Nullità del contratto di carta revolving promosso da soggetto non iscritto all’UIC

La Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 12838/2025 (clicca qui per consultare il testo integrale della decisione), ha affrontato, nell’ambito di un rinvio pregiudiziale ex art. 363-bis c.p.c., una questione di rilevante impatto pratico e sistematico: la validità dei contratti di apertura di credito mediante carte cd. revolving stipulati, prima del D.lgs. 141/2010, presso fornitori convenzionati ma privi di iscrizione all’UIC. La Corte ha ricostruito il quadro normativo e ha enunciato due principi di diritto volti a chiarire definitivamente il perimetro di legittimità di tali operazioni finanziarie.

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Illeciti bancari, clausole abusive e frodi informatiche

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Giuseppe Cassano
Direttore del Dipartimento di Scienze Giuridiche della European School of Economics di Roma e Milano. Avvocato cassazionista, curatore e autore di numerosi volumi, trattati, voci enciclopediche, note e saggi. Conferenziere nazionale ed internazionale sui temi del Diritto di Famiglia, della Responsabilità civile, del Diritto dei Consumi e Diritto dell’Internet.
Stefano Chiodi
Analista tecnico e finanziario specializzato nel contenzioso bancario e finanziario, CTP e CTU per il Tribunale di Venezia e consulente per Camera Arbitrale. Specialista di corporate finance, è relatore in convegni accreditati per la formazione continua di avvocati e commercialisti. Curatore e autore di numerose pubblicazioni di diritto e contenzioso bancario e finanziario.

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Il contesto normativo: tra D.lgs. 374/1999 e D.M. 485/2001

La vicenda origina da una domanda giudiziale di nullità proposta da un consumatore contro Findomestic Banca S.p.A., in relazione a un contratto di credito revolving promosso presso un punto vendita Conforama. Il Tribunale aveva accolto la domanda, ritenendo che il venditore non potesse promuovere contratti di finanziamento in assenza di iscrizione all’elenco UIC previsto dagli artt. 3 del D.lgs. 374/1999 e 2 D.M. 13 dicembre 2001, n. 485. Tale contratto, secondo il giudice di primo grado, era nullo per violazione di norme imperative, con conseguente obbligo di restituzione del solo capitale maggiorato del tasso legale.

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Il rinvio pregiudiziale alla Cassazione e il quesito della Corte d’Appello

Nel giudizio d’appello, la Findomestic aveva contestato la pronuncia sostenendo che:

  • la distribuzione delle carte revolving non rientrava tra le attività riservate;

  • l’obbligo di iscrizione all’UIC per i venditori era stato introdotto solo con il D.lgs. 141/2010;

  • la violazione del D.lgs. 374/1999 non determinava nullità del contratto.

A fronte del contrasto giurisprudenziale sul punto, la Corte fiorentina ha sollevato rinvio pregiudiziale alla Suprema Corte ex art. 363-bis c.p.c. sottoponendole la seguente questione di diritto:

«Se nella vigenza del D. Lgs. n. 374/1999 e del D.M. 13.12.2001 n. 485, anteriormente all’entrata in vigore del D. Lgs. 13 agosto 2010 n. 141, era o meno consentita l’apertura di una linea di credito utilizzabile mediante carta di credito di tipo revolving a tempo indeterminato a seguito di contratto promosso e sottoscritto presso un fornitore di beni e servizi convenzionato con intermediario finanziario ma non iscritto nell’elenco istituito presso l’UIC ex art. 3 D. Lgs. 374/1999 e se, in ipotesi, un tale contratto, pur in difetto di espressa previsione, debba ritenersi nullo ex art. 1418 comma primo c.c.».

Le carte revolving e il profilo finanziario

La Corte di Cassazione ha preliminarmente definito la natura delle carte revolving, qualificandole come strumenti finanziari con funzione creditizia — non assimilabili alle carte di pagamento tout court — e sottoponibili a una disciplina negoziale distinta. A differenza delle carte charge, le revolving implicano la possibilità per l’utente di restituire ratealmente il debito, con oneri finanziari, configurandosi pertanto come veri e propri contratti di finanziamento.

Gli orientamenti giurisprudenziali contrastanti

La Corte ha esaminato due orientamenti giurisprudenziali emersi in merito alla validità di tali contratti:

  1. Primo orientamento: sostiene che la promozione e il rilascio di carte di credito revolving a tempo indeterminato, nel vigore del D.lgs. 374/1999 e del D.M. 485/2001, non sono consentiti ai fornitori di beni e servizi non iscritti nell’apposito elenco UIC. La violazione di tali disposizioni imperative determina la nullità del contratto ex art. 1418, comma 1, c.c., poiché si configura una riserva di attività in favore dei soggetti iscritti, escludendo solo le carte di pagamento.

  2. Secondo orientamento: ritiene che i contratti di credito revolving promossi e conclusi da fornitori non iscritti all’UIC non siano nulli, poiché il D.lgs. 374/1999 non introdurrebbe una specifica tutela in favore del cliente, ma mirerebbe a prevenire l’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio. Inoltre, si tratterebbe di attività riconducibile alla “distribuzione di carte di pagamento”, non richiedente l’iscrizione all’UIC, se non dopo l’entrata in vigore del D.lgs. 141/2010.

Il vincolo dell’iscrizione all’UIC

La Suprema Corte ha aderito al primo dei due orientamenti emersi in giurisprudenza, affermando che:

  • la normativa del D.lgs. 374/1999 e del D.M. 485/2001 imponeva l’iscrizione all’UIC per la promozione e conclusione di contratti di credito, inclusi quelli revolving;

  • la deroga prevista per i fornitori di beni e servizi si applicava solo ai contratti di credito finalizzato, destinati all’acquisto di beni propri;

  • pertanto, il venditore non iscritto all’UIC non poteva legittimamente promuovere carte revolving.

La Banca d’Italia aveva già fornito indicazioni analoghe nella comunicazione del 20 aprile 2010.

Sulla nullità del contratto

La Corte ha qualificato come imperativa la normativa di cui all’art. 3 D.lgs. 374/1999, reputandone la violazione causa di nullità virtuale ex art. 1418, primo comma, c.c., per ragioni di:

  • tutela dell’ordine pubblico economico;

  • contrasto al riciclaggio e controllo dei soggetti operanti nel mercato finanziario;

  • protezione, anche indiretta, del consumatore.

L’assenza di iscrizione all’UIC costituisce, secondo la Corte, una violazione di un requisito soggettivo essenziale all’abilitazione professionale dell’intermediario, il cui mancato rispetto compromette l’interesse generale alla sicurezza e trasparenza del sistema finanziario.

L’irrilevanza dell’eccezione sul comportamento successivo del consumatore

La Cassazione ha infine ritenuto ininfluente il fatto che la parte attrice avesse utilizzato per anni la carta revolving prima di eccepire la nullità del contratto. Trattandosi di nullità assoluta, la sua deduzione non è preclusa da comportamenti concludenti successivi, né dalla tardività dell’azione.

I principi di diritto enunciati

La Sezione Prima civile ha enunciato i seguenti principi di diritto:

  1. «Nella vigenza del d. lgs. n. 374 del 1999 e del d.m. n. 485 del 2001, anteriormente all’entrata in vigore del d. lgs. n. 141 del 2010, non è consentita l’apertura di una linea di credito utilizzabile mediante carta di credito di tipo “revolving” a tempo indeterminato, a seguito di contratto promosso e sottoscritto presso un fornitore di beni e servizi convenzionato con l’intermediario finanziario ma non iscritto nell’elenco istituito presso l’U.I.C. ex art. 3 d.lgs. n. 374 del 1999»;
  2. «Nella vigenza del d. lgs. n. 374 del 1999 e del d.m. n. 485 del 2001, anteriormente all’entrata in vigore del d. lgs. n. 141 del 2010, il contratto di apertura di una linea di credito utilizzabile mediante carta di credito di tipo “revolving” a tempo indeterminato, a seguito di contratto promosso e sottoscritto presso un fornitore di beni e servizi convenzionato con l’intermediario finanziario ma non iscritto nell’elenco istituito presso l’U.I.C. ex art. 3, d.lgs. n. 374 del 1999, è nullo ex art. 1418, primo comma, c.c.». 

Conclusioni

La sentenza della Prima Sezione della Cassazione si inserisce in un filone giurisprudenziale volto a rafforzare la tutela dei consumatori e a garantire la legalità nel collocamento di prodotti finanziari. Pur riferendosi a una normativa abrogata, l’intervento della Corte si rivela essenziale per risolvere un contenzioso ancora largamente presente in giudizio, e per ribadire la centralità dei presìdi normativi nella concessione di credito ai privati.

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