Affido super esclusivo, quando la bigenitorialità viene messa in discussione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 24876, del 09 settembre 2025 (clicca qui per consultare il testo integrale), affronta temi di grande rilievo in materia di affidamento dei figli minori, soffermandosi sui confini tra affidamento esclusivo e super esclusivo, sul principio di bigenitorialità e sul necessario rigore dell’accertamento probatorio. In particolare, la decisione richiama l’attenzione sulla natura eccezionale dell’affido super esclusivo e sulle condizioni che possono giustificarne l’applicazione, alla luce dell’interesse superiore del minore. Il Formulario commentato della famiglia e delle persone, acquistabile cliccando su Shop Maggioli o su Amazon, si configura come uno strumento completo e operativo per impostare un’efficace strategia difensiva.

Formulario commentato della famiglia e delle persone

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Lucilla Nigro
Autore di formulari giuridici, unitamente al padre avv. Benito Nigro, dall’anno 1990. Avvocato cassazionista, Mediatore civile e Giudice ausiliario presso la Corte di Appello di Napoli, sino al dicembre 2022, è attualmente Giudice ordinario di pace.

 

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La vicenda che ha riaperto il debate sull’affido super esclusivo

La sentenza della Corte Suprema di Cassazione (n. 24876/2025) affronta la tematica dell’affidamento dei figli in presenza di una accesa conflittualità tra i genitori. La vicenda esaminata riguarda una minore affidata in via super esclusiva alla madre, col padre relegato a un ruolo marginale, privo di potere decisionale anche sulle questioni fondamentali. La decisione del giudice territoriale di Firenze, confermando il provvedimento del Tribunale, aveva suscitato il ricorso del padre, che lamentava una violazione del principio di bigenitorialità e una interpretazione distorta delle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio.

La relazione transnazionale e la conflittualità tra genitori

La vicenda origina da una relazione sentimentale nata negli Stati Uniti tra una cittadina italiana e un cittadino americano, dalla quale è nata una figlia. A seguito della separazione, la madre decideva di trasferirsi in pianta stabile in Italia con la minore, troncando di fatto la convivenza familiare e rendendo complicato il mantenimento di un rapporto continuativo tra il padre e la figlia. L’uomo, residente negli USA, lamentava una sistematica opposizione da parte della donna a qualsiasi forma di coinvolgimento nella vita della minore, segnalando una condotta ostruzionistica e alienante.

Il Tribunale di Firenze, pur riconoscendo la conflittualità tra i genitori, disponeva l’affido super esclusivo alla madre, estromettendo il padre da ogni decisione rilevante e limitando i suoi contatti con la figlia. Veniva anche disposto un assegno di mantenimento all’inizio fissato a 6.500 euro mensili.

La Corte d’Appello confermava la decisione del Tribunale, mantenendo l’impostazione dell’affido, tuttavia riducendo l’assegno di mantenimento a euro 4.300. Dalla CTU era emerso un rapporto disfunzionale tra madre e figlia, con una forte dipendenza narcisistica e una rappresentazione del padre come figura marginale. Malgrado ciò, la Corte d’Appello aveva ritenuto che la madre fosse il genitore più idoneo a rispondere ai bisogni della bambina, escludendo il padre anche dalle decisioni di maggior interesse. Il padre, per l’effetto, ha interposto ricorso per Cassazione, contestando la violazione del principio di bigenitorialità e l’assenza di un adeguato accertamento sulle cause del rifiuto della minore di incontrarlo.

Un monito sulla bigenitorialità

La Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione ha accolto il primo motivo di ricorso, cassando la sentenza impugnata e rinviando alla Corte d’Appello in diversa composizione. L’hub della decisione risiede nella riaffermazione del principio di bigenitorialità quale valore assiologico e diritto fondamentale del minore.

L’affido super esclusivo, per la Suprema Corte, costituisce una misura fortemente limitativa della responsabilità genitoriale e deve essere sorretto da un accertamento rigoroso e probatorio. La Corte ha stigmatizzato l’approccio della Corte territoriale, che aveva fondato la propria decisione su una valutazione generica della conflittualità e sul rifiuto della minore di incontrare il padre, senza approfondire le cause di tale rifiuto e senza considerare le condotte materne disfunzionali evidenziate dalla CTU.

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Il principio di diritto

Il collegio della Prima Sezione Civile ha dettato il seguente principio di diritto, di cui il giudice del rinvio dovrà tener conto:

“L’affidamento del minore, non condiviso, costituisce eccezione alla norma (art. 337 ter c.c.) che riconosce il diritto e il valore assiologico della bigenitorialità. L’eccezione, legislativamente definita esclusivamente come affido esclusivo richiede un accertamento rigoroso della contrarietà all’interesse del minore, come stabilito nell’art. 337 quater c.c., fondato sull’oggettivo riscontro probatorio, svolto all’esito di un’indagine complessa e completa, della sussistenza del requisito di legge, a carattere prevalentemente oggettivo. L’affido super esclusivo che impedisce al genitore non affidatario la partecipazione anche alle decisioni di maggior interesse del minore, costituisce, di conseguenza, una determinazione fortemente limitativa dell’esercizio della responsabilità genitoriale, inquadrabile nel sistema delle misure conformative ed ablative definito dagli artt. 330 e 333 c.c., richiedendo, di conseguenza, ai fini dell’accertamento della contrarietà all’interesse del minore un quid pluris costituito dalla prova di condotte gravemente pregiudizievoli ascrivibili al genitore non affidatario, causalmente rilevanti in via esclusiva o prevalente ai fini dell’integrazione del requisito di legge”.

Tra norme e prassi

La sentenza impone una riflessione sulla prassi giudiziaria in materia di affidamento. L’art. 337 ter del codice civile statuisce il principio della bigenitorialità, mentre l’articolo 337 quater del codice civile disciplina l’affido esclusivo quale eccezione. L’affido super esclusivo, invece, è una costruzione giurisprudenziale priva di un chiaro ancoraggio normativo, che rischia di compromettere il diritto del minore a mantenere rapporti significativi con entrambi i genitori.

La Cassazione chiarisce che l’affido super esclusivo non può essere disposto sulla base di valutazioni generiche o di opportunità, bensì deve poggiare su un accertamento rigoroso delle condotte pregiudizievoli del genitore escluso. In assenza di accertamento siffatto, la decisione si traduce in una compressione ingiustificata di diritti fondamentali.

Le implicazioni psicologiche e sociali

La CTU aveva evidenziato una dinamica relazionale patologica tra madre e figlia, con una dipendenza narcisistica e una rappresentazione distorta del padre. La Corte d’Appello, tuttavia, aveva ignorato tali risultanze, attribuendo al padre una sorta di “resa” e mancanza di iniziativa, senza considerare le difficoltà oggettive nel mantenere il rapporto con la figlia. La Suprema Corte evidenzia che il rifiuto del minore di incontrare il genitore non può essere assunto quale presupposto esclusivo per l’affido super esclusivo, in specie se detto rifiuto è riconducibile a condotte disfunzionali dell’altro genitore.

Verso una giurisprudenza maggiormente rigorosa

La pronuncia della Corte di Cassazione rappresenta un pillar nella giurisprudenza sull’affidamento dei minori. La stessa richiama i giudici di merito alla necessità di un accertamento rigoroso e probatorio, particolarmente quando si tratta di misure che vanno a limitare fortemente la responsabilità genitoriale. Il principio di bigenitorialità non può essere immolato sull’altare della conflittualità, senza una valutazione approfondita delle cause e degli effetti. La decisione non soltanto tutela il diritto del minore a mantenere rapporti significativi con ambedue i genitori, bensì impone una maggiore responsabilità ai giudici nel soppesare i diritti che emergono dalla vicenda. In un sistema che riconosce la centralità del minore, ogni decisione deve essere sorretta da una motivazione ferma, fondata su prove e non su presunzioni.

Affido esclusivo/super esclusivo, bigenitorialità e prova: in sintesi

Ecco infine una pratica e breve checklist per orientarsi nell’applicazione dei principi affermati dalla Prima Sezione Civile della Cassazione con la sentenza n. 24876/2025.

Che cos’è l’affido “super esclusivo” e qual è la sua base giuridica?

Non è una figura tipizzata dal codice: è una misura eccezionale e fortemente limitativa dell’esercizio della responsabilità genitoriale, riconducibile al sistema delle misure conformative/ablative degli artt. 330–333 c.c.. Si colloca “oltre” l’affido esclusivo (art. 337-quater c.c.) perché esclude il genitore non affidatario anche dalle decisioni di maggior interesse.

Quando può essere disposto?

Solo a fronte di un accertamento rigoroso e probatorio della contrarietà all’interesse del minore, con quid pluris: prove di condotte gravemente pregiudizievoli del genitore escluso, causalmente rilevanti in via esclusiva o prevalente.

Conflittualità elevata o rifiuto del minore bastano?

No. Conflittualità e rifiuto non sono di per sé sufficienti: serve un’indagine causale (origine del rifiuto, eventuali condotte ostative dell’altro genitore) e un riscontro probatorio oggettivo. Il rifiuto va compreso e contestualizzato, non assunto come presupposto automatico.

Qual è l’onere motivazionale del giudice?

Motivazione stringente su: a) interesse superiore del minore e bigenitorialità (art. 337-ter c.c.); b) fatti provati e loro nesso causale; c) inidoneità delle misure meno invasive; d) proporzionalità/gradualità della misura scelta.

Che ruolo ha la CTU?

È strumentale all’accertamento, non lo sostituisce. Il giudice deve vagliarla criticamente, verificandone metodo, coerenza e risposte ai quesiti centrali (origine del rifiuto, capacità di co-parenting, effetti delle condotte). Le presunzioni sono utilizzabili solo se gravi, precise e concordanti.

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