Sezioni Unite: risolti contrasti sull’appello dinanzi a giudice territorialmente incompetente e la notifica di ricorso privo di pagine

Con la sentenza n. 18121 del 14 settembre 2016, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, a composizione di contrasto, hanno chiarito se si configura un’ipotesi di inammissibilità nel caso in cui venga notificato ricorso per cassazione privo di alcune pagine ovvero nel caso in cui sia stato proposto appello dinanzi ad un giudice incompetente territorialmente.

La prima questione: notifica di ricorso privo di alcune pagine

Nel caso in esame, è stato notificato ricorso per cassazione privo di tutte le pagine pari. Il medesimo ricorso veniva tuttavia depositato in cancelleria correttamente collazionato e completo di tutte le pagine.

Sul punto, sussiste un contrasto giurisprudenziale: secondo un primo orientamento, la mancanza di una o più pagine nella copia notificata del ricorso per cassazione comporterebbe l’inammissibilità di esso nel caso o nei limiti in cui tale mancanza impedisca la completa comprensione delle ragioni addotte dal ricorrente a sostegno dell’impugnazione.

Al contrario, in alcune recenti sentenze di legittimità è stato ritenuto che, in tale ipotesi, non possa dichiararsi l’improcedibilità, dovendosi ordinare la rinnovazione della notifica dell’atto, nell’esercizio di un potere che non si pone contro il principio costituzionale della ragionevole durata del processo dettato dall’art. 111, comma secondo, Cost.

La natura del vizio: è inficiata la validità dell’atto o la sua notificazione?

La mancanza di una o più pagine nella copia notificata dell’atto di impugnazione impedisce certamente al destinatario la piena comprensione dell’atto con la conseguente menomazione del suo diritto di difesa. Le Sezioni Unite hanno pertanto focalizzato la questione sull’individuazione della natura del vizio che nell’ipotesi considerata viene a determinarsi.

Per risolvere il contrasto in esame, si trattava quindi di determinare se tale vizio inficiasse direttamente la validità dell’atto – come sembra implicitamente presupporre la giurisprudenza maggioritaria – ovvero la sua notificazione – come ritenuto, invece, dall’indirizzo minoritario – con la possibilità di concessione di un termine per integrare la difesa, nel caso di costituzione della parte che ha ricevuto la notifica incompleta.

Ebbene, secondo la Corte di legittimità, appare preferibile la seconda soluzione: in caso di notifica di un atto di impugnazione mancante di qualche pagina (e sempre che, ovviamente, l’originale, ritualmente depositato, sia completo), non ricorre infatti alcuna difformità dell’atto rispetto al modello legale, né è ipotizzabile una questione di carenza dei presupposti dell’impugnazione.

Peraltro dal punto di vista sistematico, ricollegare alla notifica dell’atto incompleto l’inammissibilità dell’impugnazione, postula inevitabilmente la prevalenza dell’atto notificato rispetto all’originale, laddove invece è principio consolidato il fatto che “ai fini del riscontro degli atti processuali, deve aversi riguardo agli originali e non alle copie“. Senza contare il fatto che, in caso di notifica di un provvedimento giudiziario incompleto, si afferma senza esitazione la sussistenza di una mero vizio della notificazione e non del provvedimento.

Alla luce di quanto affermato, la Suprema Corte ha pertanto affermato il seguente principio di diritto:

“La mancanza, nella copia notificata del ricorso per cassazione (il cui originale risulti ritualmente depositato nei termini), di una o più pagine, ove impedisca al destinatario la completa comprensione delle ragioni addotte a sostegno dell’impugnazione, non comporta l’inammissibilità del ricorso, ma costituisce un vizio della notifica di tale atto, sanabile con efficacia ex tunc mediante la nuova notifica di una copia integrale del ricorso, su iniziativa dello stesso ricorrente o entro un termine fissato dalla Corte di Cassazione, ovvero per effetto della costituzione dell’intimato, salva la possibile concessione a quest’ultimo di un termine per integrare le sue difese.”

La seconda questione: appello proposto dinanzi ad un giudice incompetente territorialmente

Il secondo contrasto giurisprudenziale posto all’attenzione delle Sezioni Unite riguardava il caso in cui l’appello sia proposto dinanzi ad un giudice incompetente, limitatamente al criterio della territorialità.

Sul punto, secondo un primo orientamento, l’appello proposto davanti ad un giudice territorialmente incompetente non configura un’ipotesi di inammissibilità dell’impugnazione ai sensi dell’art. 358 c.p.c., ma vale ad instaurare un valido rapporto processuale suscettibile di proseguire dinanzi al giudice competente, essendo possibile, attraverso il meccanismo della riassunzione, trasferire e proseguire il rapporto processuale originario davanti all’organo dichiarato competente.

Al contrario, v’è un ulteriore indirizzo secondo il quale la norma sulla translatio iudicii di cui all’art. 50 c.p.c. non è mai applicabile in fase di impugnazione, quale che sia il tipo di errore commesso dall’appellante nell’individuare il giudice di appello competente e, quindi, anche in caso di mera incompetenza territoriale.

La translatio iudicii ex art. 50 c.p.c. in sede di impugnazione

Le Sezioni Unite hanno privilegiato l’interpretazione favorevole all’applicabilità della regola della translatio iudicii anche in grado di appello.

L’individuazione del giudice di appello, ex art. 341 c.p.c., prevede infatti una ipotesi di “competenza” sui generis, in ragione della contemporanea previsione di criteri d’individuazione sia in senso verticale (giudice superiore) che orizzontale (giudice che ha sede nella circoscrizione di quello che ha pronunciato la sentenza); e alla quale, proprio in considerazione dei suoi tratti peculiari, appare confacente la qualifica di “competenza funzionale”.

Secondo la Suprema Corte, non sembra quindi sostenibile l’assunto, posto a base delle decisioni che hanno escluso l’applicabilità al giudizio di appello dell’art. 50 c.p.c., secondo cui l’erronea individuazione del giudice legittimato a decidere sull’impugnazione non darebbe luogo a una questione di competenza, ma comporterebbe l’inammissibilità del gravame.

E invero, si osserva che il vizio derivante dall’individuazione di un giudice di appello diverso rispetto a quello determinato ai sensi dell’art. 341 c.p.c. non rientra né tra i casi per i quali è espressamente prevista dalla legge la sanzione della inammissibilità del gravame, né tra i casi in cui non sia configurabile il potere di impugnare: il vizio in esame, infatti, non incide sull’esistenza del potere di impugnazione, ma solo sul suo legittimo esercizio, essendo stato tale potere esercitato dinanzi ad un giudice diverso da quello al quale andava proposto il gravame.

Orbene, ricondotta nella nozione di “competenza” la regola che individua il giudice legittimato a conoscere dell’appello, sembra difficile, a parere della Corte di legittimità, escludere l’applicabilità anche al relativo giudizio del principio della translatio iudicii previsto dall’art. 50 c.p.c., anche “ove solo si consideri che tale norma è collocata tra le disposizioni generali contenute nel titolo 1 del libro 1, e non opera alcuna distinzione tra competenza di primo e secondo grado“.

L’orientamento favorevole all’applicabilità del meccanismo della translatio iudicii in caso di appello proposto dinanzi a giudice territorialmente incompetente appare peraltro rispondente al principio della effettività della tutela giurisdizionale, di cui all’art. 24, comma 1, Cost., che include anche il diritto ad ottenere una decisione di merito.

Infine, riconosciuto effetto conservativo all’atto di appello proposto dinanzi a un giudice territorialmente incompetente, secondo le Sezioni Unite, non si vede per quale ragione debba escludersi il medesimo effetto anche nel caso di gravame (sempre che la scelta del mezzo di impugnazione sia corretta) proposto ad un giudice non corrispondente per grado a quello indicato dall’art. 341 c.p.c.

In conclusione, la Corte di legittimità ha pertanto affermato il seguente ulteriore principio di diritto:

“L’appello proposto dinanzi ad un giudice diverso da quello indicato dall’art. 341 c.p.c. non determina l’inammissibilità dell’impugnazione, ma è idoneo ad instaurare un valido rapporto processuale, suscettibile di proseguire dinanzi al giudice competente attraverso il meccanismo della translatio iudicii, sia nell’ipotesi di appello proposto dinanzi ad un giudice territorialmente non corrispondente a quello indicato dalla legge, sia nell’ipotesi di appello proposto dinanzi a un giudice di grado diverso rispetto a quello dinanzi al quale avrebbe dovuto essere proposto il gravame.”

Per leggere la sentenza integrale clicca qui.

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