Tra le tracce della seconda prova scritta, relativa al parere penale, per l’esame da avvocato 2018, veniva richiesto di redigere parere motivato sul rapporto tra il reato di sostituzione di persona e il reato di truffa.
Ecco il testo completo della seconda traccia del parere penale:
Tizia, insegnante di lingua inglese è sorella gemella di Caia, laureata in Giurisprudenza e funzionario amministrativo comunale, nonchè aspirante alla carriera diplomatica. Caia, dovendo sostenere le prove del concorso di accesso alla carriera diplomatica e non avendo adeguate conoscenze della lingua inglese, convince la sorella a sostituirla nella relativa prova di esame, promettendole di darle i preziosi orecchini di diamanti ricevuti in eredità dalla comune nonna.
Tizia, pertanto, prende parte all’esame e consegna l’elaborato scritto, esibendo il documento di identità della sorella nonchè firmando la richiesta di attestato di presenza necessario a far giustificare l’assenza da lavoro di Caia. In quelle stesse ore, Caia, però, viene coinvolta in un sinistro stradale mentre si trova alla guida della propria autovettura: i vigili urbani intervenuti redigono verbale dell’accaduto ed elevano a Caia una sanzione amministrativa. Tizia, riscontrato il superamento del concorso da parte di Caia nonchè temendo di esser scoperta in considerazione di quanto risultante dal citato verbale dei vigili urbani, si rivolge al proprio legale per un consulto.
Il candidato, assunte le vesti del legale di Tizia rediga motivato parere illustrando quali possano essere le conseguenze penali della condotta della propria assistita.
Partendo dal presupposto che, nelle prove scritte dell’esame da avvocato non esiste, in nessun caso, una soluzione univoca, ecco un utile approfondimento sui temi che la questione sottesa al parere impone di analizzare.
La sostituzione di persona
Ai sensi dell’art. 494 c.p. è punito
chiunque, al fine di recare ad altri un danno, induce taluno in errore, sostituendo illegittimamente la propria all’altrui persona, o attribuendo a sé o ad altri un falso nome, o un falso stato, ovvero una qualità a cui la legge attribuisce effetti giuridici, è punito, se il fatto non costituisce un altro delitto contro la fede pubblica.
Si tratta di un reato comune e, secondo l’orientamento prevalente, il bene tutelato dalla norma deve essere riconosciuto nella pubblica fede.
Sotto il profilo oggettivo, ai fini dell’integrazione del reato è richiesta l’induzione in errore di un altro soggetto mediante il falso, agendo in una delle modalità tassativamente elencate e cioè mediante:
- Sostituzione illegittima della propria all’altrui persona
- Attribuzione a sé o ad altri di un falso nome
- Attribuzione a sé o ad altri un falso stato (per stato si intende la posizione civile/politica del soggetto: cittadinanza, capacità di agire….)
- Attribuzione a sé o ad altri di una qualità a cui la legge attribuisce effetti giuridici
Dal punto di vista soggettivo, è necessario il dolo consistente nella coscienza e volontà di indurre in errore altri sulla vera identità della propria persona e la volontà di procurare a sé o ad altri un vantaggio patrimoniale o non patrimoniale o anche di recare ad altri un danno, a nulla rilevando il raggiungimento del vantaggio perseguito.
Come chiarito dal tenore letterale della norma, non potrà applicarsi tale disposizione qualora lo stesso fatto integri anche una diversa fattispecie lesiva del bene giuridico della pubblica fede.
La falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o di altri
A tal proposito, ai sensi dell’art. 495 c.p. è punito con la reclusione “chiunque dichiara o attesta falsamente al pubblico ufficiale, l’identità, lo stato o altre qualità della propria o dell’altrui persona”.
È altresì previsto un aumento della pena
- se si tratta di dichiarazioni in atti dello stato civile;
- se la falsa dichiarazione sulla propria identità, sul proprio stato o sulle proprie qualità personali è resa all’autorità giudiziaria.
La condotta incriminata si specifica nel fatto di dichiarare o attestare, oralmente o in forma scritta, una cosa non vera circa l’identità, lo stato o altre qualità precipue della propria o dell’altrui persona. Il delitto è istantaneo e si consuma nel momento in cui l’agente rende al pubblico ufficiale la dichiarazione/attestazione sulla propria identità.
Dal punto di vista soggettivo, è necessaria la volontà di alterare una qualità della propria persona con la rappresentazione che la dichiarazione o attestazione viene resa a un pubblico ufficiale.
Il reato di truffa ex art. 640 c.p.
Ai sensi dell’art. 640 c.p., è punito chiunque, con artifici o raggiri, inducendo taluno in errore, procuri a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno. Il secondo comma della disposizione in esame, prevede inoltre un aumento di pena se il fatto è commesso a danno dello Stato o di altro ente pubblico.
Dal punto di vista oggettivo, il reato di truffa risulta dunque integrato qualora siano presenti:
- l’artificio o il raggiro,
- l’induzione in errore,
- l’atto di disposizione patrimoniale
- l’ingiusto profitto con altrui danno.
Con particolare riferimento al danno arrecato alla persona offesa, la Cassazione ha più volta ribadito che lo stesso debba avere necessariamente natura patrimoniale ed economica, laddove invece l’ingiusto profitto può avere anche natura diversa (dovendo pur sempre mantenere un carattere di ingiustizia che deve essere valutata in relazione al momento in cui il soggetto attivo consegue la disponibilità della cosa altrui).
Il rapporto tra il reato di falso e la truffa ex art. 640 c.p.
In merito al rapporto intercorrente tra concorso formale di reati e concorso apparente di norme, la giurisprudenza tende ad affermare la sussistenza di un concorso eterogeneo di reati tra il reato di falso e la truffa.
In primo luogo perché il conseguimento dell’ingiusto profitto con contestuale danno costituisce un elemento ulteriore rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie di cui all’art. 495 c.p..
In secondo luogo, i due reati differiscono riguardo ai beni giuridici tutelati dal momento che mentre l’art. 495 c.p. tutela la fede pubblica, il reato di truffa è posto a tutela del patrimonio. Proprio in relazione a tale circostanza, con la sentenza n. 11918 del 20/01/2016, la Suprema Corte ha recentemente affermato che “il reato di sostituzione di persona può concorrere formalmente con quello di truffa, per la diversità dei beni giuridici tutelati”.