Interruzione della prescrizione: legittimato anche il creditore del creditore?

Nel presente documento viene esaminata la possibilità, per il terzo il quale vanti un credito nei confronti di chi sia a sua volta creditore in un distinto rapporto contrattuale, di interrompere la prescrizione del diritto di quest’ultimo.

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Motivi per i quali la prescrizione può essere interrotta solo dal creditore, e non anche da un terzo che sia a sua volta creditore di quest’ultimo: la “mora credendi” e l’art. 1180 c.c.

Ai sensi dell’art. 2939 c.c., “la prescrizione può essere opposta dai creditori e da chiunque vi ha interesse, qualora la parte non la faccia valere. Può essere opposta anche se la parte vi ha rinunziato”.

La prescrizione del diritto del creditore (Tizio) può essere fatta valere non solo dal debitore (Caio), ma anche da un terzo (Mevio), il quale può essere un creditore di Caio, ossia un soggetto che, vantando anch’egli un diritto nei confronti di quest’ultimo, ha interesse a che il medesimo, a seguito dell’accertata prescrizione del diritto di Tizio, si veda liberato dall’obbligazione assunta e possa quindi “dedicarsi” a soddisfare il credito di Mevio stesso.

“Terzo”, poi, può essere chiunque vanti un interesse giuridicamente protetto a far valere la stessa prescrizione.

La norma, quindi, prevede che anche il creditore del debitore possa opporre la prescrizione a chi è creditore di quest’ultimo.

Ci si chiede se anche l’interruzione della prescrizione possa essere compiuta da un terzo, il quale sia creditore del creditore. In tal caso, il rapporto è rovesciato rispetto alla fattispecie dell’art. 2939 c.c.: il terzo interviene a tutela non del debitore, ossia facendo valere la prescrizione al posto suo, bensì del creditore, interrompendo, in sua vece, il termine di prescrizione oltre il quale quest’ultimo non potrà più esigere il credito da egli vantato in relazione ad un distinto rapporto contrattuale. Così facendo, il terzo consente al proprio debitore, che a sua volta è creditore nel suddetto rapporto, di mantenere esigibile il credito di quest’ultimo, di modo che poi il terzo stesso possa soddisfarsi su tale credito.

Ai sensi dell’art. 2944 c.c., “la prescrizione è interrotta dal riconoscimento del diritto da parte di colui contro il quale il diritto stesso può essere fatto valere”. Atto idoneo ad interrompere la prescrizione è non soltanto quello costituito dall’iniziativa del creditore, ma anche quello derivante dal riconoscimento del debito da parte del soggetto obbligato ad adempiere: può darsi che quest’ultimo interrompa la prescrizione prima ancora che lo faccia il creditore.

Se, per interrompere la prescrizione, c’è stato bisogno di un atto di riconoscimento da parte del debitore, ciò vuol dire che il creditore è rimasto inerte al riguardo. Di conseguenza – si potrebbe sostenere – l’interruzione potrà provenire anche dall’iniziativa di un soggetto terzo, il quale sia a sua volta creditore del creditore, laddove è proprio tale iniziativa a palesare l’inerzia di quest’ultimo.

Però, questa conclusione può apparire un po’ troppo semplicistica: il fatto che la prescrizione possa essere interrotta direttamente dal debitore, non necessariamente sta a significare che possa essere interrotta anche da un terzo. Può anche darsi che, se il debitore non avesse riconosciuto il debito, il creditore avrebbe comunque richiesto l’adempimento, interrompendo, pertanto, egli stesso direttamente la prescrizione. Il riconoscimento del debito è frutto di una decisione del tutto personale del debitore, e quindi esso non necessariamente presuppone una preventiva inerzia del creditore nel domandare la prestazione.

Inoltre, nell’ordinamento vige un istituto che è quello della “mora credendi”, ossia del ritardo del creditore nel richiedere la prestazione. Prevede, infatti, l’art. 1206 c.c. che deve considerarsi “in mora” il creditore il quale, senza motivo legittimo, non abbia compiuto quanto era necessario affinché il debitore potesse adempiere l’obbligazione. Un creditore che non fa quanto è necessario al fine di consentire al debitore di adempiere, è un soggetto che manifesta un disinteresse a chiedere la prestazione, e, per tale ragione, viene considerato dalla legge come “moroso”.

Ebbene, “compiere quanto è necessario per consentire al debitore di adempiere” significa anche “interrompere la prescrizione”: se io, creditore, non mi attivo affinchè il debitore adempia, ciò testimonia un mio disinteresse all’esazione del credito e quindi comporta che il termine di prescrizione continua a correre; viceversa, se io, creditore, faccio quanto è richiesto affinchè il debitore possa soddisfarmi, il compimento di tale attività, oltre a manifestare la volontà di soddisfare il mio interesse contrattuale, indirettamente funge anche da atto interruttivo della prescrizione.

Ebbene, se si ammettesse che un terzo possa interrompere la prescrizione al posto del creditore, l’istituto della “mora credendi” sopra citato non avrebbe più senso, in quanto il ritardo del creditore potrebbe comunque essere sempre colmato dall’iniziativa di un terzo avente come effetto quello dell’interruzione.

Si consideri poi quanto segue.

Ai sensi dell’art. 1180 c.c.,l’obbligazione può essere adempiuta da un terzo, anche contro la volontà del creditore, se questi non ha interesse a che il debitore esegua personalmente la prestazione”.

Il creditore può rifiutare l’adempimento del terzo se desidera che sia soltanto ed esclusivamente il debitore ad adempiere. A norma dell’art. 1174 c.c., l’interesse del creditore alla prestazione può essere anche di tipo “non patrimoniale”. Pertanto, ex art. 1180 c.c., è sufficiente che il creditore abbia un interesse anche solo “morale” a che la prestazione venga adempiuta solo ed unicamente dal debitore.

Allo stesso modo, allora, per un principio di parità tra le parti, il debitore potrebbe vantare un legittimo interesse (non solo patrimoniale, ma anche “morale”) a che la prescrizione, ossia un meccanismo che opera a sua tutela, venga interrotta solo ed esclusivamente dal creditore, e non anche da un terzo che sia creditore di quest’ultimo.

Se ne deve, pertanto, dedurre che la prescrizione può essere interrotta solo ed unicamente dal creditore, e non anche da un terzo che sia a sua volta creditore di quest’ultimo.

Motivi per i quali la prescrizione può essere interrotta anche da un terzo, che sia creditore del creditore: artt. 1421 e 2900 c.c.

Ex art. 1421 c.c., l’azione di nullità del contratto può essere proposta da “chiunque via abbia interesse”.

Tale azione, quindi, può essere proposta non soltanto dal creditore, ma anche da un terzo che sia a sua volta creditore di quest’ultimo.

La suddetta azione, ai sensi dell’art. 1422 c.c., è imprescrittibile.

Ebbene, ci si aspetterebbe che tale azione, proprio perché non soggetta ad alcun termine di prescrizione, potesse essere esercitata solo ed esclusivamente dal creditore, ossia da una delle parti del rapporto contrattuale. Ciò in quanto, se fosse concesso anche al terzo di esercitarla, il creditore si troverebbe con un duplice vantaggio, ossia non soltanto poter chiedere la nullità in ogni tempo, ma addirittura attendere che questa venga richiesta da un terzo. Tale duplice vantaggio andrebbe ad eccessivo detrimento del debitore, il quale non solo rimarrebbe esposto sine die all’azione di nullità del contratto, ma potrebbe veder cessati i vantaggi derivati dal contratto per effetto della decisione non del creditore, unico titolare del diritto a richiedere la prestazione, bensì di un terzo, ossia di un soggetto del tutto estraneo al rapporto.

Eppure, in base all’art. 1421 c.c., anche il terzo può esercitare la suddetta azione, al posto del creditore.

L’osservazione è quindi la seguente:

Il creditore del creditore, se può sostituirsi a quest’ultimo nel far valere, in ogni tempo (imprescrittibilità), la nullità del contratto, e quindi nel proporre una domanda giudiziale affinchè il medesimo venga liberato dalla prestazione, potrà sostituirsi a quest’ultimo anche nel porre in essere atti – come quelli interruttivi della prescrizione – tali da consentirgli di esigere l’adempimento della controprestazione.

Ai sensi dell’art. 2938 c.c., “il giudice non può rilevare d’ufficio la prescrizione non opposta”.

L’impossibilità del creditore di esigere la prestazione oltre la scadenza del termine fissato dalla legge, non è accertabile dal Giudice di ufficio: ai fini di tale accertamento, è necessario che questa impossibilità (ossia la prescrizione) venga rilevata dal soggetto interessato. Questo soggetto può essere soltanto il debitore, oppure può essere anche un terzo?

Abbiamo già visto (art. 2939 c.c.) che la prescrizione è opponibile non solo dal debitore, ma anche da un terzo che sia creditore di quest’ultimo. Tale terzo, pertanto, potrà insinuarsi nel giudizio instaurato tra creditore e debitore, al fine di far valere la prescrizione al posto di quest’ultimo.

Adesso si tratta di vedere se, nel caso inverso, e cioè quello dell’interruzione della prescrizione, un “terzo”, creditore del creditore, possa porre in essere, per l’appunto, atti interruttivi della prescrizione, proponendo egli domanda giudiziale al posto di quest’ultimo.

L’art. 2900 c.c. stabilisce che “il creditore, per assicurare che siano soddisfatte o conservate le sue ragioni, può esercitare i diritti e le azioni che spettano verso i terzi al proprio debitore e che questi trascura di esercitare”.

Il principio generale è quello per cui il terzo, il quale vanti un credito nei confronti di chi sia creditore in un altro rapporto contrattuale, deve avere la possibilità di conservare integro tale credito.

Ebbene, l’attuazione di tale principio non può che passare anche attraverso l’attribuzione al terzo della facoltà di proporre, al posto del proprio debitore, la domanda giudiziale volta a richiedere l’adempimento della controprestazione e quindi di interrompere la prescrizione del diritto di quest’ultimo.

Pertanto, l’art. 2938 c.c. – opposizione della prescrizione – deve essere considerato come applicabile anche all’ipotesi inversa, ossia quella dell’interruzione della prescrizione, in quanto l’effetto interruttivo è determinato, primariamente, dalla proposizione della domanda giudiziale, e, in base all’art. 2900 c.c., deve ritenersi legittimato a produrre tale effetto non soltanto il creditore, ma anche il terzo che sia a sua volta creditore di quest’ultimo.

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Lucilla Nigro
Autore di formulari giuridici, unitamente al padre avv. Benito Nigro, dall’anno 1990. Avvocato cassazionista, Mediatore civile e Giudice ausiliario presso la Corte di Appello di Napoli, sino al dicembre 2022.

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