Esame Avvocato 2019. Parere penale 1° traccia: testo, questione e sentenze in materia

Tra le tracce della seconda prova scritta, relativa al parere penale, per l’esame da avvocato 2019, veniva richiesto di redigere parere motivato in materia di legittima difesa putativa e delitto di rapina ex art. 628 c.p.

Ecco il testo completo della prima traccia del parere penale:

Tizio, dipendente di una multinazionale, riceve dal suo superiore Mevio l’incarico di sorvegliare il collega di lavoro Caio ed impedire che lo stesso divulghi ad aziende concorrenti alcuni importanti segreti aziendali dei quali è a conoscenza. Un giorno Tizio segue Caio nei locali dove è in corso di svolgimento una convention e nota che lo stesso, dopo essersi appartato con due persone, consegna loro una pen drive e ne riceve in cambio una busta, nella quale gli sembra di scorgere del denaro.
Convinto di aver assistito alla consegna di materiale di proprietà aziendale in favore di personale riconducibile ad una società concorrente, Tizio, sentendosi autorizzato dall’ordine del proprio superiore gerarchico, interviene bruscamente e aggredisce il gruppo, pretendendo l’immediata consegna del supporto informatico. Ne nasce una colluttazione nel corso della quale Tizio, credendo di scorgere un’arma puntata nella sua direzione, impugna la pistola legalmente detenuta ed esplode un colpo in direzione di Caio, colpendolo in modo letale.

Subito dopo, spaventato per l’accaduto, Tizio si dà alla fuga, portando con sé la pen drive caduta a terra durante la colluttazione.

Il candidato, assunte le vesti dell’avvocato di Tizio, individui le ipotesi di reato configurabili a carico del suo assistito, prospettando, altresì, la linea difensiva più utile alla difesa dello stesso.

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Partendo dal presupposto che, nelle prove scritte dell’esame da avvocato non esiste, in nessun caso, una soluzione univoca, ecco un utile approfondimento sui temi che la questione sottesa al parere impone di analizzare.

La legittima difesa putativa

Ai sensi dell’art. 52 c.p.

Non è punibile chi ha commesso il fatto, per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di una offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa.

Nei casi previsti dall’articolo 614, primo e secondo comma, sussiste il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un’arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere:

a) la propria o la altrui incolumità;

b) i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d’aggressione.

La disposizione di cui al secondo comma si applica anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all’interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale.

Quando sussistono i requisiti della legittima difesa, si esclude l’antigiuridicità dell’azione di chi reagisce ad un aggressore. Può accadere però che per un errore di fatto un individuo si creda minacciato mentre effettivamente il pericolo non sussiste.

Si parla in questo caso di legittima difesa putativa.
La legittima difesa putativa postula i medesimi presupposti di quella reale, con la sola differenza che nella prima la situazione di pericolo non sussiste obiettivamente ma è supposta dall’agente sulla base di un errore scusabile nell’apprezzamento dei fatti, determinato da una situazione obiettiva atta a far sorgere nel soggetto la convinzione di trovarsi in presenza del pericolo attuale di un’offesa ingiusta; sicché, in mancanza di dati di fatto concreti, l’esimente putativa non può ricondursi ad un criterio di carattere meramente soggettivo identificato dal solo timore o dal solo stato d’animo dell’agente.

Sul punto, si è espressa recentemente la Cassazione la quale, nel delineare i contorni dell’istituto, ha precisato che l’accertamento della legittima difesa putativa deve accertarsi con giudizio ex ante, non ex post, delle circostanze di fatto, rapportato al momento della reazione, e dimensionato nel contesto delle specifiche e peculiari circostanze concrete (Cass. 15460/2018; similmente Cass. 17121/2016; Cass. 8566/2015).

Il delitto di rapina ex art. 628 c.p.

Ai sensi dell’art. 628 c.p., commette il delitto di rapina, “chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, mediante violenza alla persona o minaccia, s’impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene” (articolo 628 comma 1 c.p.) ovvero “chi adopera violenza o minaccia immediatamente dopo la sottrazione, per assicurare a sé o ad altri il possesso della cosa sottratta, o per procurare a sé o ad altri l’impunità” (art. 628 comma 2 c.p.).
L’art. 628 tutela sia l’interesse patrimoniale leso dalla sottrazione altrui, sia quello della sicurezza e libertà individuale individuale della persona offesa. La rapina si differenzia infatti dal delitto di furto, proprio in ragione dell’elemento della violenza o della minaccia rivolte non alla res, ma alla persona.

Soggetto attivo del reato può essere chiunque, anche il proprietario della cosa che si reimpossessi in maniera violenta del bene a scapito di chi ne sia in possesso/detenzione in virtù di un titolo reale o obbligatorio. La violenza o la minaccia richieste peraltro possono indirizzarsi anche a persona diversa rispetto a colui che detiene la cosa. In queste ipotesi, si individuerebbero due soggetti passivi.

Dal punto di vista soggettivo è richiesto il dolo specifico, ossia la coscienza e la volontà di impossessarsi della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene mediante l’uso della violenza o della minaccia, al fine di trarne, per sé o per altri, un ingiusto profitto.
Ebbene, il reato non è chiaramente configurabile se ricorrono i requisiti della violenza e della minaccia, sia prima che dopo la sottrazione, ma mancano i requisiti del profitto e quello dell’altruità.

Con riferimento al caso in esame, la sottrazione della pen drive, infatti, non ha la finalità di conseguire un profitto, ma quella di proteggere l’azienda e di evitare un danno alla società, venendo in questo modo a mancare l’elemento del profitto. Inoltre mancherebbe anche il requisito dell’altruità: Tizio infatti credeva (a torto o ragione) di riappropriarsi di qualcosa che apparteneva all’azienda.

Guarda anche: Esame Avvocato 2019. Parere Penale 2° Traccia: Questioni e sentenze

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