Parcheggio negato, i limiti d’uso delle aree condominiali

La Seconda Sezione Civile della Cassazione, con la sentenza n. 25227 del 15 settembre 2025 (clicca qui per consultare il testo integrale della decisione), ha rigettato il ricorso di una condomina che rivendicava il diritto di parcheggiare su un’area comune, basandosi su atti privati e delibere assembleari. La decisione ribadisce il principio secondo il quale l’utilizzo esclusivo di spazi condominiali, quali il parcheggio, richiede il consenso unanime dei condomini. Per un approfondimento su questi temi, ti consigliamo il volume “Manuale di sopravvivenza in condominio”, acquistabile cliccando su Shop Maggioli o su Amazon

Manuale di sopravvivenza in condominio

Manuale di sopravvivenza in condominio

La cronaca e le cause pendenti in tribunale ci raccontano che la vita in condominio è spesso fonte di discussioni. L’abuso degli spazi comuni, la suddivisione delle spese, la revoca dell’amministratore, che non risponde mai al telefono, ma anche la convivenza con l’odore di soffritto e il cane del vicino, le spese personali o condominiali?

Uno sguardo all’indice ci consente di riconoscere i casi in cui ognuno di noi, almeno una volta nella propria esperienza, si è imbattuto.

Questa pratica guida, che nasce dalla lunga esperienza in trincea nel mondo del condominio dell’Autore, non solo come avvocato, ma anche come giornalista, è scritta in modo chiaro e comprensibile a tutti, professionisti e non, amministratori e condòmini, per fornire la chiave per risolvere i problemi più ricorrenti.

Luca Santarelli
Avvocato cassazionista, giornalista pubblicista, politico e appassionato d’arte. Da sempre cultore del diritto condominiale che ritiene materia da studiare non solo sotto il punto di vista giuridico. Già autore di monografie, dal 2001 firma rubriche nel quotidiano la Nazione del gruppo QN e dal 2022 tiene rubriche radiofoniche per Radio Toscana. Relatore a numerosi convegni nel territorio nazionale, isole comprese.

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Il contesto della controversia

La vicenda trova esordio in una delibera condominiale del 2007 con la quale un Condominio capitolino aveva regolamentato l’utilizzo di un’area di distacco tra due edifici, dichiarandola condominiale e consentendo il solo passaggio carrabile per i proprietari dei garage, escludendo in modo esplicito il parcheggio da parte degli altri condomini.

Tale decisione aveva suscitato l’opposizione di due condomini, che avevano impugnato la delibera sostenendo di aver acquisito il diritto di parcheggiare in quell’area in forza del rogito di acquisto del 2000, dell’atto di provenienza del 1983, del regolamento condominiale e di una scrittura privata del 1995. Per la tesi sostenuta dai due ricorrenti, la scrittura privata sottoscritta dai condomini proprietari degli interni 2-5 avrebbe riconosciuto il diritto di parcheggio, in seguito ratificato dall’assemblea condominiale.

Tribunale e Corte d’Appello avevano respinto le pretese, ritenendo che i titoli invocati non conferissero alcun diritto esclusivo sull’area, e che la scrittura privata non costituisse una servitù opponibile agli altri condomini. Nel 2025 la controversia è approdata dinanzi alla Corte Suprema di Cassazione, che ha confermato le decisioni di merito, rigettando il ricorso e condannando la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

I fatti in dettaglio

La decisione in disamina ripercorre gli step fondamentali del contenzioso. La delibera condominiale del 2007 aveva stabilito che l’area di distacco fosse destinata in modo esclusivo al transito delle autovetture dei proprietari dei garage, vietando il parcheggio. I due condomini avevano contestato limitazione siffatta, sostenendo che il diritto di parcheggio era stato riconosciuto nei loro atti di acquisto e in precedenti accordi condominiali. In particolare, i ricorrenti facevano riferimento a:

  • Il rogito del 30 novembre 2000 che, a loro dire, contemplava il diritto di parcheggio.
  • L’atto di provenienza del 1983.
  • Il regolamento condominiale, che prevedeva il concorso alle spese per i passi carrabili.
  • Una scrittura privata del 28 marzo 1995, con cui alcuni condomini avrebbero concesso l’uso dell’area.
  • Una delibera assembleare del 29 settembre 1995 che avrebbe preso atto di tale concessione.

La Corte territoriale aveva ritenuto che nessuno di tali documenti conferisse un diritto esclusivo di parcheggio. All’opposto, aveva evidenziato che già con una sentenza del 1982 era stato riconosciuto il carattere pertinenziale dell’area in favore del condominio, e che i venditori dell’immobile non erano titolari di alcun diritto di parcheggio da trasferire. Inoltre, la scrittura privata del 1995 era stata interpretata come una mera autorizzazione temporanea, non idonea a costituire una servitù.

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Il principio di diritto affermato

La Corte di cassazione, con la sentenza in argomento, ha ribadito un principio consolidato in materia condominiale: l’impiego esclusivo di una parte comune, come il parcheggio, non può essere imposto o riconosciuto in via unilaterale, bensì richiede il consenso unanime dei condomini, in virtù dell’art. 1108, comma 3, c.c. Nel caso di specie, la Corte ha chiarito che:

  • Il regolamento condominiale può disciplinare l’uso delle parti comuni, ma non può attribuire diritti esclusivi in assenza di consenso unanime.
  • Le delibere assembleari possono limitare l’utilizzo delle aree comuni, sempre che non ne impediscano l’impiego paritario da parte di tutti i condomini.
  • La possibilità di parcheggiare su un’area condominiale costituisce una facoltà connessa al diritto di comproprietà, e non un diritto autonomo, salvo che sia formalmente costituita una servitù.
  • Le scritture private tra alcuni condomini non sono opponibili agli altri, né possono modificare la destinazione d’uso di un bene comune.

La Corte ha richiamato alcuni precedenti giurisprudenziali (tra le tante, Cass. n. 2114/2018, n. 27233/2013, n. 6573/2015) che convalidano la legittimità delle delibere condominiali preordinate a regolamentare l’impiego delle parti comuni, pure inserendo divieti di parcheggio, a condizione che non si impedisca l’uso differente e compatibile da parte degli ulteriori comproprietari.

Gli effetti della decisione

La sentenza ha implicazioni nella gestione delle aree condominiali:

  • riafferma il ruolo dell’assemblea condominiale quale organo sovrano nella regolazione dell’utilizzo delle parti comuni, entro i limiti della legge;
  • chiarisce che il diritto di parcheggio su aree comuni non può essere ottenuto per effetto di atti unilaterali o scritture private, bensì solamente tramite una servitù formalmente costituita col consenso di tutti i condomini;
  • evidenzia l’importanza di una conforme ermeneutica dei titoli di proprietà e dei regolamenti condominiali, evitando letture estensive che possano originare ostilità tra i condomini;
  • ribadisce che le delibere condominiali non sono nulle ove introducono limitazioni all’uso delle parti comuni, a patto che siano adottate nel rispetto delle regole di maggioranza e non ledano i diritti fondamentali dei comproprietari.

La pronuncia analizzata rappresenta un punto non controverso nella giurisprudenza condominiale, al contempo offrendo ulteriore chiarezza su un tema sovente causa di controversie, cioè il parcheggio nelle aree comuni. Il caso comprova come la tutela dei diritti individuali debba in ogni caso confrontarsi con le regole della convivenza condominiale e col principio di pari utilizzo delle parti comuni.

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