
La Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con la sentenza n. 26958 del 7 ottobre 2025 (clicca qui per consultare il testo integrale della decisione), ridefinisce i confini della prescrizione dei crediti retributivi nel rapporto del socio lavoratore di cooperativa. Superando l’orientamento restrittivo di Cass. n. 27783/2022, la Corte riconosce che anche il socio lavoratore è soggetto a una condizione di metus — il timore di esercitare i propri diritti per paura di perdere il lavoro — tale da rendere incerta la tutela in costanza di rapporto. Di conseguenza, la prescrizione decorre solo dalla cessazione del rapporto, in analogia con il regime previsto per i lavoratori subordinati. Per approfondimenti in materia, consigliamo il volume “Il lavoro subordinato”, acquistabile cliccando su Shop Maggioli o su Amazon.
Il lavoro subordinato
Il volume analizza compiutamente l’intera disciplina del rapporto di lavoro subordinato, così come contenuta nel codice civile (con la sola eccezione delle regole relative al licenziamento e alle dimissioni).
L’opera è stata realizzata pensando al direttore del personale, al consulente del lavoro, all’avvocato e al giudice che si trovano all’inizio della loro vita professionale o che si avvicinano alla materia per ragioni professionali provenendo da altri ambiti, ma ha l’ambizione di essere utile anche all’esperto, offrendo una sistematica esposizione dello stato dell’arte in merito alle tante questioni che si incontrano nelle aule del Tribunale del lavoro e nella vita professionale di ogni giorno.
L’opera si colloca nell’ambito di una collana nella quale, oltre all’opera dedicata alla cessazione del rapporto di lavoro (a cura di C. Colosimo), sono già apparsi i volumi che seguono: Il processo del lavoro (a cura di D. Paliaga); Lavoro e crisi d’impresa (di M. Belviso); Il Lavoro pubblico (a cura di A. Boscati); Diritto sindacale (a cura di G. Perone e M.C. Cataudella).
Vincenzo Ferrante
Università Cattolica di Milano, direttore del Master in Consulenza del lavoro e direzione del personale (MUCL);
Mirko Altimari
Università Cattolica di Milano;
Silvia Bertocco
Università di Padova;
Laura Calafà
Università di Verona;
Matteo Corti
Università Cattolica di Milano;
Ombretta Dessì
Università di Cagliari;
Maria Giovanna Greco
Università di Parma;
Francesca Malzani
Università di Brescia;
Marco Novella
Università di Genova;
Fabio Pantano
Università di Parma;
Roberto Pettinelli
Università del Piemonte orientale;
Flavio Vincenzo Ponte
Università della Calabria;
Fabio Ravelli
Università di Brescia;
Nicolò Rossi
Avvocato in Novara;
Alessandra Sartori
Università degli studi di Milano;
Claudio Serra
Avvocato in Torino.
Leggi descrizione
A cura di Vincenzo Ferrante, 2023, Maggioli Editore
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59.85 €

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Vincenzo Ferrante
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Nozione e inquadramento normativo
La figura del socio lavoratore di cooperativa è regolata dalla legge n. 142 del 2001, come modificata dalla legge n. 30 del 2003. Essa introduce un doppio vincolo — associativo e lavorativo — che genera una posizione giuridica complessa e ibrida. Come ha chiarito Zoppoli, “il socio lavoratore è figura bifronte, che oscilla tra autonomia e subordinazione, ma non può essere escluso dal perimetro delle tutele effettive”.
L’art. 1, comma 3, della legge 142 stabilisce che le norme sul lavoro subordinato si applichino al socio “in quanto compatibili”, riconoscendo così una elasticità interpretativa che nel tempo ha prodotto orientamenti contrastanti.
Le Sezioni Unite, con la sentenza n. 27436/2017, hanno chiarito che il collegamento tra rapporto associativo e lavorativo è “unidirezionale nella fase estintiva”, nel senso che il licenziamento non estingue necessariamente la qualità di socio, mentre l’esclusione dalla cooperativa travolge anche il rapporto di lavoro.
Sul piano della prescrizione, la legge 142 non contiene una disciplina autonoma, rinviando ai principi civilistici e alla giurisprudenza. L’applicazione analogica delle regole del lavoro subordinato impone quindi una verifica di compatibilità sostanziale, specie con riferimento alla stabilità del rapporto e alla asimmetria di potere tipica del contesto cooperativo.
A livello sovranazionale, il principio di effettività della tutela trova fondamento nell’art. 30 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e nella giurisprudenza della Corte di Giustizia che impone agli Stati membri di assicurare una protezione effettiva contro il licenziamento ingiustificato e la perdita arbitraria dell’impiego.
Inquadramento storico e giurisprudenziale
Prima della riforma dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori (legge n. 92/2012), la stabilità reale del rapporto costituiva il presupposto per la decorrenza della prescrizione in costanza di rapporto.
Con l’indebolimento delle tutele reintegratorie e l’introduzione di modelli prevalentemente indennitari, la Cassazione ha ridefinito il principio: in assenza di una stabilità “predeterminabile ex ante”, la prescrizione decorre solo dalla cessazione del rapporto.
Tale orientamento, inizialmente limitato ai lavoratori subordinati, è stato successivamente esteso alle figure parasubordinate e oggi ai soci lavoratori di cooperativa, completando un percorso di riconduzione sostanziale delle tutele al principio di eguaglianza sostanziale.
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Il caso concreto
Nel caso deciso, un gruppo di soci lavoratori della cooperativa CLS Servizi s.c. a r.l. conveniva in giudizio la committente L.IN. Srl, chiedendo il pagamento di differenze retributive per gli anni 2010–2011 derivanti dall’applicazione di un CCNL meno favorevole (Multiservizi UNCI in luogo del CCNL Logistica).
Il Tribunale e la Corte d’Appello di Venezia rigettavano la domanda, ritenendo i crediti prescritti perché maturati in costanza di un rapporto assistito da stabilità ex art. 18 St. Lav., aderendo all’orientamento di Cass. n. 27783/2022 secondo cui il socio lavoratore, potendo impugnare sia il licenziamento che l’esclusione, godrebbe di una tutela rafforzata.
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Tale orientamento, in continuità con Cass. n. 17989/2022, muoveva dall’assunto che la posizione del socio lavoratore fosse assistita da una tutela reale piena, idonea a neutralizzare il rischio di metus e a far decorrere la prescrizione in costanza di rapporto.
La Cassazione, accogliendo il ricorso, ha invece ritenuto che il socio lavoratore si trovi in una condizione di instabilità effettiva e di metus giuridicamente rilevante, che giustifica la decorrenza della prescrizione solo dalla cessazione del rapporto.
La ratio decidendi
La Corte afferma un principio di diritto chiaro e innovativo:
“L’astratta possibilità di intimare un mero licenziamento, senza contestuale esclusione dalla compagine sociale, rende incerta la tutela del socio lavoratore e giustifica la decorrenza della prescrizione solo dalla cessazione del rapporto”.
Il nucleo concettuale è l’abbandono della visione formalistica secondo cui la doppia impugnazione garantirebbe una stabilità paragonabile a quella del lavoro subordinato.
Poiché l’ordinamento consente anche il mero licenziamento, senza perdita della qualità di socio, la stabilità del rapporto non è predeterminabile ex ante e il socio è esposto al timore di rivendicare i propri diritti.
Il metus diviene così il criterio giuridico-funzionale di decorrenza della prescrizione, coerente con l’art. 2935 c.c., secondo cui la prescrizione decorre solo dal momento in cui il diritto può essere esercitato liberamente, senza ostacoli o condizionamenti.
Riflessioni sistemiche e impatto
La pronuncia si inserisce in un filone ormai consolidato che tende a ricondurre a unità il regime prescrizionale del lavoro, indipendentemente dalla forma organizzativa del datore.
Sul piano sistemico, la decisione comporta:
- parificazione sostanziale delle tutele tra lavoratore subordinato e socio lavoratore;
- rafforzamento della responsabilità solidale del committente ex art. 29 D.Lgs. 276/2003, anche in materia prescrizionale (Cass. n. 12928/2024);
- consolidamento di un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 1, comma 3, L. 142/2001, in linea con gli artt. 3, 35 e 45 Cost.
La pronuncia trova un ulteriore fondamento sistematico nella recente introduzione dell’art. 441-ter c.p.c. ad opera della riforma Cartabia, che disciplina le controversie relative al licenziamento del socio lavoratore. Tale previsione, riconoscendo espressamente la possibilità di impugnare il solo licenziamento senza necessaria esclusione dalla compagine sociale, conferma la lettura della Cassazione circa la non ineluttabilità del doppio atto estintivo.
Conclusioni
La sentenza n. 26958/2025 segna una tappa decisiva nel processo di unificazione delle garanzie lavoristiche, estendendo ai soci lavoratori il regime di decorrenza della prescrizione già riconosciuto ai lavoratori subordinati.
Il riconoscimento del metus come elemento giuridicamente rilevante consente di superare l’approccio formalistico fondato sulla presunta stabilità derivante dalla doppia impugnazione.
La Corte afferma che la possibilità di intimare un mero licenziamento, senza contestuale esclusione, priva il rapporto di una stabilità predeterminabile ex ante. Ne deriva che il socio lavoratore, come qualsiasi prestatore privo di garanzie reali, è esposto a un rischio concreto di ritorsione, tale da ostacolare l’esercizio tempestivo dei propri diritti.
In applicazione dell’art. 2935 c.c., la prescrizione decorre quindi dalla cessazione del rapporto, momento in cui il diritto può essere esercitato senza condizionamenti.
La decisione si colloca nel solco di una giurisprudenza costituzionalmente orientata, che valorizza gli artt. 3, 35 e 45 Cost. e riafferma la funzione sociale della cooperazione come modello imprenditoriale solidale, ma non esente dal rispetto dei diritti fondamentali dei lavoratori.
In tal modo la Cassazione restituisce coerenza al sistema, riconoscendo che la libertà di esercitare i propri diritti lavoristici è parte integrante del diritto al lavoro tutelato dall’art. 35 Cost. e che il metus costituisce oggi una vera e propria categoria giuridica della vulnerabilità del lavoratore.