Tutti sognano di riuscire ad assicurarsi, per il resto della vita, la possibilità di andare in vacanza e ancor meglio se ad un prezzo vantaggioso.
Questo, almeno in teoria, sembra possibile attraverso i c.d. contratti di multiproprietà con cui professionisti offrono al consumatore l’occasione di acquistare una quota di un’immobile, spesso situato all’estero in splendidi villaggi turistici, a prezzi davvero convenienti.
Tuttavia, spesso i contratti di multiproprietà si rivelano tutt’altro che favorevoli per i consumatori, ai quali vengono celate importanti informazioni.
Vediamo, quindi, in cosa consiste il contratto di multiproprietà e la sua disciplina legislativa al fine di comprendere il contenuto che deve avere tale tipologia contrattuale per tutelare davvero il consumatore e, successivamente, alcuni casi pratici in cui tali informazioni non venivano fornite con le relative conseguenze.
Che cos’è la multiproprietà
L’art. 69 del Codice del Consumo dà una precisa definizione del contratto di multiproprietà: “un contratto di durata superiore a un anno tramite il quale un consumatore acquisisce a titolo oneroso il diritto di godimento su uno o più alloggi per il pernottamento per più di un periodo di occupazione”.
In altre parole, con il termine multiproprietà si indica un particolare tipo di contratto attraverso cui l’acquirente/consumatore acquista, dietro pagamento di una somma di denaro, il diritto di godere in via esclusiva di un bene immobile ma limitatamente a determinati periodi di tempo (settimane, mesi o anni), in quanto lo stesso bene è condiviso con altri multiproprietari.
Tale diritto è, di solito, perpetuo, ossia vita natural durante, nonché estendibile agli eredi.
La disciplina legislativa del contratto di multiproprietà
La disciplina della c.d. multiproprietà o time sharing, è contenuta nel D.lgs del 06.09.2005, il c.d. Codice del Consumo, abrogativo del D. lgs del 9.11.1998 n. 427.
Il citato D.lgs del 1998, in particolare, recependo la direttiva 94/47/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26.10.1994, disciplinava per primo la materia, introducendo la nozione di contratto di proprietà all’art. 1, lett. a e, al fine di tutelare il consumatore, prevedeva, all’art. 2, una serie di obblighi di informazione e trasparenza i quali dovevano essere adempiuti dal venditore, prima della stipula del contratto, attraverso la consegna di un documento informativo.
Tale previsione veniva riportata nel Codice del Consumo.
Il suddetto codice, infatti, oltre a stabilire che il contratto deve essere redatto per iscritto, a pena di nullità, nella lingua italiana ed in una delle lingue dello Stato dell’Unione europea in cui il consumatore risiede oppure di cui è cittadino, fissa in modo analitico e specifico gli ulteriori elementi che il contratto deve contenere: l’art. 71 del Codice del Consumo prevede che l’operatore dovrà fornire al consumatore, in maniera chiara e comprensibile, informazioni accurate e sufficienti attraverso il formulario informativo di cui all’allegato II-bis e le informazioni elencate nella parte 3 di detto formulario.
Ebbene, tale formulario prevede, in particola modo, che al consumatore acquirente dovranno essere comunicati:
- l’identità, il luogo di residenza e lo stato giuridico dell’operatore o degli operatori che saranno parti del contratto;
- una breve descrizione del prodotto (ad esempio descrizione del bene immobile);
- la natura e il contenuto esatti del diritto o dei diritti acquistati;
- l’indicazione precisa del periodo entro il quale può essere esercitato il diritto oggetto del contratto ed eventualmente la sua durata;
- la data a partire dalla quale il consumatore potrà esercitare il diritto oggetto del contratto;
- se il contratto riguarda un bene immobile in costruzione, dovrà essere indicata la data in cui l’alloggio e i servizi/le strutture saranno completati o disponibili;
- il prezzo che il consumatore deve corrispondere per l’acquisizione del diritto o dei diritti;
- una breve descrizione dei costi supplementari obbligatori imposti dal contratto nonché l’indicazione degli importi (ad esempio quote annuali, altre quote ricorrenti, prelievi speciali, imposte locali);
- una sintesi dei servizi fondamentali a disposizione del consumatore (ad esempio elettricità, acqua, manutenzione, raccolta di rifiuti) e l’indicazione dell’importo che il consumatore deve pagare per tali servizi;
- una sintesi delle strutture a disposizione del consumatore (ad esempio piscina o sauna), specificando se tali strutture sono incluse nei costi indicati in precedenza ovvero, in caso negativo, l’indicazione di quelli inclusi e quelli a pagamento;
- la possibilità di aderire ad un sistema di scambio specificando il nome di tale sistema;
- l’ indicazione dei costi di affiliazione/scambio;
- l’indicazione dell’esistenza di eventuali codici di condotta sottoscritti dall’operatore e dove possono essere reperiti.
Le informazioni di cui all’art. 71, comma 1, costituiscono parte integrante e sostanziale del contratto e non possono essere modificate.
Il diritto di recesso del consumatore
Accanto alle informazioni suindicate, tuttavia, il venditore è obbligato a fornire all’acquirente anche apposita informazione sull’esistenza del diritto di recesso; sulla sua durata, sulle modalità di esercizio di tale diritto, nonché del divieto di versare acconti durante questo periodo.
Infatti, l’art. 73 del Codice del Consumo stabilisce, in via generale, che al consumatore è concesso un periodo di quattordici giorni, naturali e consecutivi, per recedere dal contratto di multiproprietà, senza doverne specificare il motivo.
Tale periodo di recesso si calcola dal giorno della conclusione del contratto definitivo o del contratto preliminare oppure, dal giorno in cui il consumatore riceve il contratto definitivo o il contratto preliminare, se posteriore alla data di conclusione.
È importante osservare che le informazioni sul diritto di recesso devono essere fornite attraverso un formulario separato debitamente sottoscritto dal consumatore.
Per contro, l’acquirente intenzionato ad esercitare il diritto di recesso dovrà darne comunicazione scritta, su carta o altro supporto durevole che assicuri la prova della spedizione anteriore alla scadenza del periodo di recesso, alla persona indicata nel contratto o, in mancanza, all’operatore.
Va precisato, infine, che il consumatore il quale esercita il diritto di recesso non dovrà sostenere alcuna spesa né pagare alcuna penalità e, allo stesso modo, non sarà debitore del valore corrispondente all’eventuale servizio reso prima del recesso.
Casi pratici di nullità del contratto di multiproprietà
Così come sopra descritto, il contratto di multiproprietà sembrerebbe, pertanto, un’ottima
soluzione ed opportunità per i consumatori che vogliono assicurarsi le vacanze per sé e per la propria famiglia, ad un prezzo ragionevole e per il resto della loro vita.
Tuttavia, nella pratica ciò non è sempre vero, in quanto nella maggior parte dei casi i contratti di multiproprietà vengo redatti in assenza degli elementi essenziali su specificati con conseguente danno per i consumatori.
Vi sono casi, ad esempio, in cui indeterminato è l’oggetto del contratto.
Ciò avviene quando nel contratto non viene indicata l’esatta ubicazione dell’immobile che si sta acquistando o non ne vengono riportati i dati catastali, ovvero quando non viene indicato l’esatto periodo dell’anno in cui l’acquirente potrà godere del bene.
Capita, infatti, che molti contratti di multiproprietà, in cui si prevede il diritto del consumatore di godere del bene per una sola settimana dell’anno, non identificano in maniera precisa tale settimana ma prevedendo, al contrario, la generica formula “periodo di una settimana floating” ovvero “fluttuante a sua scelta”, senza, tuttavia, determinare le precise modalità con cui l’acquirente possa scegliere il periodo di godimento.
Ad esempio, non viene precisato se sia sufficiente una semplice comunicazione al venditore, oppure sia necessaria una autorizzazione o manifestazione di consenso da parte dello stesso.
In altre fattispecie, invece, accade che il contratto stipulato prevede l’acquisto di “quota di partecipazione indivisa”; “la proprietà della quota millesimale”, ovvero “la proprietà della quota di partecipazione”.
Ebbene, anche tali frasi sono idonee a rendere nullo il contratto in quanto la quota di multiproprietà va compiutamente individuata, essendo espressione concreta ed effettiva della partecipazione di ciascun comproprietario al godimento dell’unità abitativa, con inevitabili riflessi sul prezzo di vendita e sull’entità della partecipazione alle spese comuni.
Ancora, un caso particolare di nullità del contratto per indeterminatezza dell’oggetto si può avere in tutte quelle fattispecie in cui viene venduto un certificato di adesione ad un Club, il quale attribuisce il diritto di godere di un immobile in multiproprietà.
Nella maggior parte di questi casi, infatti, non si comprende la natura del Certificato in quanto dal contratto non emerge il tipo di titolo venduto, la sua legge di circolazione e, neppure, l’associazione alla quale lo stesso fa riferimento. Non si precisa, cioè, se tale certificato attribuisca la partecipazione ad una persona giuridica, ad un ente di fatto, ad un fondo, ad un patrimonio separato o ad una società commerciale.
Continuando, nella pratica vi sono contratti di multiproprietà in cui viene espressamente previsto l’obbligo per l’acquirente di provvedere al pagamento delle spese di manutenzione e/ gestione dell’immobile, senza indicare cosa viene ricompreso in tali spese ed il loro preciso ammontare.
Evidente, in tali casi, è la grave conseguenza che ne deriva per l’acquirente, il quali si troverebbe obbligato a dover corrispondere, mensilmente o annualmente, considerevoli importi non previsti in precedenza.
Infine, di rado vengono date al consumatore informazione precise e complete in riferimento al diritto di recesso anzi, nella maggior parte dei casi, nulla si legge in tal senso.
Le conseguenze in caso di nullità del contratto
Ebbene, in tutti casi sopra esposti e, più in generale, tutte le volte in cui al consumatore non vengono fornite le informazioni di cui al Codice del Consumo, non solo quest’ultimo ha la facoltà di esercitare il diritto di recesso, ma il contratto di multiproprietà può essere dichiarato nullo.
Difatti, se è certo che per il D.lgs n. 427/1998 la nullità discende dalla carenza della forma scritta, è, tuttavia, altrettanto vero che tale onere formale, essendo rivolto ad assicurare all’acquirente la piena consapevolezza del proprio operato, non è rispettato anche quanto nella scrittura non siano adoperati termini i frasi intellegibili o, comunque, indicati gli elementi ritenuti necessari dal legislatore.
In altre parole, le previsioni dell’art. 3 del D.lgs n. 427/1998, nonché del Codice del Consumo, sono diretta a realizzare un interesse indisponibile, cioè quello del consumatore di conoscere con esattezza ciò che sta acquistando e gli impegni che sta assumendo.
Pertanto, dette norme devono essere considerate imperative, con l’effetto che la nullità, in ipotesi di inosservanza delle disposizioni previste, discende dall’art. 1418 c.c., essendo al cospetto di violazione di disposizioni imperative.
È importante, infine, ricordare che la nullità del contratto di multiproprietà determina non solo la possibilità per il consumatore di svincolarsi dello stesso e, quindi, di non corrispondere più alcuna somma di denaro per spese di gestione e/o manutenzione del bene ma, anche, il diritto dello stesso di richiedere il prezzo inizialmente versato per ripetizione di indebito ex art. 2033 c.c., ossia in quanto il pagamento non era dovuto.