Spese migliorie abitazione familiare in costanza di matrimonio: non sono ripetibili neanche ex art. 2041 c.c.

Con la sentenza n. 10942 del 27 maggio 2015, la prima sezione civile della Corte di Cassazione ha chiarito, in tema di scioglimento della comunione legale tra due coniugi, se sono ripetibili o meno le spese per le migliorie dell’abitazione familiare effettuate in costanza di matrimonio.

Nel caso di specie, l’ex marito, convenuto in giudizio dall’ex moglie per lo scioglimento della comunione legale, aveva richiesto un indennità in relazione alle opere eseguite, a proprie spese e in costanza di matrimonio, sull’immobile dove aveva abitato con la moglie. In seguito al rigetto della sua domanda dalla Corte d’Appello, proponeva dunque ricorso in Cassazione denunciando violazione degli artt. 1150 e 2041 c.c., rilevando che, con l’esclusione del diritto del coniuge non proprietario ad ottenere un’indennità in relazione alle opere eseguite a proprie spese, si finirebbe col giustificare un indebito arricchimento in danno di questi ed a favore dell’altro coniuge.

La Corte di Cassazione ha in primo luogo evidenziato che la Corte territoriale, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, non ha mai affermato che al coniuge non proprietario non competa alcuna indennità, ai sensi dell’art. 1150 c.c., per le migliorie apportate all’abitazione familiare di proprietà esclusiva dell’altro.

Piuttosto ha rilevato che, dalla stessa elencazione dei lavori contenuta negli scritti difensivi dell’ex marito, le opere di cui questi chiedeva l’integrale rimborso fossero in realtà finalizzate a rendere più confacente alle esigenze della famiglia l’abitazione messa a disposizione dalla sola moglie ed utilizzata per oltre un trentennio come casa comune e dovessero pertanto ritenersi eseguite per il soddisfacimento di bisogni familiari.

Ne deriva che, secondo la Suprema Corte, qualora l’effettuazione delle spese di miglioria della casa familiare sia avvenuta in costanza di matrimonio, e pertanto in adempimento dell’obbligo di contribuzione di cui all’art. 143 c.c., non sussiste il diritto al rimborso (Cass. n. 18749/04). Di conseguenza, tali spese non sono ripetibili nemmeno ai sensi dell’art. 2041 c.c.

(Corte di Cassazione, I sez. civile, sentenza n. 10942 del 27 maggio 2015)

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