Il contratto “Rent to buy”: genesi, significato, disciplina e vantaggi

Sommario:

Premessa

La crisi che, notoriamente, affligge l’attuale contesto storico–economico ha spiegato i suoi effetti più dolenti nel settore edile.

Principalmente, sono tre i fattori che hanno provocato l’affievolirsi della domanda sul mercato immobiliare: la scarsa disponibilità di liquidità destinata a tali investimenti, le crescenti difficoltà di accesso al credito bancario e l’incremento della tassazione, complessivamente considerata, sul bene-casa.

Questo insieme di circostanze, affiancato alla dilagante sfiducia nel superamento della crisi, ha paralizzato l’edilizia, cagionando il rallentamento di nuove costruzioni e la circolazione di quelle già esistenti.

Diretta conseguenza degli scenari appena descritti sono stati i numerosi tentativi di individuare figure contrattuali idonee a ripartire congruamente la difficoltà nel reperimento delle risorse economiche necessarie, anche a costo di sacrificare la ormai remota aspettativa del venditore di ricevere il pagamento del prezzo in maniera integrale ed immediato[1].

La prassi del mercato immobiliare ha portato alla creazione di soluzioni negoziali ed operazioni commerciali che consentissero di godere dell’immobile sin da subito, pagando un determinato canone periodico e rinviando ad un momento successivo l’acquisto vero e proprio.

Meccanismi di questo tipo comportano molteplici vantaggi, tra cui quello di posticipare i costi del rogito notarile e l’eventuale accesso al mutuo[2].

Inoltre, anche sul fronte normativo sono stati adottati provvedimenti atti a contrastare la crisi finanziaria, incidendo su istituti tradizionali ed introducendone di nuovi, a cui spesso la prassi aveva già iniziato a fare ricorso.

In questo contesto emerge il c.d. rent to buy, nuova operazione che consente una particolare modalità di accesso al diritto di proprietà, e rientra in quel diritto civile che si caratterizza per essere ostacolato dalla crisi economica[3].

Poste tali premesse storico-economiche, occorre analizzare le peculiarità ed i principali aspetti disciplinari dell’istituto de quo.

1. Il contratto rent to buy: significato e disciplina

Il contratto di godimento in funzione della successiva alienazione, introdotto dall’art. 23 del D.L. 133/14 (c.d. decreto “Sblocca Italia”), si caratterizza

– in primis, per l’immediato godimento ed utilizzo del bene da parte del conduttore;

– in secundis, per il relativo diritto, posto in capo a quest’ultimo, di acquistarne la proprietà entro un termine prestabilito, con la possibilità di imputare al prezzo di vendita la parte di canone indicata a tal fine nel contratto.

In dottrina si sta affermando la convinzione che la situazione giuridica del conduttore si identifichi in una detenzione[4].

L’operazione descritta risulta frammentata in  due momenti/fasi contrattuali, il primo che concerne il godimento a titolo oneroso, segnato dall’inevitabile traditio del bene ed il secondo, eventuale, consistente nel futuro trasferimento della proprietà[5].

Tale sistema, così congegnato, pur lasciando all’aspirante acquirente la possibilità di abdicare all’acquisto, risulta allettante anche per l’aspirante venditore, poiché la libertà del primo è implicitamente limitata da un meccanismo simile a quello di una caparra convenuta verso un diritto di recesso[6].

2. La natura giuridica

Per quanto concerne gli aspetti tipologici, è stata rilevata la possibilità di sussumere la fattispecie de qua nella più ampia categoria dei negozi a formazione progressiva, preparatori della eventuale, successiva alienazione[7].

Non mancano tuttavia aspetti controversi: sia in dottrina che in giurisprudenza vi sono stati infatti diversi sforzi finalizzati a chiarire se il rent to buy rappresenti un’ipotesi di contratto misto o di contratto atipico, ovvero se il provvedimento legislativo in vigore abbia introdotto un nuovo tipo contrattuale.

La giurisprudenza ed il Legislatore sembrano concordi nel ritenerlo una vera e propria novità sul fronte delle tipologie contrattuali, malgrado in dottrina si percepisca ancora l’idea che possa essere inquadrato all’interno dei contratti misti o, addirittura, considerato una forma di collegamento negoziale.

C’è chi inoltre propende per la tesi dell’atipicità, trovando potenziale giustificazione nel difetto di identità della causa[8].

Ulteriore problema è rappresentato dal fatto che la fattispecie negoziale in esame potrebbe risultare pleonastica agli occhi degli operatori, in quanto molto simile ad istituti già noti e, conseguentemente, essere confusa con un contratto di locazione combinato ad un patto di opzione, ovvero ad un affitto con riscatto, o ancora allo schema del leasing.

Tuttavia, occorre evidenziare che varie sono le peculiarità che differenziano il rent to buy dalle altre figure.

Si pensi a titolo esemplificativo alla trascrivibilità che lo distingue dall’opzione, alla non indispensabilità della impresa (necessaria per il leasing), o alla necessaria doppia connotazione del canone (oltre che ad altre sfumature di seguito trattate)[9].

È appunto il caso di esaminare le peculiarità che hanno consentito al rent to buy di affermarsi e rappresentare una risposta al drammatico panorama economico-finanziario.

3. I requisiti

L’oggetto del contratto de quo può essere costituito da qualunque bene immobile, ivi compresi appartamenti, magazzini, garage e terreni, a prescindere dalla destinazione che potrà essere residenziale, abitativa, commerciale, produttiva, direzionale o ad uso diverso.

Non sembra vi siano preclusioni neppure per eventuali fabbricati realizzati solo al grezzo.

Conseguenza di quanto appena detto si ripercuote in materia di forma, infatti, trattandosi di contratto avente ad oggetto beni immobili, la forma scritta costituisce requisito essenziale (ad substantiam) del contratto a pena di nullità.

Inoltre, esattamente come previsto per il preliminare, il contratto in oggetto è trascrivibile nei registri immobiliari, purché vi sia il rispetto del requisito formale dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata.

La trascrizione assume effetto prenotativo ed il termine di efficacia, a differenza del preliminare (che è limitato a tre anni), può essere portata fino a dieci anni[10].

Per quanto riguarda la causa concreta del contratto, essa deve essere ravvisata in un nuovo assetto di interessi, sinora non esistente all’interno dell’ordinamento ed introdotto autonomamente.

La prevalente causa alienandi rende il godimento del bene situazione strumentale allo scopo, anche nel caso in cui non si perfezioni l’acquisto.

Invero, il mancato trasferimento della proprietà non può che costituire effetto fisiologico ed eventuale dell’operazione, non essendo previsto alcun obbligo in capo al conduttore, bensì solo un diritto[11].

Dalla disciplina illustrata, si evince chiaramente che l’accento sia stato posto sull’acquisto, assumendo il godimento funzione meramente strumentale e preparatoria rispetto ad esso[12].

L’assolvimento di detta funzione esclude che l’utilizzo del bene possa considerarsi a titolo locativo.

Del resto, lo stesso testo di legge statuisce la possibilità di applicare alla fase del godimento, per quanto compatibili, le norme dettate in tema di usufrutto (si pensi ad es. all’inventario o alle spese per la manutenzione).

Ex adverso, non essendo richiamato l’art. 1008 c.c., le imposte gravanti sulla proprietà devono considerarsi a carico del concedente[13].

4. La doppia componente del canone e la restituzione in caso di mancato esercizio del diritto d’acquisto

Ulteriore profilo meritevole di analisi concerne la previsione del comma 1 bis dell’art. 23 D.L. 133/2014, che impone alle parti di stabilire, in sede contrattuale, la parte del canone che deve essere restituita in caso di mancato esercizio del diritto di acquisto.

Invero, il canone versato risulterà evidentemente maggiore rispetto a quello di una semplice locazione, poiché costituito da una componente finalizzata a remunerare il proprietario per il godimento del bene, e da un’altra rappresentante un acconto del prezzo di vendita.

Quest’ultima deve essere restituita nel caso in cui al godimento del bene non consegua l’acquisto.

L’indicazione della doppia componente del canone va considerato elemento essenziale del contratto, non soggetto a deroghe.

Secondo alcuni, la sua assenza determinerebbe la nullità del contratto, ferma restando la possibilità di ricorrere alla conversione ex art. 1424 c.c., in presenza di tutte le condizioni previste.

Alle parti rimane concessa sia la possibilità di determinare autonomamente la percentuale della componente del prezzo/acconto di vendita, sia la possibilità di prevedere che una parte di detta quota sia ugualmente trattenuta dal proprietario/locatore a titolo di indennità anche in caso di omesso acquisto.

Ulteriore libertà rimessa ai contraenti risiede nella facoltà di prevedere che una percentuale della componente o l’intera componente remunerativa del godimento possa essere decurtata dal prezzo fissato per la vendita.

Si pensi ad es. all’accordo raggiunto dalle parti di portare a decurtazione del prezzo di acquisto anche le somme versate per il godimento, qualora la compravendita sia conclusa entro il termine di un anno e non entro cinque[14].

Da quanto sopra illustrato si deduce che il conduttore risulti semplicemente titolare di un diritto all’acquisto dell’immobile entro un temine prestabilito, senza essere soggetto ad alcun obbligo.

In questo modo gli viene garantita la libertà di valutare la convenienza dell’affare.

L’eventuale ripensamento va, dunque, interpretato come potenziale insuccesso fisiologico ed incolpevole da mettere in conto qualora si opti per l’operazione contrattuale in questione[15].

All’interno del contratto potrebbe, inoltre, essere stabilito sia l’impegno/obbligo reciproco di vendere e di acquistare l’immobile, sia l’attribuzione al conduttore di una mera opzione d’acquisto.

Alcuni fanno notare che la previsione di un obbligo di acquisto in capo al conduttore dovrebbe comportare una riqualificazione del contratto in termini di locazione collegata ad un preliminare bilaterale[16].

5. L’inadempimento del conduttore e del concedente

Altro profilo disciplinare di particolare rilievo ed interesse concerne l’ipotesi di inadempimento del conduttore.

Su tale aspetto è intervenuto il Legislatore, fornendo a priori una valutazione legale della gravità dell’inadempimento, e consentendo al concedente di ottenere la risoluzione del contratto in caso di omesso pagamento, non necessariamente consecutivo, di un numero di canoni non inferiore ad un ventesimo del numero complessivo.

In altri termini, il locatore/proprietario è legittimato a chiedere la risoluzione quando la somma dei canoni inadempiuti superi il ventesimo dell’importo complessivo dei canoni, ossia il 5%.

Sembra, inoltre, rimessa alle parti esclusivamente la possibilità di elevare il limite di rilevanza dell’inadempimento, e non di abbassarlo a di sotto del ventesimo.

Conseguenze dell’intervenuta risoluzione sono il diritto alla restituzione dell’immobile ed il diritto ad acquisire definitivamente i canoni sino a quel momento versati per l’importo integrale, ossia comprensivo della parte di canone destinata al trasferimento della proprietà[17].

L’inadempimento del concedente, al contrario, pone il conduttore dinanzi ad una scelta:

– chiedere l’adempimento in forma specifica, in modo tale da ottenere una sentenza che produca gli stessi effetti del contratto non concluso;

– ovvero la risoluzione del contratto ai sensi degli artt. 1453 e ss. c.c., fermo restando, in ogni caso, la possibilità di ottenere il risarcimento dei danni.

L’adempimento in forma specifica può involgere un obbligo di fare, ed essere richiesto ex art. 2931 c.c., ovvero l’obbligo della cessione dell’immobile, ai sensi dell’art. 2932 c.c.[18]

6. Il fallimento di una delle parti

Infine, il comma 6 dell’art. 23 D.L. 133/14 disciplina l’eventuale fallimento di una delle parti.

Nel caso in cui sia il concedente a fallire il contratto tra le parti prosegue, fatta salva l’applicazione di cui all’art. 67, comma 3, della Legge Fallimentare.

Tale disposizione prevede che non possano essere revocati i contratti di compravendita conclusi a giusto prezzo e che abbiano ad oggetto immobili ad uso abitativo per l’acquirente, per i suoi parenti o affini entro il terzo grado, ovvero immobili destinati a divenire la sede principale della sua attività di impresa.

Qualora, ex adverso, sia il conduttore ad essere assoggettato al fallimento si applica l’art. 72 della Legge Fallimentare che consente al curatore di sciogliersi dal contratto o di subentrare in luogo del fallito, assumendo i relativi obblighi[19].

7. Conclusioni: il contratto rent to buy conviene?

Delineate le peculiarità dell’istituto in esame, occorre spiegare sinteticamente quali sono i vantaggi che possono indurre imprenditori, operatori economici e privati ad optare per tale sistema.

Come premesso, l’attuale scenario economico-sociale non permette di accedere agevolmente al credito e, paradossalmente, non lo consente proprio a chi ne avrebbe bisogno.

Conseguenza di ciò è indubbiamente la seria difficoltà ad individuare potenziali acquirenti interessati ed effettivamente capaci di indebitarsi con un finanziamento.

Il rent to buy sembra attagliarsi perfettamente a fronteggiare tali difficoltà, consentendo una sorta di pagamento rateizzato dell’immobile con eventuale saldo finale.

Il fatto di non vincolare il conduttore all’acquisto e la conseguente possibilità di recuperare anche le somme versate a tale titolo nel corso della locazione rende l’affare particolarmente allettante per tutti coloro che vorrebbero soddisfare un’esigenza (abitativa, produttiva, commerciale, etc.) ma non hanno la liquidità sufficiente.

Il proprietario, pur sacrificando la remota aspirazione di ricevere l’integrale importo, è incentivato dalla riscossione di un canone più elevato rispetto a quello locativo che gli consente di meglio affrontare la pressione fiscale legata alla proprietà e le eventuali insidie della manutenzione dovute alla vetustà.

Profilo ulteriormente favorevole è quello di trovare sin da subito un soggetto che si occupi e si prenda cura del proprio bene, in modo tale da evitare che il disuso prolungato provochi fastidi e disagi.

La duplice componente del canone palesa evidenti vantaggi anche per il conduttore, essendo una percentuale finalizzata all’utilizzo del bene (abitarlo, sfruttarlo economicamente, esercitarci un’attività commerciale o professionale, etc.), mentre l’altra a garantire un semplice diritto di acquisto che, in caso non esercitato, comporterà la restituzione.

Il lasso di tempo che precede la compravendita consente all’aspirante acquirente di testare il bene, vagliando concretamente le sue caratteristiche, ed evitando acquisti che si rivelino ben presto difformi dalle proprie aspettative.

Altro aspetto indubbiamente vantaggioso per l’aspirante acquirente è quello di fissare immediatamente il prezzo della vendita, così da svincolarsi da eventuali, spiacevoli sorprese che il mercato potrebbe riservare.

La contemporanea precarietà economica e professionale rivela la sua incompatibilità con eventuali investimenti impegnativi.

Il rent to buy, al contrario, sembra perfettamente in grado di conciliarsi con tale instabilità, consentendo un’equa ripartizione dei sacrifici, tuttavia senza costringere a rinunciare alle proprie aspettative di vendere o di avere a disposizione un immobile.

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[1] D. Valentino, Crisi economica e tipologie contrattuali, in Rivista di diritto privato, 2016, 3, pp. 327-329

[2] Cfr. A. Benni de Sena, Il c.d. rent to buy e il contratto di godimento in funzione della successiva alienazione di immobile. Profili di disciplina, in La nuova giurisprudenza civile commentata, 2016, 4, p. 609; A. Fachechi, Rent to buy e variabilità della disciplina applicabile, in Rassegna di diritto civile, 2016, 1, p. 100

[3] Cfr. G. D’Amico, Rent to buy: profili tipologici, in I Contratti, 2015, 11, p. 1030; C. Cicero, Rent to buy: la fattispecie e gli interessi sottesi (provocazioni e spunti), in I Contratti, 2015, 11, p. 1041.

[4] Cfr. F. Caringella e L. Buffoni, Manuale di diritto civile, 2016, p. 1207; G. Rizzi, Il rent to buy: aspetti redazionali, in Rivista del notariato, 2015, 4, p. 891; C. Cicero, Rent to buy: la fattispecie e gli interessi sottesi (provocazioni e spunti), in I Contratti, 2015, 11, p. 1044.

[5] C. Cicero, Rent to buy: la fattispecie e gli interessi sottesi (provocazioni e spunti), in I Contratti, 2015, 11, pp. 1043.

[6] G. D’Amico, Rent to buy: profili tipologici, in I Contratti, 2015, 11, p. 1032.

[7] A. Benni de Sena, Il c.d. rent to buy e il contratto di godimento in funzione della successiva alienazione di immobile. Profili di disciplina, in La nuova giurisprudenza civile commentata, 2016, 4, p. 609.

[8] A. Fachechi, Rent to buy e variabilità della disciplina applicabile, in Rassegna di diritto civile, 2016, 1, pp. 102-104.

[9] C. Cicero, Rent to buy: la fattispecie e gli interessi sottesi (provocazioni e spunti), in I Contratti, 2015, 11, pp. 1046 e ss.

[10] Cfr. F. Caringella e L. Buffoni, Manuale di diritto civile, 2016, p. 1207; G. Rizzi, Il rent to buy: aspetti redazionali, in Rivista del notariato, 2015, 4, p. 890 e ss.; A. Benni de Sena, Il c.d. rent to buy e il contratto di godimento in funzione della successiva alienazione di immobile. Profili di disciplina, in La nuova giurisprudenza civile commentata, 2016, 4, p. 610.

[11] Cfr. F. Caringella e L. Buffoni, Manuale di diritto civile, 2016, p. 1209; D. Poletti, Quando al “rent” non segue il “buy”: scioglimento del vincolo contrattuale e restituzioni, in I Contratti, 2015, 11, pp. 1050-1055.

[12] Cfr. G. Rizzi, Il rent to buy: aspetti redazionali, in Rivista del notariato, 2015, 4, p. 890 e ss.; A. Benni de Sena, Il c.d. rent to buy e il contratto di godimento in funzione della successiva alienazione di immobile. Profili di disciplina, in La nuova giurisprudenza civile commentata, 2016, 4, pp. 612-613.

[13] Cfr. F. Caringella e L. Buffoni, Manuale di diritto civile, 2016, pp. 1207-1208; G. D’Amico, Il rent to buy: profili tipologici, in I Contratti, 2015, 11, p. 1038.

[14] Cfr. G. D’Amico, Il rent to buy: profili tipologici, in I Contratti, 2015, 11, pp. 1033-1034; G. Rizzi, Il rent to buy: aspetti redazionali, in Rivista del notariato, 2015, 4, pp. 892-894.

[15] D. Poletti, Quando al “rent” non segue il “buy”: scioglimento del vincolo contrattuale e restituzioni, in I Contratti, 2015, 11, pp. 1054-1055.

[16] Cfr. F. Caringella e L. Buffoni, Manuale di diritto civile, 2016, p. 1207; G. Rizzi, Il rent to buy: aspetti redazionali, in Rivista del notariato, 2015, 4, p. 893.

[17] Cfr. G. D’Amico, Rent to buy: profili tipologici, in I Contratti, 2015, 11, p. 1030; C. Cicero, Rent to buy: la fattispecie e gli interessi sottesi (provocazioni e spunti), in I Contratti, 2015, 11, p. 1034; G. Rizzi, Il rent to buy: aspetti redazionali, in Rivista del notariato, 2015, 4, pp. 900-902.

[18] G. Rizzi, Il rent to buy: aspetti redazionali, in Rivista del notariato, 2015, 4, p. 903.

[19] F. Caringella e L. Buffoni, Manuale di diritto civile, 2016, p. 1209.

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