia, le Sezioni Unite hanno così chiarito che il Regolamento in esame opera una distinzione fra “centro degli interessi principali” e dipendenza. Sebbene il concetto di “centro degli interessi principali” e quello di “dipendenza” siano associati dal Regolamento alla figura del giudice competente (vedi gli artt. 3, 16 e 27), il primo assolve la funzione di individuare all’interno degli Stati membri quali siano i giudici investiti della competenza comunitaria. La nozione di dipendenza, opera, invece, quale unica condizione oggettiva di ammissibilità della procedura secondaria.
E’ stato, quindi, enunciato il seguente principio di diritto:
“Nel caso in cui, nei confronti di una società a responsabilità limitata avente sede statutaria e struttura produttiva in Italia – facente parte di un gruppo di imprese partecipate totalitariamente da una holding finanziaria di diritto belga -, sia stata aperta una procedura di insolvenza principale dal Giudice francese […] l’apertura di tale procedura non osta a che il Giudice italiano apra successivamente nei confronti della società medesima una procedura di insolvenza secondaria ai sensi dell’art. 3, paragrafo 2, dello stesso Regolamento, all’unica condizione che detta società sia qualificabile come dipendenza. […]
L’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1346/2000 del Consiglio, dei 29 maggio 2000, relativo alle procedure di insolvenza, dev’essere interpretato nel senso che, in caso di messa in liquidazione di una società in uno Stato membro diverso da quello dove essa ha la sua sede legale, detta società può essere oggetto anche di una procedura secondaria di insolvenza nell’altro Stato membro, dove essa ha la sua sede legale e dove è dotata di personalità giuridica“.
Il quadro normativo di riferimento per la risoluzione della questione è costituito principalmente da alcune disposizioni del citato Regolamento n. 1346 del 2000 che, per chiarezza, si elencano sinteticamente di seguito:
a) l’art. 2, lett. h), secondo cui per “dipendenza” si intende “qualsiasi luogo di operazioni in cui il debitore esercita in maniera non transitoria un’attività economica con mezzi umani e con beni“;
b) l’art. 3: “1. Sono competenti ad aprire la procedura di insolvenza i giudici dello Stato membro nel cui territorio è situato il centro degli interessi principali del debitore. Per le società e le persone giuridiche si presume che il centro degli interessi principali sia, fino a prova contraria, il luogo in cui si trova la sede statutaria.
2. Se il centro degli interessi principali del debitore è situato nel territorio di uno Stato membro, i giudici di un altro Stato membro sono competenti ad aprire una procedura di insolvenza nei confronti del debitore solo se questi possiede una dipendenza nel territorio di tale altro Stato membro. Gli effetti di tale procedura sono limitati ai beni del debitore che si trovano in tale territorio.
3. Se è aperta una procedura di insolvenza ai sensi del paragrafo 1, le procedure d’insolvenza aperte successivamente ai sensi del paragrafo 2 sono procedure secondarie. Tale procedura è obbligatoriamente una procedura di liquidazione ….”;
c) l’art. 16: “ La decisione di apertura della procedura di insolvenza da parte di un giudice di uno Stato membro, competente in virtù dell’art. 3, è riconosciuta in tutti gli altri Stati membri non appena essa produce effetto nello Stato in cui la procedura è aperta. Tale disposizione si applica anche quando il debitore, per la sua qualità, non può essere assoggettato a una procedura di insolvenza negli altri Stati membri.
2. Il riconoscimento di una procedura di cui all’art. 3, paragrafo 1, non osta all’apertura di una procedura di cui all’articolo 3, paragrafo 2, da parte del giudice di un altro Stato membro. Quest’ultima è una procedura secondaria di insolvenza ai sensi del capitolo III“;
d) l’art. 27: “La procedura di cui all’articolo 3, paragrafo 1, aperta da un giudice di uno Stato membro e riconosciuta in un altro Stato membro (procedura principale) permette di aprire, in quest’altro Stato membro, i cui giudici siano competenti ai sensi dell’art. 3, paragrafo 2, una procedura secondaria d’insolvenza, senza che in questo altro Stato sia esaminata l’insolvenza del debitore. Tale procedura deve essere una delle procedure che figurano nell’allegato B. I suoi effetti sono limitati ai beni del debitore situati in tale altro Stato membro“.
e) l’art. 28: “Salvo disposizioni contrarie del presente regolamento, si applica alla procedura secondaria la legge dello Stato membro nel cui territorio questa è aperta“;
f) l’art. 29: “L’apertura di una procedura secondaria può essere chiesta: a) dal curatore della procedura principale; b) da qualsiasi altra persona o autorità legittimata a chiedere l’apertura di una procedura di insolvenza secondo la legge dello Stato membro nel cui territorio è chiesta l’apertura della procedura secondaria“.
Leggi la sentenza integrale: Corte di Cassazione, SS.UU. civ., n. 22093 del 29 ottobre 2015