Fondo fiduciario vivente: cos’è, come funziona e quando è pignorabile

Il fondo fiduciario vivente rappresenta un modello giuridico di pianificazione anticipata del patrimonio. L’interesse verso questo istituto nasce dalla sua capacità di coniugare protezione patrimoniale, continuità nella gestione, riservatezza e prevenzione di conflitti ereditari. Ma cosa significa esattamente istituire un fondo fiduciario vivente? Qual è il rapporto tra questo strumento e il trust in senso tecnico? E come può essere applicato (o adattato) nel nostro ordinamento?

Consiglio: per un approfondimento su questi temi, ti segnaliamo il volume “Il Trust: aspetti operativi e pianificazione del patrimonio”, che fornisce nozioni di base a chi voglia approcciarsi alla materia, senza tralasciare alcuni spunti innovativi.

Il Trust

Il Trust

L’Italia è l’ordinamento di Civil Law in cui l’istituto del Trust si è più radicato rispetto a tutti gli altri ordinamenti similari. Il volume, giunto con successo alla sua II edizione, intende fornire, con il consueto approccio operativo, delle nozioni di base a chi voglia approcciarsi alla materia, senza tralasciare alcuni spunti innovativi come la gestione della compliance da parte degli operatori del sistema dei trust.

L’opera è suddivisa in due parti: una prima parte che tratta delle nozioni dell’istituto e una seconda parte che si occupa della conformità operativa, richiesta dalle normative di riferimento (in primis normativa 231, antiriciclaggio, trattamento dei dati personali).

Un focus particolare è dedicato ai principali aspetti fiscali connessi ai diversi momenti di vita dell’istituto alla luce della recente Circolare dell’Agenzia delle Entrate (Circ. n. 34/E del 20 ottobre 2022). Completano la consultazione la proposizione di modelli standard autogenerati, le più recenti massime giurisprudenziali, i protocolli di compliance più utili a cui l’operatore deve conformarsi nella istituzione e gestione di un Trust.

Nicola Tilli,
Avvocato in Milano dal 1996, Cassazionista, Founding Partner del network di studi legali internazionalistici Novastudia Professional Alliance. Autore di varie pubblicazioni per primarie case editrici giuridico-professionali. Ha collaborato negli ultimi venticinque anni con l’Istituto di diritto civile (cattedra di diritto comparato) Università Statale di Milano, Libera Università di Castellanza (LUIC), Università Bocconi di Milano, Università del Piemonte Orientale e con incarichi di docenza o lecturer presso Università degli Studi “Carlo Bo” di Urbino, LUISS di Roma, Università di Parma. Trainer di Business School Il Sole 24 Ore, IKN, AIIA (Ass. Internal Auditors). È consulente e DPO per primarie imprese.

Stefano Mingardi,
Dottore in giurisprudenza, dal 2011 è full-member di STEP (Society of Trustee and Estate Pratictioners) e dal 2014 dirige la Divisione Trusts – Pianificazione Patrimoniale e Attività Fiduciarie dello Studio Legale Associato Martinez & Novebaci di Milano.
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Nicola Tilli, Stefano Mingardi, 2023, Maggioli Editore
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Cos’è un fondo fiduciario vivente?

Il fondo fiduciario vivente è un accordo negoziale stipulato tra un disponente (settlor) e un fiduciario (trustee), con il quale il primo trasferisce beni o diritti al secondo, affinché li amministri nell’interesse di uno o più beneficiari (beneficiaries). L’espressione vivente indica che l’istituzione del fondo avviene mentre il disponente è ancora in vita, e non in funzione successoria post mortem.

Tale istituto consente una gestione continuativa dei beni, anche in caso di incapacità sopravvenuta del disponente: esso rappresenta una “zona separata” dal patrimonio del settlor, che può essere modellata con ampia libertà, nel rispetto dell’ordinamento, per vincolare i beni a un fine predeterminato.

I soggetti coinvolti

Il funzionamento del fondo fiduciario vivente si articola attorno a tre figure principali:

  • Il disponente (settlor)è colui che costituisce il fondo, conferendovi i propri beni e stabilendo le regole di gestione.
  • Il fiduciario (trustee): incaricato di amministrare il fondo secondo quanto stabilito dal disponente, agendo nell’interesse dei beneficiari.
  • I beneficiari (beneficiaries): sono i soggetti designati a ricevere i beni o i frutti del fondo secondo i tempi e le modalità definite nell’atto costitutivo.

In alcuni casi, può essere nominato anche un guardiano (protector), figura che vigila sull’operato del trustee, con poteri di controllo e sostituzione.

Il rapporto tra fondo fiduciario vivente e trust: convergenze e distinzioni

Il fondo fiduciario vivente non è altro che una specifica forma di trust: è infatti una configurazione concreta del trust disciplinata secondo regole di flessibilità e anticipazione degli effetti.

Nel diritto anglosassone, il living trust è uno strumento diffuso, spesso redatto come documento modulare e standardizzato. In Italia, invece, non esiste una figura giuridica autonoma chiamata “fondo fiduciario vivente”, ma è possibile realizzarne gli effetti attraverso un trust interno regolato da legge straniera, in conformità alla Convenzione dell’Aja del 1985 (ratificata con Legge n. 364/1989).

I trust interni, infatti, ormai pacificamente ammessi da dottrina e giurisprudenza, sono trust che, salvo l’unico elemento di internazionalità costituito dalla legge regolatrice, non presentano altri punti di contatto con ordinamenti esteri, appartenendo i beni segregati e i soggetti coinvolti all’ordinamento italiano.

È dunque corretto affermare che il fondo fiduciario vivente è una tipologia di trust che:

  • viene istituita in vita;

  • ha contenuti successori e gestori insieme;

  • mira a soddisfare esigenze di pianificazione e protezione del patrimonio, anche prima della morte del disponente.

Le principali tipologie: revocabile e irrevocabile

Il fondo fiduciario vivente può assumere forma revocabile o irrevocabile, a seconda della volontà del disponente:

  • Il fondo revocabile consente al disponente di modificare o revocare l’atto istitutivo in qualsiasi momento. Offre flessibilità e controllo, ma garantisce una minore tutela patrimoniale, in quanto i beni possono essere aggrediti dai creditori del settlor.

  • Il fondo irrevocabile, al contrario, non può essere modificato senza il consenso dei beneficiari o secondo clausole già previste. Assicura un livello maggiore di protezione dei beni trasferiti, utili anche in termini di pianificazione fiscale e protezione da pretese creditorie.

Vi sono poi fondi destinati a categorie particolari di beneficiari: minori, disabili, anziani o soggetti fragili. In tali casi il fondo assume una funzione anche sociale e assistenziale, spesso affiancata da strumenti di tutela giuridica come l’amministrazione di sostegno.

Come si costituisce un fondo fiduciario vivente?

La costituzione di un fondo fiduciario vivente richiede un atto scritto, condizione necessaria affinché lo strumento produca effetti giuridicamente validi ed efficaci. Si tratta di un atto negoziale, generalmente redatto in forma unilaterale dal disponente, attraverso il quale vengono definiti gli elementi essenziali dell’assetto fiduciario.

All’interno dell’atto istitutivo, il disponente deve indicare con precisione:

  • i beni o diritti conferiti al fondo (che possono includere immobili, liquidità, strumenti finanziari o partecipazioni societarie);

  • il fiduciario (trustee) incaricato della gestione patrimoniale;

  • i beneficiari finali, che potranno ricevere i beni o i frutti della loro gestione;

  • lo scopo perseguito dal fondo e le regole di amministrazione e distribuzione del patrimonio;

  • la legge regolatrice del rapporto fiduciario;

  • l’eventuale nomina di un guardiano.

Una volta istituito, il fondo può essere strutturato come revocabile o irrevocabile, in base al grado di controllo che il disponente intende mantenere.

Durante la vita del disponente, il fiduciario può iniziare a gestire attivamente o passivamente i beni conferiti, a seconda delle direttive ricevute. Alla morte del disponente, il fondo prosegue nella sua funzione e il fiduciario provvede alla distribuzione del patrimonio ai beneficiari, secondo quanto previsto dall’atto istitutivo. In questo modo, il fondo fiduciario vivente consente di evitare l’apertura di una procedura successoria tradizionale, con i relativi tempi, costi e complessità.

In termini di durata, pur non esistendo una disciplina univoca nel diritto italiano, si applica per analogia l’art. 2645-ter c.c., che consente di vincolare beni per un massimo di novanta anni. Ciò offre al disponente uno strumento duraturo, adatto sia alla protezione patrimoniale nel lungo periodo, sia alla pianificazione del passaggio generazionale.

Differenze con il fondo fiduciario testamentario

Il fondo fiduciario testamentario, a differenza di quello vivente, può essere istituito solo tramite testamento. Il testamento, in questo caso, assume il ruolo di atto istitutivo del fondo: esso produrrà i suoi effetti solo alla morte del disponente.

Una delle principali peculiarità del fondo testamentario, rispetto a quello vivente, riguarda la flessibilità nella modifica e nella revoca: essendo parte di un atto mortis causa, il fondo fiduciario testamentario può essere liberamente modificato o revocato fino all’ultimo momento, secondo le regole generali che disciplinano la revoca o la modifica delle disposizioni testamentarie. Al contrario, il fondo fiduciario vivente, soprattutto se irrevocabile, vincola i beni fin dalla sua istituzione e può essere modificato solo nei limiti previsti dallo stesso atto istitutivo.

Funzioni e vantaggi del fondo fiduciario vivente

Le finalità per cui viene istituito un fondo fiduciario vivente sono molteplici:

  • Protezione patrimoniale: soprattutto nel caso di fondo fiduciario irrevocabile, i beni conferiti vengono separati dal patrimonio del disponente e protetti da eventuali azioni esecutive o pretese creditorie.
  • Tutela del patrimonio per la pianificazione successoria: alla morte del disponente, i beni vengono attribuiti ai beneficiari senza necessità di successione testamentaria o legittima, con risparmio di tempi e costi.
  • Continuità gestionale: in caso di sopravvenuta incapacità del disponente, il trustee può proseguire la gestione secondo regole già stabilite, evitando blocchi o contenziosi.
  • Personalizzazione: il fondo consente di stabilire condizioni specifiche per la distribuzione (es. età, scopi educativi, assistenza a persone fragili), rendendolo uno strumento altamente adattabile.
  • Beneficenza: il disponente può costituire enti benefici in forma di living trust.
  • Riservatezza: a differenza della successione testamentaria, il fondo fiduciario vivente non è soggetto a pubblicità e garantisce maggiore discrezione nella trasmissione dei beni.

Profili fiscali e limiti civilistici

Il fondo fiduciario vivente, dal punto di vista fiscale, è soggetto alla normativa sulle imposte indirette. In particolare:

  • la costituzione può generare imposte di donazione/successione, a seconda dei casi;

  • la gestione e le attribuzioni sono soggette a regole di trasparenza e dichiarazione fiscale;

  • è necessario valutare le posizioni del trustee, del disponente e dei beneficiari in base alla loro residenza fiscale.

Sul piano civilistico, occorre rispettare le quote di legittima spettanti agli eredi legittimari. Il living trust non può essere uno strumento per aggirare tali tutele, pena la possibilità di azioni giudiziarie di riduzione o nullità.

Pignorabilità del fondo fiduciario vivente

La crescente diffusione del fondo fiduciario vivente impone una riflessione attenta sul tema della sua pignorabilità, ossia sulla possibilità che i beni in esso conferiti possano essere aggrediti dai creditori del disponente, del trustee o dei beneficiari.

Secondo quanto previsto dalla Convenzione dell’Aja del 1985, ratificata in Italia con la legge n. 364/1989, i beni conferiti in trust costituiscono una massa patrimoniale separata, distinta sia dal patrimonio del disponente sia da quello del trustee. In particolare, l’art. 11 della Convenzione evidenzia alcuni effetti fondamentali di questa segregazione:

  • Insequestrabilità dei beni da parte dei creditori personali del trustee;

  • Indipendenza dei beni rispetto alla successione o al regime patrimoniale del trustee;

  • Recuperabilità dei beni in caso di mescolanza con il patrimonio del fiduciario;

  • Opponibilità del vincolo di destinazione anche ai creditori del disponente.

Questo assetto giuridico garantisce che i beni in trust non siano, di norma, aggredibili né dai creditori del settlor, né da quelli del trustee, né da quelli dei beneficiari. Tuttavia, tale “protezione” non è assoluta.

Il controllo causale

L’istituto del trust, in generale, è ammesso nel nostro ordinamento purché rispetti il requisito della meritevolezza causale ai sensi dell’art. 1322, comma secondo, c.c.: il giudice, di volta in volta, verificherà quale sia la causa concreta che il trust intende perseguire.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9637/2018 (per la quale avevamo già proposto un approfondito commento), ha affermato che il trust, ove soggetto alla Convezione dell’Aja, è un istituto di per sé meritevole di tutela, in quanto la valutazione di meritevolezza è stata compiuta dal legislatore con la legge di ratifica n. 364/1989, con la conseguenza che non è richiesto al giudice un vaglio puntuale della causa, poiché è il legislatore stesso ad averne attestato la compatibilità con l’ordinamento.

La pronuncia valorizza il dato della meritevolezza “in astratto” del contratto, fondata sulla sua riconoscibilità normativa a livello internazionale, senza necessità di ulteriori verifiche sull’utilità o legittimità dello scopo perseguito nel singolo caso.

Questa impostazione, tuttavia, non può estendersi automaticamente ai trust interni, come accade nel caso dei fondi fiduciari viventi istituiti in ambito nazionale. Per questi ultimi, il giudice è ancora chiamato a svolgere una valutazione concreta della meritevolezza della causa, al fine di verificarne la conformità con i principi dell’ordinamento interno, trattandosi di strumenti non espressamente regolati dalla legge.

L’azione revocatoria ordinaria

La segregazione patrimoniale del fondo fiduciario vivente non può essere utilizzata in modo distorto per sottrarre beni alla garanzia dei creditori. Il primo rimedio previsto dall’ordinamento è l’azione revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c., che consente al creditore pregiudicato da un atto dispositivo del debitore di ottenerne l’inefficacia nei propri confronti.

L’atto costitutivo del fondo fiduciario vivente, se realizzato con finalità elusive o fraudolente, può essere impugnato dai creditori che dimostrino:

  • La sussistenza di un credito anteriore all’atto;

  • Il pregiudizio alla propria garanzia patrimoniale;

  • La consapevolezza del danno da parte del debitore (e, in alcuni casi, del trustee o beneficiario).

L’azione ha un termine di prescrizione di cinque anni dalla data dell’atto. Trascorso tale periodo, il conferimento si cristallizza e diventa inattaccabile sul piano revocatorio.

Espropriazione di beni oggetto di vincoli di indisponibilità o di alienazioni a titolo gratuito: art. 2929-bis c.c.

Accanto all’azione revocatoria, l’ordinamento riconosce una via esecutiva diretta: l’art. 2929-bis c.c. consente l’espropriazione di beni sottoposti a vincoli di indisponibilità o oggetto di alienazioni gratuite, se ricorrono alcune condizioni:

  • Il creditore deve essere titolare di un titolo esecutivo;

  • L’atto costitutivo del fondo fiduciario vivente deve essere successivo alla nascita del credito;

  • Il bene deve essere immobile o mobile registrato;

  • Il creditore deve trascrivere il pignoramento entro un anno dalla trascrizione del trust;

  • Deve esserci insufficienza patrimoniale del debitore al momento dell’atto.

In presenza di questi elementi, il creditore può procedere al pignoramento senza attendere la sentenza di revoca, sfruttando una procedura più celere ed efficace.

A chi vanno notificate le azioni revocatorie ed esecutive?

La giurisprudenza ha chiarito che il trust non ha un’autonoma soggettività giuridica: le azioni revocatorie ed esecutive eventualmente proposte non devono essere notificate al trust, come autonomo soggetto di diritto, ma al trustee, in ragione della titolarità in capo solo a questo del potere di gestione dei beni e di disposizione (Cass. Sez. III, n. 2043/2017; Cass. Sez. I, n. 10498/2019).

Limiti e modalità operative per il pignoramento dei beni del fondo fiduciario

I beni conferiti nel fondo fiduciario vivente, quindi, non sono, per loro natura, liberamente aggredibili dai creditori personali del disponente. Tuttavia, in presenza di atti fraudolenti, o se il fondo è utilizzato con finalità elusive, i rimedi che possono essere attivati sono: l’azione revocatoria ordinaria e il rimedio previsto dall’art. 2929-bis c.c. 

In presenza di uno di questi strumenti, i creditori possono attivare la procedura esecutiva nella forma dell’espropriazione contro terzi, con obbligo di notificare tanto il titolo esecutivo quanto l’atto di precetto al soggetto che detiene giuridicamente i beni, ossia il trustee, indicando specificamente il bene da espropriare.

Di fronte a un tentativo di esecuzione, il debitore potrà opporsi solo attraverso i rimedi oppositivi previsti dalla legge, quali l’opposizione all’esecuzione o agli atti esecutivi.

Al di fuori di questi casi eccezionali, l’aggressione del patrimonio del fondo fiduciario è consentita soltanto ai cosiddetti “creditori del trust interno, ovvero coloro con i quali il trustee abbia contratto obbligazioni nell’ambito della gestione fiduciaria dei beni, secondo le finalità espresse nell’atto istitutivo.

Un elemento di primaria importanza riguarda l’individuazione del soggetto passivo dell’esecuzione: poiché il trust non possiede personalità giuridica, il pignoramento deve essere sempre eseguito nei confronti del trustee. L’errore di rivolgere l’azione esecutiva fondo fiduciario in quanto tale, e non al trustee, comporta la chiusura anticipata del procedimento per inesistenza del soggetto passivo.

Di conseguenza, anche la trascrizione del pignoramento nei pubblici registri deve avvenire esclusivamente a carico del trustee, al pari di ogni altro atto riferibile al patrimonio del fondo. Il giudice dell’esecuzione può rilevare d’ufficio l’inesistenza giuridica del destinatario dell’atto esecutivo, qualora quest’ultimo sia erroneamente individuato nel trust e non nel soggetto che ne ha la titolarità formale.

Conclusioni

Il fondo fiduciario vivente rappresenta uno strumento avanzato di organizzazione patrimoniale, che coniuga protezione, flessibilità e continuità nella gestione dei beni. La sua efficacia dipende dalla corretta strutturazione dell’atto istitutivo, dalla coerenza con i principi dell’ordinamento nazionale e dal rispetto dei limiti imposti a tutela dei creditori e degli eredi legittimari.

Se da un lato la segregazione patrimoniale garantisce un elevato grado di protezione, dall’altro occorre prestare attenzione all’uso lecito dell’istituto, per evitare che venga impiegato in modo distorsivo o elusivo. La giurisprudenza più recente ha ribadito che il controllo giudiziale rispetto alla causa concreta, alla meritevolezza e al rispetto dei principi generali costituisce il fondamento per la piena validità ed efficacia del fondo fiduciario vivente nel nostro ordinamento.

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