Rapporto tra conguaglio e divisione ereditaria

L’ordinanza n. 1686/2025 della seconda sezione civile della Corte di Cassazione, depositata il 23 gennaio 2025 (qui trovi il testo integrale del provvedimento), ha chiarito alcuni aspetti in materia di entità del conguaglio pecuniario e divisione ereditaria (in natura o per equivalente) evidenziando, in particolare, il rapporto tra i due istituti e la specifica natura giuridica del conguaglio.

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Riccardo Mazzon
Avvocato Cassazionista del Foro di Venezia. Ha svolto funzioni di vice-procuratore onorario presso la Procura di Venezia negli anni dal 1994 al 1996. È stato docente in lezioni accademiche presso l’Università di Trieste, in corsi approfonditi di temi e scritture giuridiche indirizzati alla preparazione per i Concorsi Pubblici. Autore di numerose pubblicazioni giuridiche.

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Il caso in esame

La vicenda trae origine da una controversia in materia familiare tra fratelli in merito alla divisione dell’asse ereditario della madre. In particolare, l’attore, agendo in giudizio davanti al Tribunale di Roma, aveva chiesto di accertare la consistenza dell’asse ereditario della madre, contestando la gestione di alcuni beni e chiedendo la collazione di una presunta donazione indiretta.

In particolare, l’oggetto della disputa riguardava una somma utilizzata per l’acquisto di un’abitazione. Secondo l’attore, tale importo costituiva una donazione indiretta e, come tale, doveva essere conferito nell’asse ereditario affinché tutti gli eredi potessero beneficiare di una divisione equa. Oltre a ciò, chiedeva di porre a carico dei fratelli coeredi un’indennità per l’uso esclusivo di alcuni beni comuni e la regolazione di alcuni rimborsi per debiti ereditari già saldati.

Il Tribunale, tuttavia, respingeva la richiesta di collazione della somma contestata, ritenendo che non vi fossero i presupposti per considerarla una donazione indiretta. Successivamente, provvedeva alla  formazione di quattro lotti di beni da assegnare mediante sorteggio, stabilendo le somme da versare come conguagli per compensare eventuali squilibri di valore tra le quote assegnate.

La Corte d’Appello riformava parzialmente tale sentenza, rideterminando le somme da corrispondere per equilibrare la divisione.

L’erede, parte attrice in primo grado, presentava così ricorso in cassazione avverso la decisione della Corte d’Appello. Gli altri coeredi gli resistevano, notificando controricorso con ricorso incidentale.

La decisione della Cassazione: entità del conguaglio pecuniario e divisione ereditaria.

La ricorrente, aveva denunciato la violazione degli articoli 720, 728 c.c. e 132 n. 4 c.p.c., sostenendo che con l’atto di appello era stata contestata la scelta di procedere alla divisione per lotti anziché alla vendita per la notevole entità dei conguagli (quando proprio proprio l’importo dei conguagli avrebbe dovuto sconsigliare la divisione per lotti), mentre la sentenza di secondo grado aveva ritenuto applicabile l’art. 728 c.c., senza dare risposta alla censura.

Ebbene, la Corte, facendo riferimento all’art. 718 c.c., in primo luogo, ha sottolineato come la regola generale, in materia di divisione ereditaria, prevede che essa debba avvenire in natura, attribuendo a ciascun coerede una porzione materiale dei beni ereditari. Solo laddove ciò non sia possibile, si può procedere alla liquidazione per equivalente.

In secondo luogo, la sentenza ha evidenziato come, secondo un consolidato orientamento, il giudice di merito ha il compito di valutare, in base al suo prudente apprezzamento, se il diritto dei singoli condividenti sia meglio soddisfatto attraverso il frazionamento di ciascuna entità immobiliare, oppure attraverso l’assegnazione di interi immobili ai singoli aventi diritto. Tale discrezionalità è esercitata in virtù del principio della “comoda divisibilità”, che consente la formazione di lotti omogenei e proporzionati tra i vari eredi, senza compromettere il valore delle rispettive quote.

Tuttavia, per accertare la corretta formazione del progetto divisionale non si può prescindere dal conferire il giusto rilievo all’entità dei conguagli: il conguaglio pecuniario è infatti uno strumento sussidiario e riequilibratore, finalizzato a compensare eventuali squilibri di valore tra le quote, ma non può prevalere sulla regola della divisione in natura. L’entità del conguaglio deve essere quindi contenuta affinché non si trasformi in una surrettizia monetizzazione della quota ereditaria, snaturando il criterio principale di ripartizione materiale.

Dunque, qualora il conguaglio fosse troppo oneroso, verrebbe meno la sua funzione riequilibratrice: in tali circostanze, il giudice, dovrà optare per il meccanismo di divisione per equivalente. Per tali ragioni, la Corte ha accolto il ricorso dell’erede, spettando al giudice di rinvio verificare se, alla luce della composizione dei beni in comune, sia possibile pervenire alla formazione di un diverso progetto di divisione, che si conformi ai principi enunciati.

Alla luce di quanto evidenziato, la Suprema Corte ha pertanto enunciato il seguente principio di diritto:

La ridotta entità del conguaglio è criterio che deve sempre ispirare la scelta della soluzione più appropriata in materia di divisione (tra divisione in natura e divisione per equivalente) in modo da evitare che sia alterata l’equilibrata distribuzione dei beni, che deve avvenire in natura, mentre il conguaglio ha la funzione di ristabilire l’equilibrio tra le quote e di superare eventuali differenze di valore.

Conclusioni

In conclusione, il conguaglio pecuniario rappresenta uno strumento essenziale per garantire l’equità nella divisione ereditaria, svolgendo una funzione riequilibratrice che consente di compensare eventuali differenze di valore tra le quote assegnate ai coeredi. Tuttavia, come sottolineato dalla Corte, rappresenta uno strumento accessorio e non può trasformarsi nella regola, pena lo snaturamento del principio della divisione in natura sancito dall’art. 718 c.c.

Quando l’entità dei conguagli diventa troppo onerosa, il rischio è che la soluzione adottata si discosti dall’equilibrata ripartizione dei beni e finisca per alterare la logica stessa della divisione. In tal senso, il giudice è chiamato a un’attenta valutazione affinché la scelta del criterio divisorio sia realmente idonea a garantire una distribuzione giusta e conforme ai principi codicistici, senza che il conguaglio si trasformi in una surrettizia monetizzazione delle quote.

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