Errore “fatale” nel PCT: quando è ammessa la rimessione in termini del difensore

La Corte di Cassazione, III Sezione Civile, con l’ordinanza n. 27766/2025 (clicca qui per consultare il testo integrale della decisione), ha accolto il ricorso di alcuni cittadini contro il Ministero della Difesa e una società privata, ribaltando la decisione della Corte territoriale che aveva dichiarato improcedibile l’appello per tardivo deposito telematico. Al centro della vicenda, un errore “fatale” nel sistema informatico ministeriale che aveva impedito la corretta iscrizione a ruolo dell’atto. La Suprema Corte chiarisce i limiti e le garanzie del processo civile telematico, riaffermando il principio di non imputabilità del malfunzionamento tecnico alla parte processuale.

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Formulario commentato del nuovo processo civile

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Lucilla Nigro
Autrice di formulari giuridici, unitamente al padre avv. Benito Nigro, dall’anno 1990. Avvocato cassazionista, Mediatore civile e Giudice ausiliario presso la Corte di Appello di Napoli, sino al dicembre 2022.

 

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Un appello rifiutato per “errore fatale”

La vicenda giudiziaria origina nel 2006, quando alcuni cittadini convennero in giudizio una società privata e il Ministero della Difesa, chiedendo il risarcimento per danni patrimoniali e non patrimoniali derivanti da una campagna mediatica diffamatoria nonché da presunti trattamenti disumani subiti durante un fermo, incluso un minorenne. Il Tribunale rigettò le domande e condannò gli attori alle spese. Nel 2017 i medesimi interposero appello, tuttavia la Corte territoriale lo dichiarò improcedibile: il deposito telematico dell’atto era avvenuto il 16 giugno, oltre i dieci giorni previsti dall’art. 165 c.p.c. rispetto alla notifica del 1° giugno. La richiesta di rimessione in termini, presentata solamente il 2 novembre, fu ritenuta tardiva.

Quando il sistema telematico è down

Hub del ricorso in Cassazione è la governance del deposito telematico e alla sua validità. I ricorrenti sostenevano che il primo invio dell’atto era avvenuto il 12 giugno 2017, entro il termine, e che la ricevuta di avvenuta consegna (la cosiddetta “seconda PEC”) fosse stata regolarmente generata. Tuttavia, il sistema informatico del Ministero aveva in seguito rifiutato il deposito, classificandolo quale “errore fatale” nella “quarta PEC”. La Corte d’Appello aveva ignorato l’istanza di rimessione in termini, ritenendola tardiva e non motivata. I ricorrenti, invece, avevano dimostrato di aver agito in modo tempestivo, effettuando un nuovo deposito il 16 giugno e presentando l’istanza solamente dopo che la controparte aveva eccepito la tardività.

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Il deposito è tempestivo se la seconda PEC è valida

La Corte di Cassazione ha accolto il primo motivo di ricorso, ritenendolo assorbente rispetto agli ulteriori. Richiamando una consolidata giurisprudenza (Cass. Sez. U. n. 22834/2022; Cass. n. 69/2025) ha ribadito che il deposito telematico si considera perfezionato al momento della generazione della ricevuta di avvenuta consegna a opera del gestore PEC del Ministero della Giustizia. Tuttavia, tale effetto risulta “provvisorio” e subordinato all’esito positivo dei controlli automatici e manuali del sistema. In ipotesi di rifiuto, la parte può chiedere la rimessione in termini ai sensi dell’art. 153 c.p.c., a condizione che il ritardo non risulti imputabile a negligenza. Nella vicenda posta sotto la lente del giudice di legittimità, l’errore “fatale” segnalato dal sistema non era riconducibile a una condotta negligente dei ricorrenti. La Corte ha messo in luce che tali errori sono generici e sovente derivano da malfunzionamenti tecnici, non da vizi dell’atto ovvero della sua trasmissione.

Norme primarie, regolamenti e specifiche tecniche

L’ordinanza offre una ricostruzione del pattern normativo applicabile ratione temporis, tra cui:

  • l’art. 16-bis del D.L. n. 179/2012 (abrogato dal D.Lgs. n. 149/2022),
  • il D.M. n. 44/2011, art. 13,
  • le specifiche tecniche del DGSIA del 2014 e 2015.

La Corte ha illustrato le quattro fasi del deposito telematico: accettazione, avvenuta consegna, esito dei controlli automatici, controllo manuale della cancelleria. Solamente con l’ultima fase l’atto diventa visibile nel fascicolo telematico. Tuttavia, è la seconda PEC, cioè quella che attesta l’avvenuta consegna, a determinare la tempestività del deposito, a condizione che sia seguita da un esito positivo ovvero da un nuovo deposito tempestivo.

Rimessione in termini e tutela del giusto processo

Il giudice di legittimità ha chiarito che, in presenza di un errore fatale non imputabile alla parte, il giudice ha l’onere di valutare l’istanza di rimessione in termini tenendo conto dell’affidamento legittimo del depositante nel funzionamento del sistema. Nel caso in disamina, i ricorrenti avevano agito con diligenza, effettuando un nuovo deposito entro pochi giorni e presentando l’istanza non appena sollevata l’eccezione. La Corte ha perciò ritenuto ingiustificata la dichiarazione di improcedibilità e ha cassato la sentenza impugnata.

Il principio di diritto

La Corte di Cassazione nell’ordinanza in commento argomenta in ordine al perfezionamento del deposito telematico degli atti processuali in ipotesi di “errore fatale” e sui limiti per la rimessione in termini del difensore. Il principio può essere formulato nei seguenti termini: in tema di deposito telematico di atti processuali, la ricezione della “ricevuta di avvenuta consegna” (RdAC) presenta un’efficacia provvisoria ed è idonea a determinare la tempestività del deposito solo ove quest’ultimo sia in seguito perfezionato positivamente all’esito dei successivi controlli automatizzati del sistema e di quelli manuali della cancelleria. Per l’effetto, il messaggio PEC di esito negativo (cd. quarta PEC), che segnali un “errore fatale”, inficia il deposito fin dall’origine, imponendone la rinnovazione. In tale evenienza, la parte ha l’onere di chiedere la rimessione in termini ai sensi dell’art. 153, comma 2, c.p.c. non appena sia venuta a conoscenza dell’impedimento, dovendosi però ritenere non colpevole la sua inerzia per il tempo ragionevolmente necessario per svolgere accertamenti e verifiche presso la cancelleria, funzionali alla rinnovazione del deposito ed alla proposizione della relativa istanza. In sintesi, la Corte stabilisce che:

  • la tempestività del deposito è inizialmente data dalla ricevuta di avvenuta consegna (la cosiddetta seconda PEC);
  • detta tempestività è provvisoria e condizionata all’esito positivo di tutti i successivi controlli (la cosiddetta quarta PEC);
  • ove la quarta PEC segnali un “errore fatale”, il deposito è nullo ab origine, rendendo necessaria la sua rinnovazione;
  • in ipotesi siffatta, l’istanza di rimessione in termini (art. 153 c.p.c.) deve essere presentata tempestivamente, ma il lasso di tempo impiegato per le necessarie verifiche e gli accertamenti in Cancelleria per comprendere l’errore e porvi rimedio non può essere considerato inerzia colpevole.

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