Immissioni nocive nel “balance interests”: prevalenza diritto di proprietà o di salute?

in Giuricivile, 2020, 10 (ISSN 2532-201X)

Il vacuo costituzionale di tutela dell’ambiente.

I padri costituenti non definirono in maniera espressa il concetto e la conseguente tutela del diritto all’ambiente, quale bene giuridico necessitante di tutela, anche se, allargando le maglie interpretative dell’art. 810 c.c., tra i beni che possono formare oggetto di diritti, rientrerebbe anche l’ambiente pur se nelle sue diverse espressioni fenomenologiche intese, quali le energie rinnovabili. Se questa è la posizione assunta a livello nazionale, ove non sono mancate proposte di legge costituzionale al fine di introdurre in Costituzione taluni principi che in maniera espressa tutelino l’ambiente e lo sviluppo sostenibile, a livello internazionale tale diritto trova espressa tutela ed in modo puntuale a livello comunitario attraverso numerose direttive Ue.

Impliciti riconoscimenti della tutela all’ambiente ed il richiamo al diritto alla salute.

In considerazione delle innumerevoli sfide, dei progressi tecnologici raggiunti, nonchè delle scoperte scientifiche si è acceso il faro sulla necessaria tutela dell’ambiente, che bi padri costituenti non potevano prevedere stante il tempo storico in cui la Costituzione fu generata. Tuttavia pur sussistendo un vacuo costituzionale che, in maniera espressa riconosca e tuteli il diritto all’ambiente, attualmente la tutela dello stesso potrebbe avvenire attraverso una interpretazione estensiva dell’art. 2 che la maggior parte della dottrina considerata clausola generale aperta a tutela della persona, norma a carattere universale e pertanto essendo fattispecie aperta anche l’ambiente rientrerebbe seppur in via mediata ed interpretativa, nel novero di quelle manifestazioni dell’uomo essenziali al suo sviluppo, anche quando queste non siano state esplicitate e realizzate attraverso una legislazione di tipo regolamentare[1]

Anche l’art. 9 della Costituzionale, quale norma promozionale ed innovativa, sebbene in modo esplicito ma pur sempre attraverso una interpretazione estensiva, al comma 2 del presente articolo, che promuove lo sviluppo e la tutela del paesaggio, si potrebbe far rientrare la tutela dell’ambiente in base a quella scelta personalistica effettuata dall’ordinamento, la tutela del paesaggio altro non è se non la protezione dell’ambiente, che a sua volta riguarda la tutela della qualità della vita in quanto diritto che si ricollega direttamente allo status personae. Ma il secondo comma dell’art. 9 Cost. richiama anche gli artt. 32 e 41 rispettivamente tutelanti il diritto alla salute e l’iniziativa economica privata , quest’ultimo dovrebbe svolgersi in modo da non arrecare pregiudizio o danno all’ambiente, alla salute e più in generale alla dignità umana.

Il richiamo al diritto all’ambiente appare strettamente correlato al diritto alla salute di cui all’art. 32 della Cost., che può trovare piena attuazione fintanto che, si appresti idonea tutela all’ambiente occupato dall’uomo nelle sue diverse manifestazioni della personalità. La salute è fenomeno valutabile non in termini statici e individuali, bensì in relazione al sano e libero sviluppo della persona e costituisce con quest’ultima una inscindibile unità psicofisica.

Ogni intervento coattivo od obbligatorio a tutela della salute pertanto non deve essere in contrasto con i valori della persona (art. 32 Cost.). La salute infatti non è garantita in sé, quale “bene” autonomo; la sua tutela realizza la dignità e la libertà della persona. L’evoluzione normativa e giurisprudenziale ha indotto ad individuare una nozione positiva di salute. Abbandonata la tesi che ravvisava la salute nell’assenza di stati morbosi, si è pervenuto ad una concezione di essa come condizione di equilibrio psichico oltre che fisico, esprimibile non soltanto da un punto di vista strettamente sanitario, ma altresì sociale ed ambientale, non separabile insomma dalla singola persona integrata nel suo ambiente naturale (art. 9 cost.) e sociale (art. 2 cost.). La salute diviene uno stato di benessere legato a funzioni anche affettive o comunque di carattere relazionale, sì che il suo contenuto varia nel tempo e secondo le accezioni culturali. Pertanto va disattesa anche l’impostazione pubblicistica della tutela della salute, che la identificava in un diritto soggettivo nei confronti dello Stato, quale mero diritto all’assistenza sanitaria. Dottrina recente, individuando nell’art. 32 cost. una norma immediatamente precettiva (comma 2), ha ricostruito il diritto alla salute come situazione giuridica soggettiva complessa (che non si esaurisce nel diritto soggettivo). Tuttavia, la salute, nozione concettualmente autonoma, è aspetto inscindibile del valore unitario della persona, sì da dover essere considerata unitamente alla norma generale (art. 2 e 3 cost.). Il contenuto del diritto alla salute è attuabile solo in relazione a ciascun individuo e a prescindere da un preventivo inquadramento formale della situazione giuridica. Il dovere di tutelarla è frutto della concezione personalistica della Costituzione.

Diritto alla salute e diritto di proprietà nei rapporti intersoggettivi.

Dall’iniziale concezione “sociale ” del diritto alla salute si sviluppò la convinzione che esso doveva inserirsi nel novero dei diritti fondamentali sia nei rapporti intersoggettivi sia nella regolamentazione della riforma sanitaria. Ed inverso, se il corpo umano è sede della persona umana, allora questa deve considerarsi non solo nella integrità fisica ma anche in quella psichica, venendosi a creare una unità della persona nel suo complesso, ricollegabile al suo sano e libero sviluppo, al suo equilibrio psichico, mentale e fisico.

L’art. 32 Cost., al comma 1, garantisce e tutela la salute dell’uomo come “fondamentale diritto dell’individuo”, tuttavia il costituente non si espresse sugli strumenti attuativi di tale tutela; né può dirsi che il diritto alla salute  sia un diritto “disarmato” considerando il richiamo della tutela giurisdizionale riconosciuta e garantita dagli artt. 24 e 111 Cost. Il diritto alla salute ha rilievo anche nei rapporti intersoggettivi, quale parametro della liceità e della illiceità dei comportamenti e della meritevolezza dell’attività umana[2]. Al riguardo, può rilevarsi una intrinseca connessione con il diritto di proprietà di cui all’art. 42 Cost.

Di contro, il diritto di proprietà, quale situazione giuridica soggettiva attiva di cui un soggetto ne è titolare e la collettività che deve rispettare tale situazione e non ingerirsi nella sua sfera giuridica. Tuttavia, il diritto di proprietà sotto il profilo funzionale, più che situazione giuridica attiva è rapporto, tra la situazione giuridica del proprietario e quelle che man mano entrano in contatto o conflitto con questa, quali centri di intereressi correlati e contrapposti. Pertanto la situazione giuridica soggettiva del proprietario è rilevante in quanto presuppone l’obbligo di comportamento, di astensione, talvolta l’obbligo di cooperazione di altri soggetti che di volta in volta diventano in concreto titolari della situazione giuridica soggettiva contrapposta ma pur sempre correlata.

Se la proprietà è uno dei fenomeni centrali, che correlata alla libertà dal bisogno di ogni individuo, si presenta come il pilastro negli ordinamenti tanto da rientrare tra i diritti fondamentali ed inviolabili dell’uomo, nel valorizzare il momento soggettivo del diritto di proprietà, appare necessaria la tutela da apprestare al diritto alla salute nei rapporti intersoggettivi. Infatti, essendo il diritto alla salute (art. 32 Cost.) diritto inviolabile di ogni individuo, tutelato anche nei luoghi di lavoro (D. Lgs. 94/626), esso deve essere tutelato anche nei rapporti tra privati e tra questi e la P.A., come nel caso di inquinamento elettromagnetico, acustico o ambientale. Il diritto alla salubrità dell’ambiente è un  diritto sociale che obbliga la P.A. ad una attività positiva in favore della salute dei cittadini, sia in via preventiva che recuperatoria (Cass. 92/12386).

Immissioni nocive: tutela alla salute è limite al diritto di proprietà: rimedi risarcitori.

Giurisprudenza e dottrina sono apparse unanimi nell’apprestare tutela al diritto alla salute in tema di immissioni nocive del proprietario. Come riconosciuto dalla Corte Costituzionale con la sentenza n.356 del 91, nei rapporti intersoggettivi il diritto alla salute è tutelato (C.Cost. 91/356) in specie contro le immissioni nocive. Ed invero, è possibile agire ex art. 2043 o 844 c.c. (Cass. 13/12828), per il risarcimento del danno biologico, ma anche, al fine di proibire le immissioni, con l’azione inibitoria (si veda la sentenza delle S.U. Cass. 13/20571). L’applicazione dell’art. 844 in via analogica, si giustifica, infatti, sul piano non già degli interessi (proprietà e della persona), che appaiono diversi, ma delle modalità con cui avviene, a seguito delle immissioni intollerabili, la lesione, che sono ammissibili, e quindi delle forme di tutela.

Conclusioni.

Il rimedio risarcitorio, di fronte alla continuità delle immissioni, è infatti insufficiente, intervenendo ex post anche in base all’art. 2058 c.c. che opera solo sul danno prodotto, eliminandolo, ma non quello futuro , oltre tutto con limitazioni. L’inibitoria si pone dunque come rimedio necessario per una effettiva tutela ex art. 24 Cost., anche della persona, in modo da impedire la continuazione dell’attività di impresa, la quale deve pertanto cessare ove risulti ad essa nociva. In altra prospettiva, potrebbe osservarsi che, in caso di abitazione, l’immissione incide sulla salute della persona e impedisce di godere in modo pieno e pacifico della proprietà, risolvendosi in una oggettiva privazione della facoltà d’uso, cosicché l’inscindibile rapporti tra persona e godimento della cosa permette di agire anche con l’azione inibitoria reale ex art. 844 c.c., oltre che con quella risarcitoria personale ex art. 2043 e 2059 (Cass. 02/11915 e Cass. 09/7875).

In tal modo si cerca di valorizzare i momenti soggettivi del diritto di proprietà, ma, in verità non vi è motivo per escludere che il risarcimento ex art. 2043 possa assumere di per sé le forme dell’inibitoria, quale tutela anche preventiva, ad evitare che il danno, la cui potenzialità dovrà comunque essere dimostrata, si produca. Sarebbe assurdo, se, al fine di proteggere un bene costituzionalmente rilevante qual è quello alla salute, quindi primario, fondamentale, innato dell’uomo, si potesse intervenire solo se e quando fosse già intervenuta la lesione.[i]


[1]P. Perlingieri, il diritto civile, p. 324; P. Perlingieri, Diritto Costituzionale, p. 8

[2] P. Perlingieri, Il diritto alla salute, p. 124.

[i]Sentenze richiamate:

  • Cass. 92/12386;
  • C.Cost. 91/356);
  • Cass. 13/12828;
  • S.U. Cass. 13/20571
  • Cass. 02/11915
  • Cass. 09/7875.

 

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