Il contesto regolatorio per l’uso civile dei droni: opportunità e sfide

in Giuricivile, 10 (ISSN 2532-201X)

I molteplici impieghi dei mezzi aerei a pilotaggio remoto

I nostri cieli sono ormai popolati da mezzi aerei pilotati da remoto, avanguardie del futuro a cui affidare una molteplicità di compiti. Già oggi, infatti, ritroviamo con buona frequenza droni che controllano il territorio,  sorvegliano le frontiere terrestri e marine, monitorano i flussi migratori, ottimizzano i processi in agricoltura, intervengono per la gestione dei rischi naturali e dei disastri naturali o antropici in luoghi pericolosi o difficilmente accessibili, partecipano attivamente in contesti emergenziali, anche di carattere sanitario, effettuano rilievi fotogrammetrici o forniscono riprese televisive e cinematografiche di grande impatto, e in un futuro – forse neanche tanto lontano – potrebbero essere utilizzati per  il trasporto di merci e di persone. Già a partire da quest’elenco esemplificativo, sembra evidente come i droni siano stati adattati ad una molteplicità di contesti operativi, in grado di massimizzare i benefici tratti dallo sfruttamento delle peculiarità proprie dei sistemi impiegati e che, in definitiva rappresentano il loro profilo di maggiore innovatività, quali la stabilità in fase di volo, la semplicità di pilotaggio, ma anche la capacità di decollare o atterrare in verticale[1], la possibilità di integrare una molteplicità di tecnologie in grado di fornire, in tempo reale, dati e immagini[2].

A ciò si aggiunga che le numerose analisi costi-benefici condotte sull’utilizzo dei droni hanno sistematicamente mostrato la ricorrenza di una serie di significativi vantaggi, riconducibili alla riduzione dei costi operativi e dei rischi per l’equipaggio, soprattutto laddove impiegati in zone inaccessibili o in contesi critici[3], nonché «la capacità, per certe tipologie di unmanned aircraft, di operare su vaste aree, senza soluzione di continuità, per prolungati periodi di tempo, senza la necessità di rientrare alla propria base per consentire l’avvicendamento degli equipaggi»[4].

Dunque, al moltiplicarsi di impieghi si accostano gli effettivi benefici che potrebbero derivare dall’impiego generalizzato dei droni, sottolineato anche dalla Commissione europea, che, già nel 2014, evidenziava la necessità per l’Unione di incentivare lo sviluppo – sicuro e sostenibile – di queste tecnologie, confermata dalla Risoluzione del Parlamento europeo dell’anno successivo[5], in considerazione proprio dei vantaggi che ogni Paese membro avrebbe potuto trarre da quello che viene definito come il «futuro mercato del trasporto aereo», avendo riguardo, in particolar modo, allo sviluppo economico e all’innalzamento dei livelli occupazionali[6].

Eppure la convivenza sempre più prossima con i droni determina l’insorgenza di una pluralità di profili di problematicità. Soprattutto nella prospettiva di un loro diffuso impiego, i droni andranno sempre più ad occupare gli spazi aerei, moltiplicando le occasioni di danno e i soggetti che ne potrebbero restare coinvolti; allo stesso tempo, nell’ambito della loro operatività, i droni dall’ambiente in cui si collocano registrano, raccolgono ed elaborano dati visivi, auditivi e biometrici nell’ambiente.

Incertezze e prospettive regolatorie

Le rilevate criticità, connesse innanzitutto alla sicurezza e alla potenziale ingerenza nella sfera soggettiva di ciascuno, sono subito rifluite in ambito regolatorio, aprendo ad un acceso dibattito «sull’an dell’intervento regolatorio e, in seconda battuta, circa i modi più efficaci di tale intervento»[7] e, dunque, imponendo agli interpreti di vagliare soluzioni che sappiano contemperare, attraverso una disciplina organica, la molteplicità di interessi sottesi al loro utilizzo massivo con la tutela delle libertà fondamentali dei soggetti coinvolti[8].

Ad oggi, il contesto disorganico, contraddistinto dalla sovrapposizione delle discipline dal disallineamento tra le discipline introdotte dai vari Paesi[9], si sta evolvendo – quantomeno a livello unionale – verso l’ingresso di una disciplina armonizzata, in linea con quanto già da tempo auspicato dalle istituzioni europee, rappresentata da Regolamento delegato 2019/945/UE e del relativo Regolamento di esecuzione 2019/947/UE.

Prima di passare ad analizzare la richiamata disciplina, sia concesso brevemente tratteggiare il contesto in cui tale disciplina andrà a collocarsi, fin ora particolarmente frammentato, giacché i timori e  le speranze che tutti hanno riconosciuto come sottesi al proliferare dei droni, non sono stati in grado di condurre verso un disegno di disciplina comune.

Al riguardo, a livello internazionale, particolarmente importante è apparsa la posizione assunta dall’ICAO[10], che ha iniziato ad interessarsi ai droni già 2005, per arrivare a costituire poco dopo un apposito gruppo di studio – denominato UASSG (Unmanned Aircraft Systems Study Group) – incaricato di approfondire tutti gli aspetti riferibili all’impiego di tali mezzi, anche nella prospettiva di giungere all’adeguamento e all’adattamento degli Annessi alla Convenzione relativa all’aviazione civile internazionale. Tuttavia, proprio in considerazione della rilevata «complessità della materia e delle problematiche tecnico-giuridiche da affrontare, l’ICAO ha avuto un approccio abbastanza cauto e progressivo nei confronti della nuova realtà»[11], giungendo solo successivamente all’adozione del  Manual on Remotely Piloted Aircraft Systems;  qui hanno trovato spazio le prime indicazioni di carattere tecnico e operativo per l’avvio della convivenza dei droni all’interno dello spazio aereo non segregato e degli aeroporti, ma anche riflessioni su alcune questioni di carattere propriamente giuridico, in merito all’applicazione di alcune norme della richiamata Convenzione, giacché non può rimanere sottaciuto che «The scope of ICAO provisions in the next 5 to 10 years is to facilitate integration of RPAS operating in accordance with instrument flight rules (IFR) in controlled airspace and at controlled aerodromes»[12].

Occorre rilevare come nel contesto italiano la materia sia stata conformata dalle disposizioni dettate dal Codice della navigazione e dal Regolamento ENAC, cui è andato successivamente ad associarsi il D.M. 29 aprile 2016, recante specifiche disposizione sulle modalità di utilizzo da parte delle Forze di polizia degli aeromobili a pilotaggio remoto[13].

In particolare, l’intervento dell’ENAC ha regolamentato organicamente l’impiego dei droni, garantendo una disciplina improntata alla salvaguardia della sicurezza[14], sulla stessa scia di quella apprestata per gli aeromobili, in evidente anticipo rispetto alle altre autorità nazionali. Ed infatti, il primo regolamento mezzi aerei a pilotaggio remoto applicabile in Italia risale già al 16 Dicembre 2013[15] ed è stato in grado di imprimere importanti cambiamenti nell’utilizzo dei droni, attraverso l’articolazione di una disciplina che dettagliatamente è andata a focalizzarsi sugli aspetti fondamentali della loro circolazione. A questa prima edizione ne è seguita una seconda, di due anni successiva, elaborata sulla scorta delle influenze unionali e comparatistiche, ma anche di una maggiore consapevolezza delle possibilità connesse all’utilizzo dei droni; in questo senso devono essere considerate le importanti novità introdotte in merito agli scenari, alle tipologie di operazioni espletabili.

A questo secondo Regolamento, più volte emendato nel corso del tempo, ha fatto seguito una terza edizione aggiornata ed espressamente finalizzata a regolare quel periodo di transizione che, dalla pubblicazione del Regolamento delegato 2019/945/UE e del relativo Regolamento di esecuzione 2019/947/UE, porta al momento – progressivamente differito – della loro applicabilità[16], nel tentativo di facilitare la transizione del settore dalla normativa nazionale a quella europea[17].

Il percorso europeo verso una disciplina armonizzata

Il progressivo ampliarsi dei settori e dei contesti in cui i droni sono stati impiegati, ha fatto sì che la loro disciplina non potesse rimanere una questione rimessa esclusivamente ai singoli Stati membri, risultando imprescindibile, ai fini di un proficuo sviluppo del settore, una normativa di respiro unionale che, lungamente attesa e caldeggiata, si è finalmente realizzata con l’adozione del Regolamento delegato 2019/945/UE e del Regolamento di esecuzione 2019/947/UE. Si tratta di uno strutturato sistema normativo con cui viene disciplinato il volo dei droni, il cui contenuto esplicita il riconoscimento di un’importante occasione per lo sviluppo del settore dell’aviazione civile – chiamato ad affrontare nuove sfide associate principalmente ad un significativo aumento dell’air risk (rischio di collisione in aria) e del ground risk (rischio di collisione con persone o infrastrutture critiche) – e per la creazione di nuove posizioni lavorative, che rappresentano momenti imprescindibili per crescita economica dell’Unione[18].

L’applicabilità della richiamata disciplina, originariamente prevista per il 1° luglio 2020, è stata posticipata al 31 dicembre 2020 dal Regolamento di esecuzione 2020/746/UE, essendosi riscontrato che «Le misure introdotte per contenere la pandemia di Covid-19 ostacolano gravemente la capacità degli Stati membri e dell’industria aeronautica di prepararsi all’applicazione di una serie di regolamenti di esecuzione recentemente adottati nel settore della sicurezza aerea in considerazione dell’emergenza».

Sebbene oggi possiamo dire di trovarci in attesa che le disposizioni europee adottate dimostrino di rispondere alle esigenze del settore e fungano da volano per l’economia dell’unione, il cammino verso una disciplina condivisa e uniforme era già stato intrapreso da tempo, con la «Riga declaration on remotely piloted aircraft (drones)» del 6 marzo 2015[19], considerata il manifesto dell’Unione in tema di RPA. Ne è seguita la Risoluzione del Parlamento europeo del  16 febbraio 2017, recante raccomandazioni alla Commissione concernenti norme di diritto civile sulla robotica, che, nel contesto di un’auspicabile regolamentazione dell’impiego di mezzi di trasporto autonomi, aveva posto in evidenza l’essenzialità della definizione di un quadro unionale riguardante i sistemi pilotati da remoto, idoneo a garantire la sicurezza e la vita privata dei cittadini, così invitando la Commissione a dare seguito alle raccomandazioni contenute nella risoluzione del Parlamento europeo del 29 ottobre 2015 sull’uso sicuro proprio di detti sistemi nel settore dell’aviazione civile[20].

Lo stesso Regolamento basico[21], d’altra parte, con cui si è apprestata una primigenia normativa unionale, volta a definire i requisiti essenziali e la conformità dei mezzi aerei privi di equipaggio a bordo[22], conferiva alla Commissione il potere di adottare in materia atti di implementazione e delegati, con cui definire le norme tecniche di dettaglio, in funzione della realtà operativa e nella consapevolezza della necessità di un approccio maggiormente armonizzato tra gli Stati, in grado di evitare fughe in avanti, ma anche eccessive restrizioni[23].

Oggi, dunque, il quadro normativo europeo pare essersi completato con il richiamato Regolamento delegato 2019/945/UE, volto a fissare i requisiti di progettazione e di fabbricazione dei sistemi aeromobili senza equipaggio – destinati a essere impiegati secondo le norme e le condizioni individuate dal regolamento di esecuzione 2019/947/UE – a definire le categorie di mezzi per i quali la progettazione, produzione e manutenzione viene assoggettata a certificazione, nonché a definire le regole per la circolazione nell’Unione degli droni, anche per quanto riguarda quelle applicabili agli operatori di Paesi terzi operanti nello spazio aereo del cielo unico europeo.

Il Regolamento delegato e il Regolamento di esecuzione

Venendo ad esaminare più nel dettaglio la disciplina che a breve diventerà applicabile, questa, pur potendo essere paragonabile, per certi aspetti, a quella propria del Regolamento ENAC, non è a questa completamente sovrapponibile, giacché a livello europeo si è scelto un approccio fondato sulla modulazione delle regole in base ai rischi sottesi all’operazione condotta, indipendentemente dalle finalità – ricreative, lavorative, scientifiche – perseguite.

Dunque, la disciplina individua innanzitutto le operazioni ricomprese nella categoria “open”, che attengono ad attività condotte in modalità VLOS[24], con un aeromobile con massa decollo inferiore a 25 kg, mantenuto entro 120 metri dal punto più vicino alla superficie terrestre, a distanza di sicurezza dalle persone, senza il sorvolo di assembramenti, che non trasporti merci pericolose e non lasci cadere alcun materiale. In mancanza di anche solo uno dei suddetti requisiti, l’operazione non potrà considerarsi ricompresa nella categoria “open”, ma ricadrà nella seconda categoria disciplinata – qualificata come “specific” – per la quale il Regolamento di esecuzione richiede che l’operatore chieda e ottenga un’autorizzazione operativa dalla competente autorità nazionale dello Stato membro in cui il mezzo è immatricolato.

Lungi dal descrivere un meccanismo destinato a divenire automatico tra la richiesta di autorizzazione e il suo rilascio, il Regolamento di esecuzione individua anche gli elementi che devono essere oggetto di valutazione da parte del soggetto preposto[25], specificando che laddove l’operazione prospettata non sia ritenuta sufficientemente sicura, l’autorità competente ne informa il richiedente, motivando il rifiuto a rilasciare l’autorizzazione operativa. A loro volta, le operazioni ricadenti nella categoria “specific” possono diventare “certified” laddove vi siano alcune condizioni di pericolosità tali da rendere opportuno l’assoggettamento alle regole areonautiche; in particolar modo, il Regolamento richiama il sorvolo di assembramenti, il trasporto di persone oppure di merci pericolose, da cui potrebbe derivare un rischio elevato per i terzi in caso di incidente, nonché l’ipotesi in cui «l’autorità competente, sulla base della valutazione dei rischi di cui all’articolo 11, ritiene che il rischio dell’operazione non possa essere adeguatamente attutito senza la certificazione dell’UAS e dell’operatore UAS e, se del caso, senza rilasciare una licenza al pilota remoto»[26].

Una maggiore attenzione viene rivolta alla sicurezza nell’utilizzo dei droni, avvalorata dall’introduzione di nuovi requisiti per la loro fabbricazione e messa in commercio, cui fanno da contraltare altrettanti obblighi per i produttori, gli importatori e i distributori. Rilevante è la previsione che sui droni messi in commercio debba apporsi la marcatura CE e che i fabbricanti devono garantire la sicurezza e la conformità dei dispositivi, prevedendo appropriati controlli in fase di produzione e per la ricorrenza dei requisiti specifici richiesti della classe di appartenenza.

Al di là della disciplina specifica applicabile all’attività dei droni, i Regolamenti europei ridisegnano il rapporto tra l’EASA e le autorità nazionali in merito alla regolamentazione del settore, giacché a queste ultime – preclusa la possibilità di introdurre discipline in materia, al pari di quanto fin ora fatto dall’ENAC per compensare la carenza di una normativa organica a livello europeo – spetteranno le funzioni di oversight e di controllo.

L’introduzione di un quadro normativo organico induce a guardare con fiducia al futuro impiego dei droni in ambito europeo, sebbene si debba anche segnalare che alcune questioni rimangano irrisolte. Infatti, nonostante il dettaglio ricercato, manchi una disciplina specifica e uniforme in punto di responsabilità, assicurazione e protezione dei dati personali trattati. Infatti, dalla lettura dei Regolamenti di recente introduzione, al di là della consapevolezza della potenziale lesività di questi dispositivi rispetto ad una pluralità di diritti fondamentali dei soggetti e del formale rispetto alle disposizioni europee introdotte in punto di tutela della riservatezza, non si rinvengono regole chiare sulla ripartizione della responsabilità, l’obbligo assicurativo pare restare una scelta ad esclusivo appannaggio degli ordinamenti nazionali e non si rinviene alcuna previsione specifica sul trattamento dei dati raccolti, che dovranno, dunque, rimanere assoggettati alla i direttiva ePrivacy ovvero, in mancanza di disposizioni speciali, al GDPR[27].


[1] Cfr. Roberto, L’impiego operativo dei sistemi aeromobili a pilotaggio remoto nei servizi di polizia: scenari di riferimento e possibili utilizzi, in Sicurezza e scienze sociali, 2016, 3.

[2] Sul punto anche La Torre, Gli UAV. Mezzi aerei senza pilota, in Tranquilli-Leali e Rosafio (a cura di), Sicurezza, navigazione, trasporto, Milano, 2008, 93 ss.

[3] Ducato, Droni per il search and secure in aree valanghive: profili civilistici, in Palmerini, Biasiotti e Aiello (a cura di), Diritto dei droni. Regole, questioni e prassi, Milano, 2018, 379.

[4] Franchi, L’evoluzione della normativa internazionale e UE relativa agli unmanned aircraft, detti anche «droni»: profili ricognitori, in Resp. civ. prev., 2018, VI, 1788.

[5] Il riferimento è alla Risoluzione del Parlamento europeo del 29 ottobre 2015 sull’uso sicuro dei sistemi aerei a pilotaggio remoto (RPAS), noti comunemente come veicoli aerei senza equipaggio (UAV — Unmanned aerial vehicles), nel settore dell’aviazione civile, reperibile in eur-lex.europa.eu.

[6] In questi termini Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio, 8 aprile 2014, reperibile in ipexl.europarl.europa.eu. Osservava la Commissione europea come «Il mercato dei sistemi RPAS rappresenta una reale opportunità per promuovere la creazione di posti di lavoro nonché una fonte di innovazione e crescita economica per gli anni a venire».

[7] Palmerini, I droni per uso civile nella prospettiva giuridica: appunti per una sistemazione concettuale e normativa, in Palmerini, Biasiotti e Aiello (a cura di), Diritto dei droni. Regole, questioni e prassi, Milano, 2018, 8.

[8] Cfr. Covino, L’impiego dei droni con finalità di law enforcement nel contesto normativo italiano ed europeo, in Palmerini, Biasiotti e Aiello (a cura di), Diritto dei droni. Regole, questioni e prassi, Milano, 2018, 267.

[9] Si consideri, al riguardo, che in alcuni Paesi è vietato l’impiego indiscriminato dei droni, al fine di non intralciare il traffico aereo e la strumentazione utilizzata per la sicurezza dei voli.

[10] L’ICAO (International Civil Aviation Organization è quell’organizzazione che svolge il ruolo di regolatore a livello mondiale, fornendo «le linee di indirizzo per lo sviluppo coordinato e sicuro del trasporto aereo». In questi termini Postorino, Introduzione alla pianificazione del sistema di trasporto aereo, Milano, 2009, 67.

[11] Franchi, L’evoluzione della normativa internazionale e UE relativa agli unmanned aircraft, detti anche «droni»: profili ricognitori, in Resp. civ. prev., 2018, VI, 1788.

[12] In questi termini il Manual on Remotely Piloted Aircraft Systems (RPAS), punto 1.5.1, reperibile in www.icao.int.

[13] Al riguardo è parso «Interessante tuttavia rilevare in proposito che nonostante i SAPR in dotazione alle Forze di polizia siano certificati, ammessi alla navigazione e immatricolati mediante iscrizione nel registro degli aeromobili militari del Ministero della difesa, il decreto in parola dispone che le caratteristiche specifiche di questi SAPR includono i requisiti di sicurezza stabiliti dall’ENAC in ragione del peso del mezzo aereo (art. 7): in tal modo, pur non menzionandolo espressamente, si rinvia proprio al Regolamento in esame, che assume pertanto una fondamentale rilevanza». In questi termini Lobianco, Mezzi aerei a pilotaggio remoto: brevi osservazioni sul Regolamento ENAC, in Resp. civ. prev., 2017, VI, 2066.

[14] Che deve essere intesa in un duplice senso di security, ma anche di safety. Cfr. Xerri Salomoni, La sicurezza come valore nel diritto della navigazione e dei trasporti e nella formazione di un diritto comune europeo, in Tranquilli-Leali e Rosafio (a cura di), Sicurezza, navigazione e trasporto, Milano, 2008, 169.

[15] Ed è entrato in vigore il 30 Aprile 2014.

[16] Originariamente prevista per il 1° luglio 2020 e poi differita al 31 dicembre 2020.

[17] In merito, si segnala che nel succedersi delle discipline, come espressamente richiamato dallo stesso Regolamento ENAC, in forza del disposto dell’art. 140 co. 5 del Regolamento 2018/1139/UE – c.d. Regolamento basico, recante essenzialmente norme comuni nel settore dell’aviazione civile, che istituisce un’Agenzia dell’Unione europea per la sicurezza aerea – fino alla data di applicabilità del richiamato Regolamento 2019/947/UE, restano assoggettati alla competenza ENAC gli APR di massa operativa al decollo non superiore a 150 kg. A ciò deve aggiungersi che, sono di competenza ENAC gli APR, indipendentemente dal peso, progettati o modificati per scopi di ricerca, sperimentazione o scientifici e tutti quelli le cui operazioni ricadano nelle previsioni dell’art. 2 co. 3 a) del suddetto Regolamento 2018/1139/UE. Cfr. art. 2, co. 2 Regolamento ENAC.

[18] Cfr. Franchi, L’evoluzione della normativa internazionale e UE relativa agli unmanned aircraft, detti anche «droni»: profili ricognitori, cit.

[19] Reperibile in ec.europa.eu.

[20] Cfr. Lobianco, Mezzi aerei a pilotaggio remoto: brevi osservazioni sul Regolamento ENAC, cit., 2074.

[21] Come detto, il riferimento è al Regolamento 2018/1139/UE.

[22] Categoria ampia quest’ultima, nella quale confluiscono, a norma dello stesso Regolamento basico, tutti gli aeromobili operanti o progettati per operare senza pilota a bordo, autonomamente o attraverso comandi impartiti a distanza.

[23] Lapalissiano, in tal senso, è il contenuto del Considerando 26 del Regolamento basico, secondo cui «Poiché anche gli aeromobili senza equipaggio utilizzano lo stesso spazio aereo degli aeromobili con equipaggio, il presente regolamento dovrebbe disciplinare aeromobili senza equipaggio indipendentemente dalla loro massa operativa. Le tecnologie per gli aeromobili senza equipaggio rendono oggi possibile un’ampia gamma di operazioni e tali operazioni dovrebbero essere soggette a regole proporzionate al rischio della particolare operazione o tipo di operazione».

[24] Si tratta di operazioni definite Visual Line Of Sight e che il Regolamento ENAC individua «come condotte entro una distanza, sia orizzontale che verticale, tale per cui il pilota remoto è in grado di mantenere il contatto visivo continuativo con il mezzo aereo, senza aiuto di strumenti per aumentare la vista, tale da consentirgli un controllo diretto del mezzo per gestire il volo, mantenere le separazioni ed evitare collisioni». Accanto alle operazioni in VLOS possono essere condotte operazioni EVLOS – cioè quelle «condotte in VLOS e per le quali i requisiti del VLOS sono soddisfatti con l’uso di metodi alternativi accettati da ENAC» – oppure BLOS, caratterizzate da un pilota remoto o da un osservatore SAPR che è posto ad una notevole distanza dal mezzo e, perciò, non usa il contatto visivo per condurre il volo.

[25] Si vedano le previsioni dell’art. 12, co.2.

[26] In questi termini l’art. 6, co. 2 del Regolamento di esecuzione 2019/947/UE.

[27] Al riguardo si vedano le considerazioni di Ricci, Regolamento ePrivacy, Ue alla ricerca di un equilibrio: tutte le questioni in ballo, reperibile in agendadigitale.eu.

Professore a contratto di Diritto Privato e di Diritto Privato e dell'Impresa nell'Università degli Studi di Bologna. Docente di Diritto Civile II presso la SSPL "V. Aymone" dell'Università del Salento. Docente di Diritto Civile I presso la SSPL dell'Università degli Studi di Napoli "Federico II".

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