Improcedibilità in Cassazione ex art 369 cpc per mancato deposito sentenza notificata: il contrasto alle Sezioni Unite

È stata già ampiamente discussa la questione rimessa alle Sezioni Unite con l’ordinanza n. 8845 del 5 aprile 2017 relativa alla specificità dei motivi di appello ex art. 342 c.p.c.

Si coglie tuttavia occasione per evidenziare che, con suddetta ordinanza interlocutoria, è stato richiesto l’intervento chiarificatore delle Sezioni Unite anche per un’altra questione di massima ritenuta di particolare importanza, in tema di requisiti formali del processo di legittimità.

Ci si chiede, in particolare, cosa accade se in caso di mancato deposito della copia notificata della sentenza impugnata con ricorso per cassazione, si rinvenga comunque una copia notificata tra i documenti prodotti da controparte o negli atti di causa.

Il ricorso deve essere ugualmente dichiarato improcedibile?

La normativa in esame: Improcedibilità ricorso per cassazione ex art 369 cpc

Ai sensi dell’art. 369 c.p.c., il ricorso per cassazione deve essere depositato, a pena di improcedibilità, entro 20 giorni dall’ultima notificazione alle parti contro le quali è proposto.

Il secondo comma dispone poi che il ricorso è in ogni caso improcedibile se non vengano depositati, nel medesimo termine, una serie di documenti tra i quali la copia autentica della sentenza o della decisione impugnata, completa di relata di notifica.

Ne consegue che non sia sufficiente la produzione della mera copia conforme, cioè non notificata, della sentenza impugnata.

Né può essere acquisita in altro modo la prova della data della notifica, tranne secondo giurisprudenza consolidata il solo caso della produzione con le formalità e nei termini di cui all’art. 372 c.p.c., oppure quello in cui, avutasi la notifica del ricorso entro i sessanta giorni dalla medesima pubblicazione della sentenza, il termine è necessariamente rispettato.

Sentenza notificata in atti nonostante il mancato deposito da parte del ricorrente

Il dubbio interpretativo che ha giustificato la rimessione alle Sezioni Unite riguarda tuttavia un caso particolare ma spesso discusso.

Nel caso di specie, è infatti certo il mancato deposito della copia autentica delle sentenza impugnata notificata da parte del ricorrente.

Circostanza che da sola dovrebbe comportare sic et simpliciter la declaratoria di improcedibilità del ricorso.

Se non fosse che il controricorrente, non solo non ha contestato l’avvenuta notificazione della sentenza, ma ha altresì prodotto una copia notificata della sentenza di secondo grado.

Di conseguenza, risulta in modo evidente ed inconfutabile:

  • che la notifica della sentenza sia stata regolarmente compiuta e ricevuta;
  • la presenza agli atti di causa, benché non nel fascicolo di parte ricorrente e soltanto in quello del controricorrente, del documento imposto a pena di improcedibilità, consistente nella copia notificata della sentenza impugnata.

Il contrasto giurisprudenziale e l’esigenza di bilanciamento tra certezza del diritto e formalismo

In tema di improcedibilità, la giurisprudenza di legittimità è piuttosto consolidata nel ritenere che nel caso di specie, questa debba essere necessariamente comminata quale sanzione per difetto dell’unica parte onerata pure effettivamente inadempiente, cioè il ricorrente.

E ciò anche qualora la verifica della tempestività del ricorso in rapporto al decorso del termine breve attivato dalla notifica della sentenza gravata sia stata soddisfatta in base alla documentazione presente già agli atti del fascicolo di ufficio, ivi compreso quello della controparte, pur mancando in quello dell’unica parte onerata.

Secondo un altro orientamento, a cui aderisce la Suprema Corte nell’ordinanza in esame, tale interpretazione della sanzione di improcedibilità deve tuttavia definirsi manifestamente sproporzionata rispetto al fine perseguito dalla norma e contraria quindi ai principi del giusto processo di matrice costituzionale e convenzionale, tanto da auspicarsi una possibile esenzione esplicita dalla sanzione di improcedibilità nel caso disegnato.

E ciò in conformità alla giurisprudenza della Corte europea, secondo la quale il formalismo nel giudizio di legittimità è autorizzato purché, nel rispetto del bilanciamento tra esigenza di certezza del diritto e diritto del singolo al giusto processo, il singolo requisito formale:

  • sia funzionale al ruolo nomofilattico della Corte di cassazione;
  • non sia interpretato in senso eccessivamente formalistico;
  • sia imposto in modo chiaro e prevedibile;
  • non imponga un onere eccessivo per chi deve formare il ricorso, tenuto conto della particolare professionalità attesa dal difensore abilitato alla difesa della parte in Cassazione.

Ebbene, nella fattispecie in esame, la Corte riterrebbe non sussistente proprio tale ultimo requisito.

In altre parole, il requisito procedurale del deposito della copia notificata della sentenza da parte del ricorrente sarebbe interpretato in modo eccessivamente formalistico, costituendo un onere fin troppo gravoso nei suoi confronti.

Alla luce di quanto affermato, è stato dunque richiesto l’intervento delle Sezioni Unite, con l’auspicio che venga fornita “un’interpretazione delle norme processuali che non riduca le formalità ad esasperati ed inutili formalismi, idonei solo a precludere l’accesso ad una decisione nel merito, in violazione di principi di rango costituzionale e di rango sovranazionale“.

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