
La Seconda Sezione Civile della Cassazione, con la sentenza n. 5569/2025, depositata il 3 marzo (trovi il testo della sentenza qui), nell’ambito di una controversia in materia di diritti reali, ha affrontato la questione della mutatio libelli in relazione ai diritti autodeterminati, come la proprietà. La decisione ha offerto importanti chiarimenti sull’ammissibilità delle modifiche della domanda nel corso del giudizio.
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Il caso
La controversia trae origine da un’azione promossa da due fratelli per ottenere l’accertamento della comproprietà di una scala costruita su un immobile oggetto di donazioni familiari. Nel corso del giudizio, gli attori hanno inizialmente fondato la propria pretesa sul contenuto degli atti di donazione per poi introdurre una nuova argomentazione relativa alla proprietà del suolo sottostante alla scala. Il Tribunale aveva rigettato le domande attoree, decisione confermata dalla Corte d’Appello.
In particolare, i giudici di secondo grado avevano ritenuto che la modifica della domanda degli attori, formulata con la memoria ex art. 183 comma 6) n. 1) c.p.c., avesse determinato un ampliamento inammissibile dell’oggetto del giudizio, in violazione del divieto di mutatio libelli.
Avverso tale sentenza, gli attori hanno proposto ricorso in Cassazione.
Differenza tra diritti autodeterminati ed eterodeterminati
La Cassazione ha accolto il quarto motivo di ricorso e ha affrontato il tema della mutatio libelli, chiarendo quando una modifica della domanda processuale debba considerarsi ammissibile.
La Suprema Corte ha, innanzitutto, richiamato la distinzione tra diritti autodeterminati ed eterodeterminati. La deduzione dei diritti autodeterminati dipende da un puro meccanismo di designazione legale (titolazione, appunto), che consente di collegare la pretesa alla norma invocata senza la mediazione dei fatti storici su cui si fonda l’acquisto del diritto; fatti, al contrario, da cui i diritti eterodeterminati traggono senso e contenuto perché solo attraverso essi prende corpo il rapporto giuridico che ne è all’origine.
Nelle azioni relative ai diritti autodeterminati, quali la proprietà e gli altri diritti reali di godimento, la causa petendi si identifica, dunque, con i diritti stessi e con il bene che ne forma l’oggetto. Essendo vana ai fini dell’individuazione della domanda, l’allegazione dei fatti o degli atti da cui dipende il diritto vantato è necessaria soltanto per provarne l’acquisto. Il modo di acquisto (sia esso un fatto o un atto) integra a livello processuale un fatto secondario, che in quanto tale è dedotto unicamente in funzione probatoria del diritto vantato in giudizio.
Diritti autodeterminati e mutatio libelli
Nei diritti autodeterminati la causa petendi si identifica, dunque, con il diritto stesso e non con il titolo giuridico specificamente invocato per fondarlo. Pertanto, la variazione del titolo giuridico alla base della domanda non determina necessariamente una mutatio libelli inammissibile, a condizione che il bene giuridico oggetto della controversia rimanga invariato.
Richiamando l’orientamento delle Sezioni Unite (Cass. n. 12310/2015 e successive), la Cassazione ha affermato che nei diritti autodeterminati il giudice deve valutare l’identità sostanziale della pretesa azionata, indipendentemente dalla prospettazione giuridica adottata dalla parte. Nel caso in esame, la domanda iniziale mirava all’accertamento della comproprietà della scala, mentre la successiva integrazione fondata sulla proprietà del suolo sottostante non alterava l’oggetto della pretesa, ma costituiva solo una diversa argomentazione a supporto del medesimo diritto.
La decisione della Corte
La Suprema Corte ha cassato con rinvio la sentenza censurando la decisione dei giudici di secondo grado.
La Corte d’Appello aveva considerato la modifica della domanda come un mutamento del petitum. Secondo la Cassazione, l’errore risiedeva nell’aver attribuito rilevanza esclusiva alla variazione del titolo giuridico, senza considerare che la pretesa principale, ossia l’accertamento della comproprietà della scala, era rimasta immutata. La Corte ha ribadito che la mutatio libelli sussiste solo quando vi sia una modifica del bene della vita oggetto del giudizio, e non quando la parte introduce nuove argomentazioni a sostegno della medesima domanda.
Conclusioni
La Cassazione ha fornito un’importante precisazione sui limiti della mutatio libelli rispetto ai diritti autodeterminati. La pronuncia conferma che una modifica delle argomentazione e dei fatti posti a fondamento della domanda non determina un’inammissibilità automatica, a meno che non comporti un mutamento del petitum.